PIUMAZZO - FIRENZE 2007
Il mio primo pellegrinaggio a piedi
Piumazzo - Firenze 2007
di don Remo Resca
Breve racconto del Cammino che compio a piedi da Piumazzo a Settignano (FI), alla tomba di don Divo Barsotti nel gennaio 2007.
L’idea nasce leggendo libri sul Cammino di Santiago, esperienza di rinnovamento attraverso un lungo percorso a piedi, che pone la persona in un rapporto semplice e profondo con se stessa, con Dio e con il mondo. Il Cammino di Santiago è unico e speciale, ma molti altri cammini sono possibili e aspettano di essere tracciati.
E’ necessaria umiltà e fiducia. S’intraprende un Cammino per mettersi nelle mani di Dio, sapendo che può succedere tutto e confidando che quanto succederà sia segno della sua bontà paterna. Si va in spirito di penitenza, disposti ad affrontare qualunque tipo di difficoltà, ma con la speranza di assaporare, nel raggiungimento della meta, una felicità mai conosciuta prima. Tutti i pellegrini testimoniano questa novità interiore, questa pace, questa luce che dona il Cammino.
Piumazzo - Basilica di San Luca
Domenica 7 Gennaio 2007.Dopo la Messa delle 9,30; appesa la conchiglia allo zaino, recito la Preghiera a S. Giacomo, col bel finale:“fa che torniamo alle nostre case, pieni di salute e di perenne allegria!”
Superata la passerella sul Samoggia, provo una sensazione di libertà, di viaggio vero che inizia. Due pavoncelle volano di ramo in ramo; non riesco a fotografarle, perché troppo veloci, Così allegre e spensierate, fanno capire che anche questo viaggio inutile e gioioso è profondamente giusto e piace molto al Signore: “Guardate gli uccelli del cielo, non lavorano e non seminano, eppure il Padre vostro celeste li nutre” .
A Ponte Ronca mi fermo al Bar Centrale per un cappuccino. Le gambe hanno bisogno di sollievo dopo tre ore di marcia. Il barista scruta, valuta, e con simpatia porge la calda e corroborante tazzina. Nel cammino si diventa molto sensibili a come la gente ti accosta. Specialmente se si è soli. Normalmente si crea un rapporto positivo e il prossimo diventa più buono e aperto. Salendo dai Bregoli incrocio due biker. Uno di loro, vedendo la conchiglia sullo zaino chiede:
“ Francigena ?”
“ Non esattamente; sto andando a Firenze per Badolo e Monzuno”
“ Allora fai la Via degli Dei!” (2)
Quel nome antico della strada che sto facendo è suggestivo. Vado dal fondatore della Comunità dei Figli di Dio; anche gli Atti degli Apostoli affermano:“voi siete Dei”.
Arrivo al Santuario della Madonna di San Luca poco prima che chiudano la Basilica. Il Rettore con confortante cordialità assegna subito una cameretta preparata, odorosa di legni antichi, e soprattutto caldissima. Come si è grati di queste attenzioni! Abbandonato sul letto ad un dolce torpore, alcuni pensieri mi turbano: non riesco a pregare e preoccupa la spalla destra, dolorante per lo zaino. Come farò domani?
La cena è tenerissima, circondato dai cinque venerandi sacerdoti che servono la Basilica. Don Giorgio Bonini parla del suo cappellanato a Piumazzo ai tempi di don Turilli, quando era delegato degli aspiranti della Azione Cattolica il giovane Aldo Rossi. Don Arturo parla ammirato delle virtù di don Giulio Cossarini; don Giovanni Marchi di mio papà, che ha conosciuto bene; don Giancarlo del suo viaggio giovanile da Carpi a Roma in bicicletta. L’incontro con questi cinque sacerdoti è il dono maggiore di questa tappa. La loro bontà profonda e discreta è manifestazione dell’amore di Dio. Anche io per loro sono un dono gioioso e misterioso che non dimenticheranno.
Basilica di San Luca - Loiano
Lunedì 8 Gennaio 2007. Alle 5,00 sono già sveglio. Ho riposato benissimo. Partirei immediatamente, ma ho appuntamento alle 7,30 per la S. Messa. Rimango a poltrire avvolto dalla confortevole Mico (3). La mattina è uggiosa e quando parto alle 9,00 piove decisamente. La strada che da Casaglia si inanella per le colline, è riscaldata dalle mie preghiere: ho sempre il rosario in mano e in tutto il viaggio non riuscirò a staccare le mani dalla corona, anche quando per sazietà e stanchezza il Signore stesso mi dice “basta”. Mi vengono in mente tante persone della parrocchia, in modo speciale tutte le suore. Prego per loro e perché il Signore benedica con fecondità la Congregazione delle Minime. Per arrivare a Monzuno si percorre un’interminabile strada di crinale, un continuo saliscendi fra boschi e cielo, senza incontrare paesi o borgate. Trenta chilometri di silenzio e di solitudine. A sera ha smesso di piovere, la foschia si dirada, lasciando la vetta di monte Adone illuminata dagli ultimi raggi di un tiepido sole. Da nove ore cammino, ininterrottamente; non sono stanco, ma mi preoccupa l’arrivare tardi all’appuntamento con don Enrico a Loiano. Per non chiedere troppo alle mie forze, e per la carità di non farmi aspettare, accetto un passaggio in auto per gli ultimi chilometri. Sono emozionato di entrare pellegrino nella chiesa di San Giacomo di Loiano davanti al quadro dell’Apostolo, che fu di Piumazzo; più che i diritti di proprietà, vale ora una preghiera di ringraziamento per il dono del Cammino. La mamma di don Enrico ha già pronta la cena: coniglio in umido con tigelle, e poi pecorino, dolci e frutta. Quale gratitudine per questa accoglienza! Il mio confratello ha impegni la sera e io volentieri mi ritiro subito in camera, per doccia e riposo. Quella notte dormirò pochissimo; fino a tarda notte il cuore continuerà a battere forte, forse per l’eccessiva stanchezza, o perché, avendo la messa a Monghidoro alle 7,30, mi dovrò svegliare presto e partire.
Loiano – Passo della Futa
Martedì 9 Gennaio 2007. Alle 5,00 sono già in piedi, riposatissimo. Riordino zaino e camera, preghiera del Pellegrino e in piena notte esco dalla casa canonica. Sono bellissimi i primi passi del mattino: il buio esalta ogni sensazione e subito si attacca col primo rosario: prego per don Enrico, la sua mamma e la parrocchia di Loiano. Mi commuove vedere il cartello per Rocastaldo, nel cui cimitero sono sepolti Tiziana e Vincenzo. (4) Gli 8 chilometri che separano da Monghidoro passano veloci: vorrei arrivare presto per fare colazione in un qualche bar, prima della Messa. Incontro don Marcello lungo la strada, che mi aspetta, perché la celebrazione non è in chiesa, ma in una cappella a metà del paese. Non è costato nulla alzarsi così presto per la Messa, anzi! Capirò, giorno dopo giorno, quanto valore avrà l’Eucaristia e come essa non sia solo un momento importante, ma lo scopo del Cammino. L’incontro con i due sacerdoti fratelli Rondelli, parroci di Monghidoro, è un’altra di quelle luci straordinarie che incontro. Il cammino incalza e bisogna ripartire. Faccio spesa e mi dispongo ad attraversare le montagne, fra Emilia e Toscana. Gambe, piedi e testa, stanno benissimo e sono perfettamente felice. Alla Casa SS. Arcangeli non hanno posto per alloggiare, ma mi aspettano la mattina dopo per celebrare: alloggerò all’albergo “Il Sergente” a S. Lucia. Non mi dispiace la solitudine e libertà di un albergo. Poco dopo la Futa, le gambe cominciano a dare vistosi segni di cedimento: i pochi chilometri che mi separano dal rifugio sono penosissimi: inizierà il momento di crisi fisica che mi accompagnerà anche per buona parte del giorno seguente.
Passo della Futa – Convento di Monte Senario
Mercoledì 10 Gennaio 2007. Come sempre il risveglio è molto buono. Oggi non ho pressione di orari, perché posso celebrare quando voglio nella Casa che mi accoglie (5). Alberto, il responsabile, è un consacrato nella CFD e fa molto piacere trovare un confratello, così “per caso”, in un momento determinante del cammino. Celebro all’altare dove don Francesco ogni sabato e domenica accoglie centinaia di anime, bisognose di liberazione, come il vangelo di quel mattino annuncia: “Gesù passava guarendo da ogni sorta di malattia nel popolo e cacciando i demoni” Dopo messa aiuto a scaricare il camion dei rifornimenti; vedendo prodotti Alcisa, non manco di dire che quelle cose buone vengono da Piumazzo. Salutati Alberto e Antonella, seguendo il loro consiglio, parto per Vaglia, dove intendo pernottare. Dopo solo una decina di passi, sento che le gambe non reggono la discesa: un male lancinante all’anca destra rende ogni passo un dolore. Zoppicando, lentamente, procedo. Non riesco più a pregare, tutto preso dalla mia pena. Nelle brevi salite la gamba va meglio, ma purtroppo mi aspetta solo e sempre discesa. Prego il Signore di aiutarmi, preoccupato e dubbioso sulla opportunità di quanto sto facendo. Oltre all’anca, sono disturbato dalla quantità enorme di camion, per i lavori dell’Alta Velocità: pericolosi, sporchi e rumorosi. Non manca l’assalto di due cani a completare lo scenario. Mi sento proprio un povero pellegrino acciaccato, ma non viene meno la fiducia: mille considerazioni mi passano per la mente, annotate fedelmente nel taccuino. Nel pomeriggio la strada si appiana e inizia il dolce miracolo: fra una lettura e l’altra, un rosario e l’altro, una nota e l’altra, m’accorgo che il male è scomparso, non zoppico più e, anzi, pur avendo mangiato solo un (ottimo) panino al prosciutto, mi sento pieno di energie. Poi mi segue il pensiero della Messa: dove posso trovare il giorno dopo un posto sicuro per l’Eucaristia? A Monte Senario, penso! Ma il Convento dista più di 14 chilometri, metà dei quali di ripida salita, e sono già le 15,00 del pomeriggio. Signore, decidi tu! Con l’unica telefonata che mi rimane, per la batteria del cellulare scarica, chiamo il Convento. Sì, mi prendono! Signore, Maria, grazie!!!! A questo punto non cammino più, letteralmente volo. Quanta energia dà la gioia! Non importa del buio, della salita e di niente. Monte Senario è uno dei luoghi più belli della terra. Imparerò che don Barsotti fece qui un lungo periodo di ritiro, prima di iniziare la sua missione. Il Convento è stupendo, da tutti i punti di vista: mentre ceno, con i frati gentilissimi, nel monumentale e luminoso refettorio rinascimentale, penso che neanche in un Hotel cinque stelle potevo trovare una sistemazione così perfetta, dolce, calda, nobile. Tutto questo, perché cercavo l’Eucaristia! Sarà una delle notti più riposanti, in attesa dell’ultimo balzo a Casa San Sergio.
Convento di Monte Senario – Casa San Sergio.
Giovedì 11 Gennaio 2007. In piena bufera, dopo la Messa e una squisita colazione, lascio i miei carissimi Padre Giovanni, Padre Pietro, Padre Alberto, Remy, le suore e volgendo le spalle a quel luogo di pace e di dignità, mi dirigo verso Fiesole, che intravedo in mezzo agli alberi scossi dal vento. Il cielo presto rasserena, le nubi si alzano e appaiono allegri e miti raggi di sole. Spariti completamente dolori e stanchezze mi sento proprio un ragazzino in vacanza: raccolgo gelosamente tutte le belle esperienze fatte in questi giorni e libero, allegro e sereno mi dispongo all’ultima tappa, andando adagio, quasi per paura che la strada finisca. All’Osteria dell’Olmo, dopo cappuccino e crostata, chiedo informazione e imparo che alla meta mancano solo due o tre ore. Il paesaggio incantevole, le poche macchine per strada, permettono di rendere raccolta e intensa la preghiera: l’incontro col Padre si fa sempre più imminente. Qui accade l’ultimo segno. Poiché sarei arrivato prestino, comincio a progettare di tornare a casa la sera stessa: “arrivo a Settignano, prego sulla tomba del Padre, saluto i fratelli, poi prendo il primo treno che parte per Bologna e in tarda serata sono a casa, anticipando il rientro di un giorno”. Mi sembra un progetto bello, per non disturbare nessuno; anzi, dove la brevità è funzione della intensità. Il Padre mi ha accompagnato in tutto il cammino, cosa aggiuge se io rimango là un’ora o dieci ore ? Ad un certo punto la voce del Padre mi dice: “non hai capito proprio niente! E’ più importante la Comunità viva, della mia tomba; se vuoi venire da me, vieni e vivi la Comunità, lì é presente Cristo e tutto”. Cambio progetto e telefono a Casa S.Sergio chiedendo se possono ospitarmi la notte. Alla loro risposta positiva, sento una gran pace, una gioia infinita, per il dono immenso ricevuto.
Vedo il cartello “Settignano’ e le lacrime cominciano a scorrere copiose.
San Giacomo di Loiano e Castello di Ca Faggiolo al Mugello