GIUBILEO 2025

BOLLETTINO PARROCCHIALE NR.381 QUARESIMA/PASQUA 2025
ORARIO SANTE MESSE

Orari Sante messe :
Feriali: ore 18,30 Lunedì, Martedì, Giovedì e Venerdì
ore 20,00
Mercoledì
Prefestiva: ore 19.00
Festiva: ore 09.45 e ore 11.00
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CALENDARIO LITURGICO SETTIMANALE

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Tutti i mercoledì

SANTA MESSA ORE 20.00 E A SEGUIRE LA RECITA DELLA CORONCINA ALLA DIVINA MISERICORDIA
TUTTE LE DOMENICHE

ALLE ORE 17.00 ADORAZIONE EUCARISTICA E RECITA DEL SANTO ROSARIO
IL PENSIERO DELLA SETTIMANA

PREGHIERA DELLA SETTIMANA
Preghiera del 19.aprile 2025

LA FOTO DELLA SETTIMANA
La foto del 18.aprile 2025

CANTARE INSIEME FA BENE!



Domenica di Pasqua
Egli doveva risuscitare dai morti
20.aprile 2025
L'annuncio di Pasqua, “Cristo è risorto!”, oggi attraversa il mondo intero. Esso fonda la fede e la comunità dei cristiani, è motivo di speranza e di felicità. E’ anche esperienza di un passaggio, di una trasformazione liberante: un popolo nuovo di “persone liberate” cammina verso la vita nuova che Dio dona attraverso il risorto Gesù di Nazareth: dove regnava morte e disperazione tornano a fiorire vita e speranza, dove domina il peccato si impone la superiorità della Grazia. Alla luce di questo giorno, cambiamo la nostra vita e poniamoci alla sequela di Gesù risorto e vivo, presente e operante in mezzo a noi.

Benedetto sei tu, Signore del cielo e della terra, che nella grande luce della Pasqua manifesti la tua gloria e doni al mondo la speranza della vita nuova; guarda a noi tuoi figli, radunati intorno alla mensa di famiglia: fa che possiamo attingere alle sorgenti della Salvezza la vera pace, la salute del corpo e dello spirito e la sapienza del cuore, per amarci gli uni e gli altri come Cristo ci ha amati. Egli ha vinto la morte, e vive e regna nei secoli dei secoli. Amen
NON DI SOLO PANE NR.1177
PREGHIERA IN FAMIGLIA
Riflessione Vangelo: Pasqua c 2025
Vangelo bambini e ragazzi: Pasqua c 2025
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
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Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò,
vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a
parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
Parola del Signore
IL VIDEO DEL MESE
Per l'uso delle nuove tecnologie - Il Video del Papa - aprile 2025
Il video con l'intenzione di preghiera di Papa Francesco per il mese di aprile 2025: "Preghiamo perché le famiglie divise possano trovare nel perdono la guarigione delle loro ferite, riscoprendo anche nelle loro differenze la ricchezza reciproca."A cura della Rete Mondiale di Preghiera del Papa - Apostolato della Preghiera.
NOTIZIE DAL MONDO
Le testimonianze. Gli ultimi giorni di Carlo Acutis in ospedale: «Accettava la morte»

Il San Gerardo di Monza, più che un ospedale, è una piccola cittadella. Don Riccardo Brena, parroco al nosocomio dal 2022, percorrendone ogni giorno i suoi lunghissimi corridoi per salutare i pazienti, vede i suoi reparti ampliarsi e spostarsi di mese in mese. Quando attraversa il giardino, alza spesso lo sguardo verso l’undicesimo piano: «Là, era ricoverato Carlo Acutis», ripete. Il ragazzo beato, che il prossimo 27 aprile sarà proclamato santo a Roma, rimase poco in realtà tra i reparti: fu portato in ospedale d’urgenza il 9 ottobre 2006, quando già gli era stata diagnosticata una leucemia fulminante di tipo M3, l’11 ottobre entrò in coma per un’emorragia cerebrale e il giorno dopo, alle 5.55, il suo cuore smise di battere. La degenza non durò più di 72 ore ma, di quel tempo, gli infermieri e i dottori che tentarono di salvargli la vita hanno un ricordo lucido.
Poco dopo il suo arrivo in ospedale, Acutis fu trasferito nei reparti di ematologia pediatrica della Fondazione Centro Maria Letizia Verga, dove lavorava il dottor Momcilo Jankovic, pediatra emato-oncologo in pensione, che ancora torna ogni settimana al San Gerardo per studiare e lavorare. Nel 2006 era in turno quando Carlo fu ricoverato: «Arrivò in condizioni già critiche, che neppure oggi riusciremmo a curare nonostante i progressi della ricerca – racconta –, ma ricordo che aveva un’espressione molto dolce, quella di chi è convinto di potercela fare. Ci ha trasmesso grande positività nonostante la malattia». E un ricordo simile lo conserva Mercedes Arguello, la dottoressa che più di tutte è stata vicina a Carlo in quelle 72 ore. Per lei, che dal Nicaragua si era trasferita a Monza per svolgere un anno di formazione all’estero, si è trattato dell’unico decesso in tutta la sua esperienza in Italia: «Era arrivato in ospedale in condizioni tragiche – racconta ad Avvenire dal Nicaragua – ma irradiava una pace e una serenità che ancora mi stupiscono a distanza di anni, se penso che era solo un quindicenne e stava vivendo una situazione tanto difficile».
Anche per l’infermiera Claudia Negri, che nel 2006 era referente del reparto di Acutis, «i casi come il suo sono rari e difficili da dimenticare». A lei era stato affidato il complicato compito di spiegare a Carlo, già molto sofferente, quale fosse il suo quadro clinico: «Queste cose si dicono cercando di raccontare la verità anche a ragazzi di quindici anni – spiega –. Sapevamo che il suo esito poteva essere infausto e ricordo che, quando gli abbiamo detto che la situazione era critica, non si è opposto in alcun modo». La conferma del fatto che Carlo avesse accettato una morte tanto repentina arriva anche dalla sua cartella clinica. O, almeno, da chi l’ha potuta leggere. «Nella cartella – rivela Claudio Cogliati, presidente del San Gerardo – non c’è un segno di lamentela in tutto il periodo del ricovero. È vero che sono documenti scarni, ma spesso viene scritto se il paziente si agita. Per Carlo non è stato così in nessun modo, come se avesse accettato il destino riservatogli dalla sorte».
IL LIBRO DELLA SETTIMANA
Novena a san Carlo Acutis

Descrizione
Una novena a san Carlo Acutis per conoscerlo meglio, imitarlo e pregarlo affinché interceda per noi presso Dio Padre e ci ottenga le grazie di cui abbiamo bisogno e, soprattutto, la grazia della santità, della gioia, dell'amore per tutti e per tutte le creature.
DIOCESI DI BOLOGNA
Per seguire le celebrazioni del cardinal Zuppi collegarsi a questo link: www.youtube.it/user/12portebo
Prossimi appuntamenti


sabato 19 Aprile 22:00
Messa solenne nella Veglia pasquale
domenica 20 Aprile 17:30
Messa episcopale solenne del Giorno di Pasqua
martedì 22 Aprile 17:30
A Casadio (Argelato) inaugurazione del restauro
della ex Canonica
giovedì 24 Aprile 18:30
Benedizione cippo in memoria di don Mauro
Fornasari
venerdì 25 Aprile 10:00
Convegno regionale dei Gruppi di preghiera di san
Pio
domenica 27 Aprile 10:00
Messa nella parrocchia di Ca’ de’ Fabbri
domenica 27 Aprile 19:30
Messa al nuovo altare della chiesa di San Giovanni
Battista dei Celestini
LE PAROLE DEL PAPA
Sulla via della croce il nostro volto, come il tuo, può finalmente diventare raggiante e diffondere benedizione. Ne hai impressa in noi la memoria, presentimento del tuo ritorno, quando ci riconoscerai al primo sguardo, uno a uno.

CATECHESI DEL SANTO PADREPREPARATA PER L'UDIENZA GENERALE DEL 16 APRILE 2025

Ciclo di Catechesi – Giubileo 2025. Gesù Cristo nostra speranza. II. La vita di Gesù. Le parabole. 5. Il Padre misericordioso. Era perduto ed è stato ritrovato (Lc 15,32)
Cari fratelli e sorelle,
dopo aver meditato sugli incontri di Gesù con alcuni personaggi del Vangelo, vorrei fermarmi, a cominciare da questa catechesi, su alcune parabole. Come sappiamo, sono racconti che riprendono immagini e situazioni della realtà quotidiana. Per questo toccano anche la nostra vita. Ci provocano. E ci chiedono di prendere posizione: dove sono io in questo racconto?
Partiamo dalla parabola più famosa, quella che tutti noi ricordiamo forse da quando eravamo piccoli: la parabola del padre e dei due figli (Lc 15,1-3.11-32). In essa troviamo il cuore del Vangelo di Gesù, cioè la misericordia di Dio.
L’evangelista Luca dice che Gesù racconta questa parabola per i farisei e gli scribi, i quali mormoravano per il fatto che Lui mangiava con i peccatori. Per questo si potrebbe dire che è una parabola rivolta a coloro che si sono persi, ma non lo sanno e giudicano gli altri.
Il Vangelo vuole consegnarci un messaggio di speranza, perché ci dice che dovunque ci siamo persi, in qualunque modo ci siamo persi, Dio viene sempre a cercarci! Ci siamo persi forse come una pecora, uscita dal sentiero per brucare l’erba, o rimasta indietro per la stanchezza (cfr Lc 15,4-7). O forse ci siamo persi come una moneta, che magari è caduta per terra e non si trova più, oppure qualcuno l’ha messa da qualche parte e non ricorda dove. Oppure ci siamo persi come i due figli di questo padre: il più giovane perché si è stancato di stare dentro una relazione che sentiva come troppo esigente; ma anche il maggiore si è perso, perché non basta rimanere a casa se nel cuore ci sono orgoglio e rancore.
L’amore è sempre un impegno, c’è sempre qualcosa che dobbiamo perdere per andare incontro all’altro. Ma il figlio minore della parabola pensa solo a sé stesso, come accade in certe fasi dell’infanzia e dell’adolescenza. In realtà, intorno a noi vediamo anche tanti adulti così, che non riescono a portare avanti una relazione perché sono egoisti. Si illudono di ritrovare sé stessi e invece si perdono, perché solo quando viviamo per qualcuno viviamo veramente.
Questo figlio più giovane, come tutti noi, ha fame di affetto, vuole essere voluto bene. Ma l’amore è un dono prezioso, va trattato con cura. Egli invece lo sperpera, si svende, non si rispetta. Se ne accorge nei tempi di carestia, quando nessuno si cura di lui. Il rischio è che in quei momenti ci mettiamo a elemosinare l’affetto e ci attacchiamo al primo padrone che capita.
Sono queste esperienze che fanno nascere dentro di noi la convinzione distorta di poter stare in una relazione solo da servi, come se dovessimo espiare una colpa o come se non potesse esistere l’amore vero. Il figlio minore, infatti, quando ha toccato il fondo, pensa di tornare a casa del padre per raccogliere da terra qualche briciola d’affetto.
Solo chi ci vuole veramente bene può liberarci da questa visione falsa dell’amore. Nella relazione con Dio facciamo proprio questa esperienza. Il grande pittore Rembrandt, in un famoso dipinto, ha rappresentato in maniera meravigliosa il ritorno del figlio prodigo. Mi colpiscono soprattutto due particolari: la testa del giovane è rasata, come quella di un penitente, ma sembra anche la testa di un bambino, perché questo figlio sta nascendo di nuovo. E poi le mani del padre: una maschile e l’altra femminile, per descrivere la forza e la tenerezza nell’abbraccio del perdono.
Ma è il figlio maggiore che rappresenta coloro per i quali la parabola viene raccontata: è il figlio che è sempre rimasto a casa con il padre, eppure era distante da lui, distante nel cuore. Questo figlio forse avrebbe voluto andarsene anche lui, ma per timore o per dovere è rimasto lì, in quella relazione. Quando però ti adatti contro voglia, cominci a covare rabbia dentro di te, e prima o poi questa rabbia esplode. Paradossalmente, è proprio il figlio maggiore che alla fine rischia di rimanere fuori di casa, perché non condivide la gioia del padre.
Il padre esce anche incontro a lui. Non lo rimprovera e non lo richiama al dovere. Vuole solo che senta il suo amore. Lo invita a entrare e lascia la porta aperta. Quella porta rimane aperta anche per noi. È questo, infatti, il motivo della speranza: possiamo sperare perché sappiamo che il Padre ci aspetta, ci vede da lontano, e lascia sempre la porta aperta.
Cari fratelli e sorelle, chiediamoci allora dove siamo noi in questo meraviglioso racconto. E chiediamo a Dio Padre la grazia di poter ritrovare anche noi la strada per tornare verso casa.