Otel Bruni: antologia di temi e pagine speciali

Valerio Massimo Manfredi ha scritto un romanzo ispirato alla famiglia materna, i Bruni, e alla Piumazzo fra le due guerre. Data la particolare natura "coinvolgente" di questa opera letteraria e un doveroso omaggio a chi rende celebre il nome del nostro paese nel mondo, iniziamo una lettura antologica del libro.

 

I romanzi si leggono per piacere; ma le grandi opere sono tali perchè il piacere deriva, oltre che da forma e creatività, anche dalla sapienza umana che vi si rivela. Quelli che seguono sono commenti di un sacerdote; ne consegue una finalità "sapienziale", e perchè no, "edificante"; anche se questo non è il taglio del libro. Oltre a gustare e rendere omaggio allo Scrittore, a quella particolare sacralità insita nello scrivere, intendiamo raccogliere dunque tesori di cristiana saggezza, dalle pagine di un libro bello, particolarmente "nostro".

 

Don Massimino 

Dal Cap 1, pagina 18, sulla figura del parroco:

Don Massimino era un uomo non comune ... Una volta, verso la fine di giugno, con i campi pieni di grano biondo come l'oro e le piante di ciliegio che si curvavano sotto il peso dei frutti rossi e maturi, si addensò su quella terra un temporale mai visto: nubi nere come l'inchiostro orlate di bianco e tuoni che brontolavano lontano non lasciavano dubbi che sarebbe caduta grandine grossa come uova. Una gragnuola di sfere di ghiaccio avrebbe devastato il lavoro di un anno e lasciato molte famiglie senza pane. Don Massimino uscì dalla porta principale della chiesa e la spalancò perchè anche Gesucristo nel tabernacolo sentisse il vento gelato della tempesta come quando era inchiodato nudo sulla croce. Poi alzò gli occhi a quel cielo di pece e aprì le braccia come per proteggere il paese intero. Mormorava qualcosa - non so che cosa - orazioni o esorcismi e, con quel freddo, grondava sudore copiosamente. Le ginocchia gli tremavano per lo sforzo come se reggesse il peso di quelle nubi cariche di ghiaccio sulle fragili spalle. 

Non lo persi di vista un minuto, nascosto dietro la colonna del portico; alla fine dopo quasi più di un'ora di impari lotta con gli elementi, don Massimino ebbe la meglio: il cielo lentamente si aprì, mostrando un lembo di azzurro ... Lo vidi crollare al suolo svenuto. " ... Quando rinvenne, riuscì a balbettare: "Se mi fossi dato per vinto sarebbe successo un disastro, una catastrofe".

 

Ritratto altissimo, quasi quanto il Monsignore nell'incipit ne i Miserabili di Victor Hugo.

Può essere l'immaginario narrativo popolare a creare figure sacerdotali simili, può essere l'esperienza diretta di persone reali, oppure corrispondenza ad un ideale di "Buon Pastore", quale la tradizione cristiana ci indica: uomini di amore alla comunità, di potenza attraverso al preghiera, collocati nel loro luogo principe: la chiesa; anzi la porta della chiesa. Visione drammatica della vita, come lotta col male, rappresentato da elementi tanto cosmici, quanto spirituali. Lotta estrema, solitaria, vincente, di un parroco non comune. Significativo il nome simbolico "Massimino": diminutivo di un superativo; piccolezza e grandezza del sacerdote.

 

 

I poveri

 Pensieri di Clarice, mamma "levatrice" :

"Quando le avevano messo il bambino in braccio ... aveva guardato quella creatura e si era domandata ogni volta: che cosa sarà da adulto? Cosa dovrà affrontare e sopportare nella vita? E così, all'inverso, ogni volta che vedeva passare per la strada un mendicante sporco, rognoso, coperto di stracci, pensava che anche lui aveva avuto una madre, che lo aveva messo al mondo con tante speranze, che aveva desiderato per lui tutto il bene possibile, ed ecco che cosa era stato dei suoi sogni e delle sue speranze! E di nuovo pregava". Cap. 3, pagina 35

 

Sono tante nel libro le descrizioni dei poveri e della povertà, tutte piene di amore e anche di poesia: non perchè la povertà sia bella, ma per la possibilità al cuore di esprimere la pietà, la comprensione e la fede. Il raffronto ai Miserabili di Hugo già è stato fatto, ma con una differenza: qui prevale una leggerezza, una gaiezza anche nella miseria, collegata proprio alla possibilità di raccontare, scherzare, sognare e perfino peccare, sicuri della misericordia.

 

"E lei che era così religiosa e onesta, quando sentiva qualcuno raccontare che aveva visto questa o quella donna del paese in fondo ad una scolina nell'ora del demone meridiano avvinghiata a qualche manovale o operaio a giornata, diceva: meglio, almeno si è goduta qualcosa" Cap 3 pag. 42

La Guerra 

La cartolina di chiamata alle armi per Gaetano.

"La Clarice che passava in quel momento. vide la scena e capì subito quello che stava accadendo. Mormorò. " Oh Dio, Verginne Santa no ..." In pochi istatnti tutta la famiglia era riunita in piedi sull'aia attorno ai due fratelli. " Bè, cosa avete da guardare? disse Floti " E' la cartolina: Gaetano deve partire ma presto ne arriveranno altre. Dipende da qaanti ne moriranno al fronte" Callisto guardo i suoi ragazzi uno per uno scuotendo il capo, con una espressione confusa e incredula. La nube di tempesta che aveva annunciato l'ombrellaio si stava addensando sulla casa dei Bruni, oscurava il sole e annunciava un disastro senza limiti. Non c'era nulla che potesse fare per scongiurare la catastrofe. Tutti i dolori e le fatiche sopportati nella vita gli parevano nulla in confronto a ciò che accadeva in quell'istante sotto i suoi occhi". Cap 4 pag 55

 

La prima battaglia di Floti

"Partecipò alla prima battaglia dell'Isonzo e solo la sua naturale forza d'animo gli evitò di impazzire. Al primo assalto la testa del tenente Caselli gli rotolò fra i piedi tranciata di netto da una scheggia. Vide il suo sguardo triste fissarlo per un attimo prima di spegnersi. L'inferno non poteva essere peggio di ciò che stava vivendo. Il fragore massacrante dell'artiglieria, le fiammate, le urla dei feriti, le membra maciullate dei compagni, arti e teste strappati dai corpi. Non sapeva dove guardare nè come muoversi. All'inizio era quasi paralizzato. Poi l'istinto di sopravvivenza aveva prevalso e in due settimane di fuoco era riuscito a diventare un altro, una persona che non sapeva di essere" Cap 5 pag 61

 

La guerra vista con gli occhi del popolo: massima delle sventure, spezzarsi violento e improvviso di legami profondi, incertezza sul futuro, a volte peggio della morte. Non ragionamenti politici, ma senso più alto, semplice e drammatico delle cose: " L'Inferno non poteva essere peggio di ciò che stava vedendo".

 

Tutti i capitoli dal 5 al 9 sono dedicati alla guerra. Più che romanzo hanno il respiro del documentario. Si sente la ricerca dell'autore, la sua capacità di immedesimarsi in luoghi, persone e vicende; quasi ti dimentichi della famiglia Bruni, tutto assorbito dal tragico enigma della "guerra". Che senso ha? L'autore ci accompagna nell'abisso della sua assurdità, ingiustizia, inumanità; non di meno nella sua nobiltà, a difesa ultima di una libertà, altrimenti a rischio. Una pista di ricerca viene data da quel libro, trovato da Floti, sulla scrivania del suo tenente: "La nascita della tragedia" di Nietzche.

In questo contesto emergono figure e scene di alta intensità umana e letteraria: l'esecuzione del giovane disertore; l'incontro col medico bolognese, sfinito dalla fatica delle amputazioni; il viaggio della staffetta in moto Frera; la figura del capitano Cavallotti, dove si vede tutta la responsabilità e la grandezza dell'anima militare. La guerra, come insegna Oriana Fallaci, è il contesto dove viene fuori tutto l'uomo: il peggio, ma paradossalmente anche il meglio.  


L'amore 

I Capitoli 11-13, sulle vicende sentimentali di Gaetano e la sua tragica morte, sono fra parti più belle del libro. Tutto da antologia: nulla da togliere, nessun particolare superfluo. "Sapienza" insita nel contenuto stesso della vicenda.

L'iniziazione all'amore, la sua semplice naturale nobiltà, le figure di Iole e di Silvana, due donne diversissime, intense, dove accanto ad un giudizio morale, che il popolo stesso pronuncia, si staglia un destino dolcissimo e tragico. Ecco cosa dice Silvana:

"Ricorderò quel giorno che mi avete accompagnata a casa mettendo il cesto del mio bucato nel calesse e camminando con me a piedi. Non ve lo ho mai detto prima, perchè non sono abituata e perchè sono timida. Vi voglio bene, Gaetano, siete un bravo ragazzo e ai miei occhi siete bello e amabile e credo anche che sareste un ottimo padre se avessimo figli. Da quando ci vediamo ho spesso pensato a come sarebbe la nostra vita insieme. Non mi spaventa la fatica, ci sono abituata. E se la sera andrò a letto stanca, meglio. Avrò voglia di venirvi vicino per scaldarvi, per parlare della giornata vissuta insieme e del futuro nostro e della nostra famiglia" Cap. 12,  pag. 149

 

Ma c'è altro: straordinaria e inquietante la storia della pedga, ipotesi che le donne del vicinato sussurrano, sul malessere di Gaetano, come vendetta della Iole: 

 

"Non c'è nulla di più terribile dell'odio di una donna, figlia mia.

Non credete al malocchio? La Chiesa impone di non crederci, ma io so cose che nessun prete conosce. Hai mai sentito parlare di donne tradite o respinte che levano la "pedga"? Non so come la chiamate voi, al vostro paese: è quella massa di fango che si attacca agli scarponi degli uomini ... Se una donna ha cattive intenzioni, la raccoglie e la mette all'incrocio dei rami principali di una quercia. Mano a mano che il vento, la pioggia e il sole cominciano a sgretolare la forma del piede, l'uomo che l'ha lasciata, comincia a deperire e quando quella forma è completamente dissolta, quell'uomo muore". cap. 13,  pag. 158

L'Ottavario alla Madonna della Provvidenza

Nel contesto della storia drammatica di Floti, in uno dei momenti culminanti la sua tensione con le gerarchie fasciste, si legge del mirabile colpo di teatro dell'improvviso apparire, ricercato, alla processione di accoglienza della Madonna della Provvidenza. Per i piumazzesi, oltre a seguire con apprensione le sorti del giovane, è una occasione per rivivere lo spaccato di una esperienza che col passare die decenni è rimasta immutata, viva, importantissima

 

"La Clerice si preparò da quel giorno all'arrivo in paese della Madonna della Provvidenza per l'ottavario, perchè aveva una grazia da chiederle e sperava ardentemente che non gliel'avrebbe negata. Quando venne la mattina del penultimo giorno di maggio s'incamminò di buonora con gli abiti della festa, accompagnata dala Maria. Gli ingressi dei cortili che davano sul passaggio della processione erano ornate di scritte e immagini in onore della Vergine, fatte con petali di rose. Attraverso la strada erano erano steso gli addobbi rossi, gialli e bianchi e le campane suonavano a distesa. Le due donne giunsero all'osteria della Bassa e presero a destra. Raggiunsero in pochi minuto la Capacella, una cappellina subito fuori del paese e salutarono con un cenno del capo le donne più anziane che se ne stavano raggruppate aspettando la processione passasse di lì per accodarsi e percorrere  con la Madonna l'ultimo tratto di strada fino alla chiesa" cap 21 pag 242

 

Rassegnazione al declino di una famiglia e di un simbolo

A Floti, viene dato da leggere la storia dei Fratelli Karamazov di Dostoeski. Si costituisce come un alto parallelo letterario fra le sorti tragiche delle due famiglie, dove il mistero del male e di Dio, vengono resi protagonisti degli accadimenti.

Floti, da vicesindaco diventa ricercato; i suoi miglior amici vessati e morti. La famiglia senza una guida illuminata e ferma si disgrega e nascono tensioni insanabili; i più deboli e gli anziani lasciato alla deriva di se stessi, la seconda guerra mondiale, ma soprattutto l'odio politico di parte, conducono alla catastrofe, della famiglia e di tutto, culminante nell'incendio della stalla, la fine dell'Otel Bruni, coincidente con la fine di una popolare e gioiosa rilevanza di una famiglia e di un'epoca.

Rimane al fondo la nostalgia di qualcosa di bello, puro, caldo; nostalgia di un mondo ospitale, allegro, pietoso, che ebbe nell'Ostello Bruni il suo simbolo, rifugio dei viandanti, in un paese sempre dotato di un Ospitale, con  patrono san Giacomo, l'apostolo dei pellegrini.

 

LETTERA APERTA ALL'AUTORE

 

Caro Prof. Manfredi

ho letto d'un fiato il suo libro, segno che è accattivante, primo pregio di un testo. Coinvolto dalle vicende di un paese in cui abito, cerco gli eventi di molti e quelle personali della sua famiglia: se non erro, lei è dunque nipote di Fonso e della Maria. Deduco abbia preso dal nonno la virtù affabulatoria e dalla nonna prestanza fisica ed eleganza. Ho personalmente conosciuto Bruno, il commissario politico, il "fabbro", morto di recente nella sua modesta casa in via Ciro Menotti. Il tema delicato della politica ha molto rilievo nel romanzo. Sofferenze e ingiustizie furono grandissime da entrambe le parti.

Siccome il libro è bello, e certamente avrà ampio riscontro, credo che lei apprezzerà anche le riserve che affettuosamente le muovo. Avverto uno scarto, fra la parte epica dell'inizio e la parte cronachistica della conclusione. Le grandi prospettive di scavo nell'"umano" parrebbero richiedere ulteriori approfondimenti.

Mi ero disposto a raccogliere una antologia, intuendo all'inizio che, fra lo scorrere delle vicende così ben raccontate, si potessero raccogliere temi di sapienza, come si usa nelle scuole per i grandi testi. La interrompo per rispetto all'autore e all'editore. Ma specialmente perchè la parte bella del libro, non è quella o questa pagina, ma il generale amore alla vita, al popolo, alla propria famiglia, ai morti, al paese, alla sacra bellezza del raccontare e scrivere.

Grazie professore!

La aspettiamo in piazza il 24 Luglio, vigilia di S. Giacomo, con tutta Piumazzo.

don Remo Resca 

 

 

IN QUESTO LIBRO 

LA PRESENZA DEI MORTI

E' QUOTIDIANA E VITALE

 

L'OTEL BRUNI 

CONTINUA E PROSEGUE

LA TRADIZIONE SECOLARE

 DI PIUMAZZO OSPITALE

LUOGO DI ASILO

PER CHI ARRIVA

E CHI PARTE

 

Valerio Manfredi e il libro "piumazzese" Otel Bruni

DAL QUOTIDIANO AVVENIRE 17.LUGLIO 2011

DAL QUOTIDIANO AVVENIRE 24.LUGLIO 2011

Collection