DIARIO DI DON GIANCARLO
Sabato 22 febbraio 2025, Festa della Cattedra di San Pietro
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Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 16,13-19
Tu sei Pietro, e a te darò le chiavi del regno dei cieli.
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell'uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista,
altri Elìa, altri Geremia o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra
edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che
scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Parola del Signore.
La liturgia odierna proclama la funzione dell'apostolo Pietro: roccia sulla quale Gesù ha edificato e costruisce sempre la Chiesa. "Sei Pietro (pietra, roccia); su questa roccia edificherò la mia Chiesa, e la potenza della morte non avrà il sopravvento su di essa". Pietro, attraverso i suoi successori, prosegue quella missione affidatagli fin dal suo primo incontro con Gesù. La festa di oggi costituisce un invito ad esaminare il nostro modo di essere Chiesa, e rivedere il nostro rapporto con Cristo costruttore della comunità, la nostra fedeltà ai Pastori e la nostra collaborazione alla vita ecclesiale. L'affermazione profetica del Signore è espressa al futuro: "costruirò". La storia della Chiesa dimostra l'esistenza di tante circostanze nelle quali quella profezia è stata tradita da battezzati che hanno trascurato l'obbligo di essere costruttori della Chiesa, corpo mistico del Signore. Ma l'assistenza dello Spirito Santo ha consolidato la fede e ha assicurato la continuità del valore infallibile del magistero di Pietro. "Ho pregato per te, che non venga meno la tua fede, e tu, quando ti sarai ravveduto, conferma i tuoi fratelli" (antifona d'inizio). Pietro ricorda che i pastori devono essere modelli del gregge. Ma l'unione con lo stesso apostolo, che possiede "le chiavi del regno dei cieli", è certezza di un cammino sicuro nella ricerca di Dio. La fedeltà nei confronti della Chiesa implica la fedeltà nei riguardi dei pastori. La festa di oggi ci sia particolarmente di sprone alla preghiera per Papa Francesco, affinché possa recuperare pienamente la sua salute fisica, e possa guidare la Chiesa universale alla beatitudine del Regno di Dio, che il Signore Gesù ha inaugurato con il sacrificio della croce. Buona giornata
Venerdì 21 febbraio 2025
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 8,34-9,1
Chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.
In quel tempo, convocata la folla insieme ai suoi discepoli, Gesù disse loro:
«Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del
Vangelo, la salverà.
Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita?
Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli
angeli santi».
Diceva loro: «In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto il regno di Dio giungere nella sua potenza».
Parola del Signore.
La parola del Signore ci svela la preziosità immensa della nostra persona. L'intero universo non vale quanto la nostra persona: non ha prezzo e non può essere commutata con niente. Ma questa preziosità può essere dilapidata; la vita può fallire. La via che il Signore ci indica per evitare questa immane tragedia è paradossale: perdere la vita come egli l'ha perduta. Il Signore ha donato sé stesso; si è svuotato nel dono di sé e proprio per questo il Padre lo ha introdotto, attraverso la risurrezione, nella gloria della sua vita immortale. Chi segue il Signore nella rinuncia a sé per il dono agli altri, entra nella vita piena. Buona giornata
Giovedì 20 febbraio 2025
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 8,27-33
Tu sei il Cristo... Il Figlio dell'uomo deve molto soffrire.
In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli
risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».
Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni,
risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana!
Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Parola del Signore.
Pietro è il discepolo che dà soddisfazione piena alla domanda del maestro, ma in un breve tempo egli diventa il protagonista di una tra le più eloquenti testimonianze in favore del Cristo e, di lì a poco, meritevole di uno dei rimproveri più acerbi che il Maestro abbia mai rivolto a una persona umana: “Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente” e “Allontanati da me, satana!”. La motivazione è che, intervenendo contro l’annuncio di una inaspettata, tragica conclusione della vita terrena del Cristo, Pietro si oppone ai disegni di Dio, che prevedono non solo la morte in croce, ma la gloriosa risurrezione. È in fondo la stessa tesi di Satana al momento della tentazione di Cristo: sperare in un Messia meramente terreno. La presunzione di Pietro di interferire negli arcani disegni divini è ricorrente anche nella nostra vita di credenti: quante volte ci capita di contestare Dio o di non accettare le sue proposte o ancora di pretendere di capirle con la nostra povera logica umana!? Solo la fede e l’amore possono condurci a nutrire fiducia piena ed incondizionata nei confronti di Dio. Buona giornata
Mercoledì 19 febbraio 2025
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 8,22-26
Il cieco fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa.
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo.
Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quello, alzando gli occhi,
diceva: «Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano».
Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. E lo rimandò a casa sua dicendo: «Non entrare nemmeno nel
villaggio».
Parola del Signore.
Gesù compie un miracolo, ma è l’unica volta
che lo compie per gradi. Ci possiamo chiedere il perché. La risposta sta nel fatto che Gesù non volle risanare il cieco tutto ad un tratto, sia per dimostrare che egli dispone a piacere dei
propri doni, sia perché la sua potenza andò agendo nella misura in cui la fede del cieco crebbe, sino a diventare perfetta. Lo stesso sistema non di
rado viene usato da Dio a proposito della guarigione di malati dello spirito: egli procede un po’ alla volta, alimentando nel contempo la fede dell’infermo,
concedendo una pienezza di salute, quando ci saremo abbandonati completamente a lui, considerandolo nostro unico salvatore. Tutto ciò non può prescindere dalla nostra fede e non esclude la nostra
personale collaborazione. Anzi, il Signore attende la nostra domanda: “Che cosa vuoi che io faccia per te? – Signore che io veda». Ecco la preghiera per la giornata di oggi: «Signore fa che
io veda”. Buona giornata
Martedì 18 febbraio 2025
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 8,14-21
Guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode.
In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. Allora Gesù li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito
dei farisei e dal lievito di Erode!». Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane.
Si accorse di questo e disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non
vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila,
quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». E disse loro: «Non comprendete ancora?».
Parola del Signore.
I discepoli di Gesù sono ancora attaccati alle cose non spirituali. Nonostante la presenza del Maestro in mezzo a loro, essi hanno ancora il cuore indurito. Non si ricordano del segno compiuto da Gesù, quando egli spezzò i cinque pani, e moltiplicò i pesci. I discepoli sono incapaci di affidarsi totalmente a Cristo. Come capita anche a noi, essi si affidano a ciò che conduce alla corruzione, alla ipocrisia e alla incredulità. Questo richiamo del Maestro verso i discepoli rimane di attualità anche oggi nella nostra esperienza di vita. Lo sviluppo del mondo moderno ci apre verso delle concezioni di incredulità, l’uomo pretende di farsi un dio, abbiamo tanti modelli come ad esempio voler essere padroni della vita e della morte… e ciò non solo nella manipolazione genetica. Abbiamo un solo Maestro, è Gesù Cristo, ascoltiamolo, egli ci dà il vero pane di vita e la certezza della sua Parola. Buona giornata
Lunedì 17 febbraio 2025
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 8,1-13
Perché questa generazione chiede un segno?
In quel tempo, vennero i farisei e si misero a discutere con Gesù, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo
alla prova.
Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno».
Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva.
Parola del Signore.
Chi si rende infedele al contratto d’amore matrimoniale è un adultero. Perciò Gesù chiama generazione adultera gli ebrei suoi contemporanei, che si ostinavano in una infedeltà con l’alleanza contratta con Dio. Non hanno perciò diritto di pretendere un particolare segno oltre ai molti segni che egli offriva a tutti, per poter credere al Cristo. O meglio, verrà dato loro un segno ma non ora: allorché il Messia penderà, crocifisso, dalla croce a cui lo hanno ingiustamente condannato e quindi dopo un breve “soggiorno” nel sepolcro, risorge glorioso, sarà allora quel segno di Giona, rimasto nell’abisso per tre giorni, a testimoniare ancora più chiaramente a favore di Gesù. C’è un richiamo evidente alla fedeltà nei confronti del Signore, fedeltà alle promesse battesimali e ai nostri impegni contratti successivamente anche verso il nostro prossimo. La fede e la certezza della risurrezione ci aiutano a superare gli ostacoli della vita presente in vista di quella futura. Non ci mancano i segni, è solo troppo debole la nostra fede per saperli riconoscere. “Signore, aumenta in noi la fede”. Buona giornata
Domenica 16 febbraio 2025, VI° del Tempo Ordinario
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Dal Vangelo secondo Luca Lc 6,17.20-26
Beati i poveri. Guai a voi, ricchi.
In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di
Tiro e di Sidòne.
Ed egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
«Beati voi, poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame,
perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete,
perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell'uomo. Rallegratevi in quel giorno
ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi,
perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete,
perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».
Parola del Signore.
In questo testo del vangelo Gesù annuncia l’arrivo della salvezza promessa da Dio. Egli proclama il mondo dei valori di Dio, capovolge la scala dei valori dell’uomo e annuncia il modo con il quale Dio salva. Le beatitudini per i poveri e le lamentazioni per i ricchi non vanno lette in chiave moralistica, cioè non dicono che cosa deve fare l’uomo. Manifestano invece che cosa fa Dio in Gesù e rivelano come agisce Dio nella storia umana. Nella discesa di Mosè dal monte Dio, per mezzo dei dieci comandamenti, rivelò all’uomo cosa doveva fare; nella discesa di Gesù dal monte Dio rivela che cosa fa lui. L’intento di questo proclama è di rivelarci il volto di Dio in Cristo. In lui vediamo come Dio dona a noi il suo regno. Il verbo al presente della prima beatitudine e della prima lamentazione (v.20: è, v.24: avete) significa che il regno di Dio è già ora dei poveri e che già ora i ricchi se ne escludono con un surrogato di consolazione. Le beatitudini si possono comprendere solo conoscendo che Dio è amore per tutti. Per questo la sua giustizia è togliere a chi ha abusivamente e dare a chi non ha ingiustamente. Il nostro concetto di giustizia “a ciascuno il suo”, più che sulla giustizia di Dio che è amore, si fonda sull’ingiustizia umana e ne codifica l’egoismo da cui trae origine. La distinzione poveri-ricchi è di facile attribuzione all’esterno, ma di difficilissima lettura all’interno della coscienza dell’uomo. Solo la parola di Dio che penetra nel profondo dell’uomo ci fa capire se siamo dei poveri-beati o dei ricchi-infelici. Gesù proclama felici i poveri non perché sono bravi o hanno dei meriti speciali, ma perché Dio ama ciascuno secondo il suo bisogno, e il povero è colui che ha più bisogno. Il cristiano deve impegnarsi a favore dei poveri per imitare Gesù. La storia e la cronaca del mondo attuale, piena di miserie, di fame, di pianto e di ogni genere di mali è lo spazio d’azione del credente, se vuole essere anche credibile. I discepoli sono beati anche perché partecipando al mistero di persecuzione e di morte del Cristo sono associati più profondamente alla sua missione di salvezza. In questa circostanza non devono accontentarsi di avere pazienza o di attendere che passi al più presto il momento della prova, ma devono vivere intensamente in sé quanto dice il Maestro:” Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli” (6,23). Le felicitazioni e le congratulazioni per i poveri si fanno lamentazioni e condoglianze per i ricchi. Il “guai a voi” non è un grido di vendetta o di minaccia, ma un estremo grido di compianto, di compassione e di lamento che Gesù rivolge ai ricchi perché mettono le cose al posto di Dio e non hanno ancora sperimentato la gioia di colui che vende tutto per acquistare il tesoro che è Cristo (cfr. Mt 13,44). Il regno di Dio progredisce là dove il male e la miseria di ogni genere regrediscono e scompaiono. La comunità cristiana è sulla strada di Cristo solo quando si prende cura dei poveri, degli affamati, degli afflitti, e lotta contro le persone o le situazioni che sono la causa di questi squilibri. L’ingordigia di alcuni è la causa della miseria di molti. E quel che è peggio è che i ricchi hanno sempre ragione. Per questo la Chiesa deve stare molto attenta a non “benedire” i tiranni, i malfattori, gli affamatori di popoli…, o a tacere, a fin di bene, lì dove Cristo avrebbe alzato solennemente la sua voce senza paura di andare alla morte di croce. Una Chiesa che non è osteggiata e perseguitata dai potenti di questo mondo può essere veramente la Chiesa di Cristo? Il messaggio cristiano ha pure una prospettiva oltre la morte: la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Ma prima bisogna giocare tutte le carte che la situazione presente ci fornisce. È vero costruttore del regno di Dio chi si impegna con tutte le sue possibilità a rendere più abitabile la terra. La risurrezione non cancella la storia, ma divinizza tutto ciò che noi stiamo umanizzando. Buona Domenica
Sabato 15 febbraio 2025
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 8,1-10
Mangiarono a sazietà.
In quei giorni, poiché vi era di nuovo molta folla e non avevano da mangiare, Gesù chiamò a sé i discepoli e disse loro: «Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non
hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano».
Gli risposero i suoi discepoli: «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?». Domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette».
Ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. Avevano anche pochi
pesciolini; recitò la benedizione su di essi e fece distribuire anche quelli.
Mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: sette sporte. Erano circa quattromila. E li congedò.
Poi salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà.
Parola del Signore.
Un sentimento nobile di Gesù, pieno di umanità che significa prontezza al servizio ed alla donazione; una volontà a guardare l’altro come sé stesso e rinunciare alla sua superiorità per servire l’altro. Un sentimento umano che Gesù mostra nel brano del vangelo di oggi. Il gesto lo rende partecipe dei nostri dolori e delle nostre sofferenze. È umano, nel senso più nobile e concreto del termine, nel riconoscere l’altro che mi sta di fronte come soggetto dell’amore e non come oggetto da sfruttare. È umano perché è la volontà di unire gli uomini in un nuovo legame di solidarietà. Ma è anche divino perché proviene da Dio, è divino perché Gesù rende grazie sui sette pani e sui pochi pesciolini, è divino perché Gesù opera il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, è divino perché ci induce a contemplare con maggior profondità il Mistero di Cristo. È la compassione divina che è il preannuncio della sua Passione. Dio sente le nostre passioni, e ci dona la sua Passione. La sua compassione ha questo doppio movimento. Da Dio all’uomo per assumere tutte le passioni umane e dall’uomo a Dio per partecipare alla Sua Passione. È qui, nella compassione umana-divina che troviamo il valore delle nostre celebrazioni eucaristiche che sono incontro tra Dio e l’uomo; un incontro di amore, di salvezza e di redenzione. Poniamo sull’altare la nostra vita perché possa essere benedetta da Gesù e inserita nel suo progetto di Amore. Buona giornata
Venerdì 14 febbraio 2025, Festa dei Santi Cirillo e Metodio, Patroni d'Europa
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Dal Vangelo secondo Luca Lc 10,1-9
La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai.
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non
portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: "Pace a questa casa!". Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa,
mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all'altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: "È vicino a voi il regno di Dio"».
Parola del Signore.
I due di turno, inviati come i primi per la messe del Signore, con la stessa missione, come annunciatori del vangelo di Gesù Cristo e della sua pace, sono i santi Cirillo monaco e Metodio vescovo. Fanno parte della schiera numerosissima dei missionari e degli apostoli della fede cristiana, ma la loro santità, che ulteriormente li affratella, è legata alla divina e umana sapienza con cui hanno espletato il loro ministero. Hanno compreso appieno che con la fede cristiana vanno coniugati altri valori di civiltà e di crescita, che mirabilmente concorrono ad elevare tutto l’uomo verso Dio. La sapienza cristiana, dono dello Spirito Santo, messa a servizio dell’uomo e di intere popolazioni, diventa motivo di crescita sia nel campo della fede, sia in tutto ciò che giova ad elevare la qualità della vita in tutti i suoi aspetti. Si diventa così, come è accaduto per due grandi, che oggi celebriamo, annunciatori della verità di Dio, costruttori di pace, animatori di un sano progresso. Gli strumenti sono quelli di sempre, quelli che, lo stesso Signore ha affidato ai suoi, cambia però il modo di porgerli e di realizzarli nella concretezza della storia, nel confronto con culture diverse, con tradizioni diverse, con lingue diverse. I popoli slavi, particolarmente hanno goduto della santità dei due eroi della fede, ma l’Europa intera, li venera e li ricorda con viva e perenne gratitudine. Per questo il Papa Giovanni Paolo II nel 1980 li ha proclamati patroni del nostro continente, additandoli ad esempio per tutti coloro che hanno il compito di promuovere la crescita degli uomini del nostro tempo, sia nell’ambito religioso, sia in quello civile ed umano. Buona giornata
Giovedì 13 febbraio 2025
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Dal Vangelo secondo Marco
Mc 7,24-30
I cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli.
In quel tempo, Gesù andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto.
Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi. Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia.
Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. Ed egli le rispondeva: «Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». Ma lei
gli replicò: «Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli». Allora le disse: «Per questa tua parola, va': il demonio è uscito da tua figlia».
Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n'era andato.
Parola del Signore.
Gesù si rivela mandato a raccogliere tutti i figli di Dio, ovunque si trovino, anche i pagani, in un solo ovile sotto un solo pastore. È aperto a tutti e vuole accogliere tutti. Tutte le cose genuinamente umane trovano eco nel suo cuore. È nostro fermo dovere di imitarlo in questo compito, fino a che tutti non entreremo a godere la pace che ci ha promesso. Si tratta di aderire al disegno di Dio per costruire le realtà nuove, inaugurate da Cristo. La prima lettura oggi ci suggerisce l’ambito nel quale è particolarmente necessario intervenire perché sia rispettato il piano di Dio e riportata così alla sua origine la famiglia e in particolare l’amore coniugale. Dio voglia aiutarci a costruire la famiglia secondo i suoi piani, ma occorre che ci sia da parte nostra la volontà di farlo. Buona giornata
Mercoledì 12 febbraio 2025
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 7,14-23
Ciò che esce dall'uomo è quello che rende impuro l'uomo.
In quel tempo, Gesù, chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che
escono dall'uomo a renderlo impuro».
Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: «Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra
nell'uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?». Così rendeva puri tutti gli alimenti.
E diceva: «Ciò che esce dall'uomo è quello che rende impuro l'uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità,
malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall'interno e rendono impuro l'uomo».
Parola del Signore.
I nostri pensieri sono sconvolti dalle parole che Gesù oggi ci rivolge. Comunemente crediamo che sono le cose e le persone intorno a noi che ci fanno peccare, di conseguenza il male non è in noi ma nelle cose e nelle persone. Ma questo modo di pensare è sconvolto da Gesù che dice: “non è nel fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo”. Il male viene invece dal di dentro. Riflettiamo attentamente! Gesù ci dice questo perché chiamati a conversione e una volta ravveduti ritorniamo ad essere abitanti del giardino dell’Eden in cui furono messi Adamo ed Eva, e da cui furono cacciati i nostri progenitori. Accadrà questo se avremo accettato di seguire Gesù e di mettere in pratica la sua parola di vita. Buona giornata
Martedì 11 febbraio 2025, Memoria della Beata Vergine Maria i Lourdes
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 7,1-13
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini.
In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate - i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani,
attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di
stoviglie, di oggetti di rame e di letti -, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani
impure?».
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto:
"Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini".
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».
E diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: "Onora tuo padre e tua madre", e: "Chi maledice il padre o
la madre sia messo a morte". Voi invece dite: "Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio", non gli consentite di fare più nulla per il
padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».
Parola del Signore.
La fede che ci viene richiesta di professare in Gesù è una fede che deve avere strettissimo contatto con la vita quotidiana, anzi è la fede che fa agire, pensare, parlare in maniera degna della vocazione che abbiamo ricevuto. Oggi Gesù richiama proprio quanti negano questi reali e imprescindibili legami tra fede e opere di ogni giorno. Per noi cristiani non ci può essere religione autentica senza azione, fede e amore. “La fede senza le opere è morta”. Da qui si avrà che anche le azioni quotidiane potranno diventare culto interiore a Dio Padre e continuazione della nostra preghiera. Non può non essere così visto che l’uomo è stato creato a immagine di Dio, perciò Gesù ci richiama ad avere gli stessi pensieri di Dio, Padre e creatore, a percorrere le stesse vie. Buona giornata
Lunedì 10 febbraio 2025, Memoria di Santa Scolastica
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 6,53-56
Quanti lo toccavano venivano salvati.
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono.
Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse.
E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano
salvati.
Parola del Signore.
La fede in Gesù salva! Ne hanno fatto esperienza gli uomini di cui si narra nel vangelo: lo toccavano e guarivano. Possiamo fare anche noi la stessa esperienza, abbiamo bisogno soltanto di fede che ci fa credere a Gesù, alle cose che Egli dice, e nella sua persona divina e umana. Colui nel quale riponiamo la nostra fede, colui che abbiamo incontrato nel vangelo è anche colui che ha creato nella bontà l’universo e che vuole portare, giorno dopo giorno, tutto ciò che vive al compimento finale. Diciamo spesso col salmista: “quanto sono grandi, Signore le tue opere!”. E, pensando alle nostre infermità fisiche, spirituali, ripetiamo la preghiera umile e fiduciosa dei malati del Vangelo: “Signore, Tu puoi guarirmi!” Buona giornata
Domenica 9 febbraio 2025, V° del Tempo Ordinario
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Dal Vangelo secondo Luca Lc 5,1-11
Lasciarono tutto e lo seguirono.
In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e
lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma
sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad
aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con
lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
Parola del Signore.
Mentre camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori. E disse loro: «Seguitemi, vi farò pescatori di uomini». Così Gesù chiama a sé i suoi e detta loro un nuovo programma di vita. Egli stesso, proponendosi come loro modello, afferma il primato della Parola e della testimonianza. Istruisce continuamente le folle che accorrono a Lui. Deve scostarsi dalla riva del lago per evitare la calca e farsi sentire e vedere da tutti. Gesù è il pescatore di uomini; Egli li attrae, li illumina, li converte, li risana nel corpo e nello spirito. È questa la sua missione, questa sarà anche la missione degli apostoli. Dovranno però agire nel suo nome, essere umili portatori del suo Vangelo di Cristo. Hanno perciò bisogno di maturare una illimitata fiducia in Colui che li ha chiamati e li invierà al mondo. Ecco allora il comando del Signore: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Non è né il momento né l’ora per andare a pescare e Pietro, Giacomo e Giovanni, tutti espertissimi del mestiere, ricordano a Gesù che hanno trascorso già l’intera notte nel lago senza aver preso nulla, ma aggiungono, per bocca di Simon Pietro: «Sulla tua parola getterò le reti». La pesca che ne segue è miracolosa. Riempiono di grossi pesci le loro barche e il cuore di meraviglia e di stupore. Gli Apostoli hanno ricevuto una bella lezione da non dimenticare mai. Quando si agisce nel nome del Signore, è Lui stesso a dare efficacia alle nostre azioni. Gesù lo spiegherà meglio dicendoci più chiaramente: «Senza di me non potete fare nulla». Gli apostoli e i fedeli di ogni tempo lo hanno sperimentato. La storia della Chiesa lo testimonia. I Santi fino ai nostri giorni, in modo eroico hanno affermato con tutta la loro vita il primato di Cristo e la forza della sua parola di verità. Nello stesso nome avvengono ancora le pesche miracolose. Nel suo nome ogni giorno iniziamo le nostre azioni quotidiane affinché siano per noi fonte di merito, nello stesso nome la chiesa inizia tutte le sue liturgie. In questa domenica ci viene offerta l’occasione propizia per dare il vero senso ai nostri segni di croce quando ripetiamo appunto: «Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». Significa dare la giusta intenzione al nostro agire e garantirsi la protezione della Trinità beata. Buona Domenica
Sabato 8 febbraio 2025
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 6,30-34
Erano come pecore che non hanno pastore.
In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un
luogo deserto, e riposatevi un po'». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.
Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
Parola del Signore.
La folla che seguiva Gesù, è presentata come pecore che ascoltano la voce del pastore. Da lui può attingere sicurezza perciò lo segue. E Gesù, commosso, si mise ad insegnare loro molte cose. Ancora oggi Gesù può commuoversi ed insegnare, ma forse manca in noi la stessa disponibilità, la stessa sete, perché non lo cerchiamo assiduamente e con tutte le nostre forze. Non gli stiamo dietro per sentire dalla sua bocca parole di salvezza, preferiamo invece altro, ad esempio la televisione, lo svago, ma non sentire lui! Se lo cerchiamo con assiduità, lui ci renderà perfetti con la sua parola onnipotente e creatrice, affinché possiamo compiere la sua volontà. Rischiamo anche di lasciarci sedurre da falsi pastori, che ci conducono, non a pascoli della vita e della grazia, ma in quelli inquinati del mondo e delle sue miserie. Buona giornata
Venerdì 7 febbraio 2025
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 6,14-29
Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto.
In quel tempo, il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi».
Altri invece dicevano: «È Elìa». Altri ancora dicevano: «È un profeta, come uno dei profeti». Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è
risorto!».
Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodiade, moglie di suo fratello Filippo, perché l'aveva sposata. Giovanni infatti diceva a
Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello».
Per questo Erodiade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell'ascoltarlo restava molto perplesso,
tuttavia lo ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell'esercito e i notabili della Galilea.
Entrata la figlia della stessa Erodiade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi
cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E
subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del
giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto.
E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la
fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.
Parola del Signore.
Anche durante l’esperienza terrena di Gesù, molti chiacchierano di Lui, pochi lo conoscono e lo riconoscono veramente. Alcuni lo identificano con Giovanni Battista, altri, facendo riferimento alla scrittura sacra e alla tradizione, dicono che è Elia, tornato vivo dal carro di fuoco che l’aveva trasportato via dalla terra. Altri ancora, affermano, più vagamente, che Gesù è semplicemente un profeta. L’identificazione con il Battista offre all’evangelista Marco l’occasione per raccontare il martirio del precursore del Signore. La verità, che Dio scandisce per noi o che affida ai suoi ministri, è spesso come una spada a doppio taglio che penetra fino alle profondità dell’anima o come la forbice affilata del potatore, che recide i tralci secchi, staccati dalla vite e ormai destinati solo al fuoco. Qualcosa di simile deve essere capitato ad Erode e ad Erodiade, la sua compagna illegittima, quando Giovanni ripeteva: «Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello». È sempre rischioso muovere rimproveri ed accuse ai potenti. Sembra che per loro sia legittima la vendetta. Un po’ di potere lo esercitano spesso così, specie se poi c’è una donna di mezzo che diventa istigatrice. Si attende solo l’occasione propizia, che nel nostro caso avviene in una festa che si trasforma poi in una specie di orgia. Una danza, l’ebbrezza, una promessa assurda, ma ritenuta vincolante, l’onore da difendere davanti ai commensali ed ecco che l’accusatore impertinente, Giovanni Battista, già in carcere, deve essere decapitato e messo a tacere per sempre. È evidente che la sensualità smodata degenera in crudele brutalità in chi non sa e non vuole trarre dagli ammonimenti divini motivo di ravvedimento: è così che Erode diventa tristemente l’emblema della peggiore corruzione e di tutti coloro che, nel tentativo assurdo e non riuscito di far tacere la coscienza, arrivano a sopprimere la voce di chi li rimprovera del male. Buona giornata
Giovedì 6 febbraio 2025, Memoria del Santi Paolo Miki, presbitero, e compagni martiri
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 6,7-13
Prese a mandarli.
In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E
ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i
vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
Parola del Signore.
I dodici sono inviati da Gesù, ma egli si preoccupa di precisare il loro equipaggiamento da viaggio, che deve essere ridotto all’essenziale, alle cose veramente indispensabili: un bastone da viandante, un paio di sandali ai piedi per schivare la durezza del suolo e una semplice tunica senza il mantello, che servirà solo per l’umidità della notte. Sono mandati con il grande messaggio della grazia, di annunciare il regno di Dio. Gli apostoli sono invitati ad accogliere con semplicità l’ospitalità che viene loro offerta, senza cercare cose migliori. La prima missione affidata agli apostoli è l’annuncio alla conversione per il regno di Dio. È compito oggi per tutti i cristiani di proseguire il mandato di Dio affidato agli apostoli. Pertanto occorre fondare tutta la fiducia in Cristo, liberarsi da cose vane che possono render pesante la missione affidata a noi oggi. Il fardello che ci impedisce di essere annunciatori liberi e convincenti è costituito dalla umana presunzione, dall’attaccamento alle cose del mondo, dalla voglia del successo personale e soprattutto dalla poca fede. Buona giornata
Mercoledì 5 febbraio 2025, Memoria di Sant'Agata, Vergine e Martire
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 6,1-6
Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria
In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i
prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed
era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li
guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d'intorno, insegnando.
Parola del Signore.
La prova non è segno dell’abbandono di Dio. Il Signore corregge colui che ama. Bisogna superare il dolore che si prova al momento, in attesa della gioia e della pace che verranno. Pur di non fare il male, si deve resistere fino al sangue; si deve essere preoccupati di rispondere alla grazia del Signore e di non lasciarsi prendere dal peccato: la radice velenosa che infetta la sofferenza ci colpisce e spesso non sappiamo perché. Sappiamo però che possiamo usarla per una realistica meditazione sulla fragilità della vita e per riconoscere che tuttavia Dio ha pietà di noi. Egli ci conosce e sa che siamo fatti di polvere. Ma ai suoi occhi non siamo polvere, bensì figli che Egli ama con tenerezza. È sempre l’incredulità il grande ostacolo alla salvezza, all’efficacia della presenza e dell’opera di Cristo. Senza fede il miracolo stesso non avviene. Nell’incredulità dei compaesani di Gesù è prefigurata l’obiezione di quanti non vorranno accogliere il Signore che si presenta in forma strana, senza promesse di prestigio, senza insegne di gloria. Ma egli semplicemente si meraviglia della nostra incredulità ma comunque va per i villaggi a insegnare e proclamare il regno di Dio a coloro che hanno il cuore disposto… Buona giornata
Martedì 4 febbraio 2025
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 5,21-43
Fanciulla, io ti dico: Alzati!
In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giairo, il quale,
come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli
si stringeva intorno.
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito
parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e
sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe
intorno a te e dici: "Chi mi ha toccato?"». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò
davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della
sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo
deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità
kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: alzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza
che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.
Parola del Signore.
Gesù si presenta a noi come il prototipo della fedeltà, come fonte e fondamento della fede, come suo compimento e mèta finale: è Gesù l’autore e il perfezionatore della fede. Egli, infatti, ha affrontato, per restare fedele a Dio, la morte infame e dolorosa della croce, e ora è intronizzato alla sua destra. Nella sequela di Gesù, la prospettiva del martirio cristiano è la scelta di fedeltà estrema anche a costo della vita. È per una felicità grande che, come Gesù, accettiamo, la sofferenza per essere fedeli a Dio. Non cerchiamo la sofferenza per la sofferenza, ma affrontiamo quella che ci colpisce per il regno di Dio. Gesù ha ottenuto per noi la capacità di ripetere le sue gesta. Ora tocca a noi, come ci sprona il salmista, di diventare la gloria di Dio, affinché anche di noi si possa dire: ecco l’opera del Signore. Gesù annuncia per chi ha fede il superamento della morte e lo conferma con il suo gesto e le sue parole. Noi che ascoltiamo oggi questo vangelo della ragazza richiamata alla vita, siamo invitati a guardare in avanti, alla resurrezione di Gesù. Infatti senza questa piena vittoria sulla morte non si possono annunciare come vangelo, come “buona notizia”, i gesti prodigiosi di Gesù. Buona giornata
Lunedì 3 febbraio 2025, Memoria di San Biagio, Vescovo e Martire
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 5,1-20
Esci, spirito impuro, da quest'uomo.
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Geraseni. Sceso dalla
barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro.
Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i
ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre.
Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce, disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva
infatti: «Esci, spirito impuro, da quest’uomo!». E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti». E lo scongiurava con insistenza perché non li
cacciasse fuori dal paese.
C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti,
entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare.
I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e
sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero
a pregarlo di andarsene dal loro territorio.
Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il
Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati.
Parola del Signore.
L’episodio di Marco che leggiamo oggi non è di facile comprensione. Sicuramente però deve aver suscitato una profonda impressione nei primi cristiani. Il tutto si svolge in territorio pagano e questo sta a indicarci che nessuno è escluso dal messaggio di salvezza e dall’opera redentiva di Cristo. Quel mondo è tutto invasato dal male: non si tratta infatti di un singolo demonio, ma di una legione, un numero sterminato, che ha ridotto il malcapitato, che ne è posseduto, a vivere come un morto nei sepolcri. È interessante la dichiarazione che il demonio fa urlando, prostrato ai piedi di Gesù: «Che hai tu in comune con me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». Ancora una volta i demoni lo riconoscono come Figlio del Dio altissimo. Chiedono poi in particolare di non essere scacciati da quella regione o almeno che possano trasferirsi in un branco di porci, che sono al pascolo in un monte vicino. Viene da pensare che esistano luoghi prediletti da satana, che abbia i suoi inferni anche nel mondo, lì dove il male dilaga, dove è accettato e vissuto come stile di vita, dove nessuno gli è contrario, dove può prendervi stabile dimora. Sono spiriti immondi e quindi l’abitare nei porci potrebbe essere loro di sollievo rispetto all’essere rilegati nel loro inferno. La loro presenza è sempre e comunque devastante anche nei confronti di quegli animali, infatti al loro arrivo nei porci, un enorme branco precipita nel mare. I mandriani avvertono i padroni dell’accaduto, ma questi più che considerare l’intervento salvifico e prodigioso operato da Gesù, calcolano il grave danno economico subito e lo invitano ad uscire dal loro territorio. Capita ancora che l’interesse per le cose di questo mondo, per quanto misere possano apparire, prevalgano su quello per lo stesso Cristo. Solo l’indemoniato guarito si mostra grato e desidererebbe addirittura diventare un seguace del Signore. Riceve però l’invito e l’incarico di essere un annunciatore in terra pagana di quanto ha ricevuto dalla misericordia del Signore. Buona giornata
Domenica 2 febbraio 2025, Presentazione del Signore
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Dal Vangelo secondo Luca Lc 2,22-40
I miei occhi hanno visto la tua salvezza
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto
nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» - e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non
avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio,
dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele
e come segno di contraddizione - e anche a te una spada trafiggerà l'anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora
aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del
bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazareth. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio
era su di lui.
Parola del Signore.
L’episodio della presentazione di Gesù al tempio è pieno di personaggi e rappresenta una antologia di tutti i misteri contemplati nell’Incarnazione e nella Natività. Gesù si reca alla casa del Padre dove incontra Simeone che, spinto dallo Spirito Santo, preannuncia la Passione e la Resurrezione di Cristo e il suo piano eterno di salvezza. Nell’ultima espressione di San Luca, abbiamo anche l’umanità di Gesù, che cresce; abbiamo l’umanità di Maria che partecipa alla Passione di Cristo; abbiamo l’umanità di Giuseppe che provvede a formare con Gesù ed a Maria una famiglia terrena, luogo e palestra di crescita spirituale ed umana. In poche parole vediamo un legame unico tra il Figlio e la madre; vediamo anche la loro diversità. Maria è la piena di grazia; la creatura prescelta per essere il tabernacolo vivente del Cristo, Figlio del Dio vivente, è salutata così dall’angelo. Un legame naturale e soprannaturale lega Maria con Gesù. Un legame che si rafforza proprio nel tempo nel quale Gesù, umanamente, cresceva e si fortificava nella famiglia di Nazareth. Gesù, che non è stato informato dalla Grazia, ma ha la grazia per natura; in Lui e nella sua preesistenza, non vi è predestinazione e non vi è scelta; nella sua natura Divina, Egli è l’artefice della grazia che saprà donarci con la sua Morte e Resurrezione. Gesù è la Sapienza incarnata ed eterna e che nella sua umanità, pieno di sapienza, cresce e si fortifica nell’amore di famiglia che lo accolto nella fede. Il vangelo di oggi ispira l’esortazione di Giovanni Paolo II: «famiglia, diventa ciò che sei!” Buona Domenica
Sabato 1 febbraio 2025
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 4,35-41
Chi è costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?
In quel medesimo giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all'altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche
con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero:
«Maestro, non t'importa che siamo perduti?».
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».
Parola del Signore.
Il silenzio di Dio?
Il racconto della tempesta sedata, proposto con tratti molto vivaci, apre una sezione che comprende altri miracoli: la liberazione dell’indemoniato nella regione dei Geraseni, la guarigione dell’emorroissa e la risurrezione della figlia di Giairo. Il lago di Galilea, teatro del miracolo, è spesso soggetto ad improvvise e violente burrasche. Accadde anche quella sera, quando i discepoli erano sulla barca, in compagnia di Gesù, sorprendentemente addormentato, tanto da suscitare il disappunto e il rimprovero dei suoi amici. Intervenendo con autorità e restituendo la bonaccia alle acque del mare, Gesù si manifesta come il Signore del creato. Questo miracolo parla di noi: la nostra vita, la stessa storia dell’umanità appare rispecchiata in questa situazione. Angoscia, pericoli, si rischia di affondare e Dio sembra rimanere in silenzio. È lo scandalo della fede. Il silenzio di Dio. In una memorabile catechesi, Giovanni Paolo II affermò: “C’è una tragedia maggiore, quella del silenzio di Dio, che non si rivela più e sembra essersi rinchiuso nel suo cielo, quasi disgustato dell’agire dell’umanità. Ci si sente soli e abbandonati, privi di pace, di salvezza, di speranza. Il popolo, lasciato a se stesso, si trova come sperduto e invaso dal terrore. Non è forse questa solitudine esistenziale la sorgente profonda di tanta insoddisfazione, che cogliamo anche ai giorni nostri?». Ma il racconto di questo miracolo vuole suscitare un salto di qualità e chiede di credere: “Non avete ancora fede?”. Se la fede non dorme, infatti, anche Cristo è sveglio ed agisce. Proprio in mezzo alle difficoltà della vita, Gesù si manifesta e ci aiuta a superare tutte le nostre paure che, in fondo, nascono proprio dal non aver capito l’identità di Gesù e dal continuare a domandarci: “Chi è costui?”. E dalla fede nasce la speranza. Nella sua enciclica Spe Salvi Benedetto XVI ci ha aiutati a comprendere che cos’è la speranza. Essa è una certezza nel futuro in forza di una realtà presente, anche quando afflizioni, oscurità e incertezza ci circondano. È la presenza di Cristo, resa nota dalla memoria della fede, che ci rende certi del futuro. Ed è possibile allora camminare nella vita senza paure, a partire dalla certezza che Lui è misteriosamente Signore della storia, nella quale si diffondono le energie trasformatrici del suo Spirito: «Taci, calmati. E il vento cessò». In questo senso, dice Benedetto XVI «chi non conosce Dio, pur potendo avere molteplici speranze, in fondo è senza speranza». Buona giornata
Venerdì 31 gennaio 2025, Memoria di San Giovanni Bosco e di San Geminiano, Vescovo
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 4,26-34
L'uomo getta il seme e dorme; il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa.
In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso
non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la
mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i
semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua
ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.
Parola del Signore.
Il testo della Lettera agli Ebrei della prima lettura di oggi, lascia trasparire per un momento la situazione vitale della comunità in cui si radicano le esortazioni alla fiduciosa ed attiva perseveranza. L’autore, infatti, richiama la serie di prove e tribolazioni alle quali è stata esposta la comunità al suo inizio, dopo l’illuminazione battesimale. Non si tratta di una vera e propria persecuzione, ma di una serie di vessazioni e maltrattamenti provocati da un ambiente ostile e intollerante. Il caldo appello alla costanza fa leva sulla fedeltà di Dio, che porta a compimento la sua promessa. In tale prospettiva viene riletto il testo del profeta che parla della venuta del Signore. Chi ha pagato o sta pagando il prezzo della sua fedeltà, è in grado di stimare l’importanza di questa promessa che sta alla base della sua perseveranza. La nostra fede subisce il logorio dei giorni. Monotonia, dissapori, sofferenze finiscono per toglierci l’entusiasmo di credere in Dio e di sentirci partecipi della lotta di Gesù per il regno di Dio. È il momento di affidarci a Dio, confidare in lui, non rassegnarci alla mediocrità. È importante nella situazione attuale stare vicino a Gesù come discepoli per essere introdotti nel mistero del regno di Dio, proclamato nella parola del vangelo. Buona giornata
Giovedì 30 gennaio 2025
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Dal Vangelo secondo Marco
Mc 4,21-25
La lampada viene per essere messa sul candelabro. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi.
In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro? Non vi è infatti nulla di segreto
che non debba essere manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce. Se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
Diceva loro: «Fate attenzione a quello che ascoltate. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più. Perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto
anche quello che ha».
Parola del Signore.
Gesù, mediante la sua umanità trasfigurata dall’amore oblativo e dalla potenza di Dio, apre una nuova via di incontro con Dio per i credenti. L’esortazione fa leva sulle tre strutture fondamentali di ogni esistenza cristiana: la fede fiduciosa, quella connessa con il battesimo iniziale; la speranza certa, fondata sulla fedeltà di Dio; la carità sollecita, che si alimenta del reciproco sostegno comunitario e si traduce nelle opere di servizio fraterno. È un programma di vita cristiana sempre attuale e valido nella sua essenzialità, radicato nel nucleo della fede in cui si proclama Gesù Cristo, Figlio di Dio, unico mediatore della salvezza. Gesù ci ha aperto la strada verso la casa di Dio. Tocca a noi metterci in cammino, consapevoli, che dobbiamo essere degni della casa in cui siamo invitati. Là, alla fine dei tempi, ci incontreremo con Dio e vedremo il suo volto. Ci prepariamo a quel momento, facendo crescere in noi la fede, la speranza e la carità, che ci assimilano a Cristo. La similitudine della lampada, identificata nella tradizione biblica con la parola di Dio, nel contesto della raccolta di sentenze del vangelo di Marco, si riferisce all’annuncio missionario del vangelo. Con la morte e resurrezione di Gesù è iniziato il tempo della proclamazione pubblica e universale del mistero del regno di Dio, affidato ai discepoli storici di Gesù. Anzi, la condizione per continuare ed essere destinatari della parola che salva è la sua accoglienza e l’impegno a trasmetterla con fiducia e libertà. Questo è il primo frutto di quella parola seminata sulla terra buona. L’invito ad ascoltare e a capire la parola si traduce nell’appello ecclesiale ad attuarla e comunicarla. Buona giornata
Mercoledì 29 gennaio 2025
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 4,1-20
Il seminatore uscì a seminare.
In quel tempo, Gesù cominciò di nuovo a insegnare lungo il mare. Si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli, salito su una barca, si mise a sedere stando in mare, mentre tutta la
folla era a terra lungo la riva.
Insegnava loro molte cose con parabole e diceva loro nel suo insegnamento: «Ascoltate. Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e
la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; e subito germogliò perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo
radici, seccò. Un’altra parte cadde tra i rovi, e i rovi crebbero, la soffocarono e non diede frutto. Altre parti caddero sul terreno buono e diedero frutto: spuntarono, crebbero e resero il
trenta, il sessanta, il cento per uno». E diceva: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
Quando poi furono da soli, quelli che erano intorno a lui insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli diceva loro: «A voi è stato dato il mistero del regno di Dio; per quelli che
sono fuori invece tutto avviene in parabole, affinché guardino, sì, ma non vedano, ascoltino, sì, ma non comprendano, perché non si convertano e venga loro perdonato».
E disse loro: «Non capite questa parabola, e come potrete comprendere tutte le parabole? Il seminatore semina la Parola. Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la Parola, ma,
quando l’ascoltano, subito viene Satana e porta via la Parola seminata in loro. Quelli seminati sul terreno sassoso sono coloro che, quando ascoltano la Parola, subito l’accolgono con gioia, ma
non hanno radice in sé stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della Parola, subito vengono meno. Altri sono quelli seminati tra i rovi:
questi sono coloro che hanno ascoltato la Parola, ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e la seduzione della ricchezza e tutte le altre passioni, soffocano la Parola e questa rimane senza
frutto. Altri ancora sono quelli seminati sul terreno buono: sono coloro che ascoltano la Parola, l’accolgono e portano frutto: il trenta, il sessanta, il cento per uno».
Parola del Signore.
È bella e suggestiva l’immagine del seminatore che esce nel campo arato a spargere il buon seme: è un gesto misurato, solenne, impregnato di sacralità. L’immagine, rapportata al buon Dio, ci fa comprendere tutta la meravigliosa opera della rivelazione, con la quale Egli si è fatto conoscere all’uomo, gli ha rivelato la sua vera origine e dignità e lo ha guidato, dopo il peccato, sulla via della salvezza. Non possiamo quindi dubitare della bontà del seme, dobbiamo invece scrutare con attenzione che tipo di terreno lo accoglie. Sì, perché, dopo il distacco da Dio con il peccato, abbiano dentro di noi un inquinamento atavico e altri ostacoli e gramigne s’insinuano continuamente dentro il terreno della nostra anima. La strada è il luogo del transito, della confusione e dell’anonimato e anche il luogo percorso spesso dal maligno: lì il seme non può attecchire; c’è sempre pronto qualcuno a carpirlo dal cuore dell’uomo. Neanche gli incostanti o i malfermi nell’animo consentono al seme di crescere e germogliare in loro; l’accolgono con gioia infantile, ma non sono in grado di resistere alle tentazioni e alle prove della vita. Le preoccupazioni del mondo, l’inganno della ricchezza e le più svariate bramosie sono altri gravi impedimenti perché il seme della parola attecchisca e porti frutto: molti ai nostri giorni si ritrovano in queste ultime categorie. I super affaccendati, gli ammagliati dal denaro, i malati delle più disparate bramosie non hanno più né orecchie né cuore per ascoltare ed accogliere il sussurro della Parola: c’è troppo chiasso dentro e fuori di noi per sentire Dio: molti non hanno tempo, altri non hanno voglia, altri ancora hanno mente e cuore inzavorrati, non c’è più spazio per l’ascolto. Grazie a Dio, però esiste anche il terreno buono, o bonificato dalla misericordia divina; lì il seme attecchisce e cresce portando, in misura diversa, frutti di buone opere. Capita allora che il seme sfama e nutre abbondantemente non solo chi lo ha accolto e fatto fruttificare, ma anche altri accedono, nella carità fraterna e nella genuina testimonianza, alla stessa mensa. Buona giornata
Martedì 28 gennaio 2025, Memoria di San Tommaso d'Aquino
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 3,31-35
Chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre.
In quel tempo, giunsero la madre di Gesù e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo.
Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano».
Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la
volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».
Parola del Signore.
Finalmente, nella Lettura della Lettera agli Ebrei, oggi si arriva al nucleo centrale della mediazione sul valore dell’auto-offerta di Gesù. Anche se il modo di argomentare del nostro autore è un po’ sottile, il messaggio che egli comunica è perfettamente comprensibile e preciso. Gesù Cristo con la sua libera e generosa offerta della sua vita, ha portato a compimento il disegno di Dio. In questo dinamismo spirituale di fedeltà estrema egli coinvolge tutti quelli che vi aderiscono con fede. La vicenda della morte redentrice di Gesù consente di rileggere in modo più nitido il progetto di Dio già anticipato nei testi della tradizione biblica. Gesù è totalmente aperto a Dio e a lui si affida. Ma non è solo l’affidamento di una creatura al suo Dio. Egli pone liberamente sé stesso a disposizione di una missione dolorosa e mortale: far trionfare la giustizia liberatrice di Dio. Noi siamo il popolo che Cristo ha liberato: possiamo aprirci anche noi a Dio ed essere colmati della sua santità. Cosi, nel Vangelo Gesù non nega i rapporti parentali, ma li relativizza. Quello che conta è la volontà di Dio che egli ora rivela con i suoi gesti e con la forza della sua parola. Quanti ascoltano e compiono questa volontà di Dio costituiscono la sua nuova famiglia. Dio, infatti, è l’unica figura paterna che Gesù rende presente per mezzo della sua attitudine di Figlio. Non a caso egli lo invocherà in modo unico ed eccezionale con l’appellativo inconsueto di Abbà. Buona giornata
Lunedì 27 gennaio 2025
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 3,22-30
Satana è finito.
In quel tempo, gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i
demòni per mezzo del capo dei demòni».
Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: «Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in sé stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in sé stessa,
quella casa non potrà restare in piedi. Anche Satana, se si ribella contro sé stesso ed è diviso, non può restare in piedi ma è finito.
Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa.
In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è
reo di colpa eterna».
Poiché dicevano: «È posseduto da uno spirito impuro».
Parola del Signore.
Sono ancora in scena gli scribi, rappresentanti del potere religioso del tempo, che malignano pesantemente su Gesù, definendolo posseduto dal prìncipe dei demòni e come colui che nel nome di Beelzebùl, scaccia i demòni. Viene da pensare come sia tristemente facile per chi si lascia guidare da preconcetti, confondere lo Spirito di Dio con quello del maligno. Qui si ravvisano tutti gli estremi di quel terribile peccato contro lo Spirito Santo, che lo steso Gesù definisce imperdonabile. Si stravolge il significato, il valore e lo scopo dei miracoli attribuendo a satana ciò che è opera di Dio e del suo Spirito. È una forma di cecità spirituale provocata dall’invidia, accresciuta dalla bramosia del potere e confermata da una falsa religiosità: una malattia dell’anima che ancora miete vittime ai nostri giorni specie dove l’integralismo religioso degenera in violenza. È una gravissima bestemmia che vorrebbe negare l’amore in Dio, privandolo della sua stessa essenza e riducendolo a un demiurgo, ad un dio cattivo. La logica stringente a cui ricorre Gesù per convincerli del loro errore, lascia intendere che Egli è disposto anche a farci percorrere la via della razionalità quando la fede è accecata dal male. Pare però che neanche dinanzi all’assurdo della ragione quei scribi vogliano trovare la via per un cambiamento di mentalità e di comportamenti. Abbiamo l’impressione che il demone peggiore sia proprio dentro di loro e che abbia preso in essi una stabile dimora. Noi credenti, contrariamente a quanto insinuano malignamente gli scribi, abbiamo imparato a fare tutto nel nome di Dio; ogni giorno ci segniamo ripetutamente con il segno della croce affidandoci alla santissima Trinità; tutte le invocazioni iniziano e terminano nel nome del nostro Signore Gesù Cristo. In quel nome riponiamo tutta la nostra forza, memori di quanto Gesù stesso ci ha detto: “Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò”. Buona giornata
Domenica 26 gennaio 2025, III° del Tempo Ordinario
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Dal Vangelo secondo Luca Lc 1,1-4;4,14-21
Oggi si è compiuta questa Scrittura.
Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e
divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teofilo, in modo che
tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nazareth, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove
era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi
avete ascoltato».
Parola del Signore.
Senza esagerare possiamo affermare che oggi le chiacchiere degli uomini pervadono l’universo. Quando l’umanità godeva di un migliore silenzio la voce di Dio, trasmessa per mezzo dei profeti, trovava una migliore accoglienza e sortiva i suoi benefici effetti. Quando un intero popolo si accorge di aver smarrito e disatteso per lungo tempo il libro della legge prorompe in un pianto di pentimento e poi compresa la lettura del sacerdote Esdra, esplode la gioia del Signore che diventa la sua forza. Anche Gesù entrato nella sinagoga, legge nel rotolo del profeta Isaia: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e proclamare l’anno di grazia del Signore». Egli applica a sé quell’annunzio profetico. Diventa il testimone vivente della fedeltà di Dio. Rivela la sua missione intesa come adempimento di promesse antiche. È un annuncio solenne dell’avvento dei tempi messianici. È anche indirettamente l’esplicita rivelazione della sua natura divina, del mandato ricevuto dal Padre, della sua unzione sacerdotale, regale e profetica, della sua consacrazione ed infine del suo compito di redentore. Egli viene a proclamare la liberazione totale dei prigionieri dai vincoli del peccato e della morte, viene per ridare la vista ai ciechi, per annunziare il tempo della grazia e della riconciliazione. Così Gesù diventa maestro per tutti noi che vogliamo leggere la Parola di Dio in modo veramente sapienziale. C’è una attualizzazione continua di quella Parola, che sgorga dalla stessa eternità di Dio e si cala nel nostro tempo senza perdere il valore della perennità. Ci fa comprendere che quella parola è sempre viva ed attuale, conserva integra la forza che da Dio stesso proviene e come tale va accolta. Si attua in ciascuno di noi quando la incarniamo nella nostra vita. Potremmo anche noi costatare che quella parola si adempie in noi quando è vissuta nella fedeltà. Diventa la lampada ai nostri passi, luce sul nostro cammino, nutrimento di verità per tutta la nostra esistenza. Uno dei doni grandi del Concilio Vaticano II è stata proprio la riscoperta della Parola di Dio come motivo di unione a Dio, come riscoperta delle verità ultime. Buona Domenica
Sabato 25 gennaio 2025, Conversione di San Paolo
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 16,15-18
Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.
In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro:
«Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato.
Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà
loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Parola del Signore.
Gesù aveva iniziato la sua predicazione con un messaggio semplice, essenziale: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo». Egli parlava del tempo “compiuto”, dalla realizzazione cioè delle promesse antiche con la sua venuta tra noi, parlava dell’avvento del Regno, ormai prossimo a stabilirsi definitivamente nel mondo, parlava di fede ed infine esortava tutti alla conversione. Oggi festeggiamo proprio una grande conversione, quella di Paolo di Tarso. Da persecutore di Cristo, folgorato dalla grazia sulla via di Damasco, diventa l’apostolo delle genti. Una conversione, quella di Paolo, che egli stesso racconta con accenti di commozione e di gratitudine e che ha segnato come una corsia preferenziale, sulla quale si sono immessi dopo di lui, una schiera innumerevole di persone che, come lui, con esperienze di vita, prima lontane da Dio e talvolta nemici dichiarati di Lui, hanno poi ritrovato la strada del ritorno. La conversione è un rinnegamento degli errori passiti, una inversione di rotta rispetto ai percorsi del male, un sincero pentimento degli errori commessi e il conseguente innamoramento di un bene nuovo, vero, autentico. Coinvolge l’uomo in tutta la sua esistenza, ma è sempre frutto della grazia divina: è Dio che agisce. Spesso il Signore dopo la chiamata, sollecita ad un impegno e ad una missione speciale. Anche Paolo, come gli altri apostoli, sentirà imperioso il comando del Signore ad andare in tutto il mondo a predicare il vangelo ad ogni creatura. Egli diventerà, insieme a Pietro, la colonna portante dell’edificio della Chiesa. Coronerà la sua missione, dopo fatiche e persecuzioni di ogni genere, con la palma del martirio. Come fedeli in Cristo e convertiti dal paganesimo, dobbiamo immensa gratitudine a questo Apostolo: lui per primo ci ha annunciato la vera fede e con i suoi scritti a reso perenne quell’annuncio. La conversione, in quanto costante ed indefessa tensione a Dio, è dovere di ogni cristiano ed è un impegno che non dobbiamo mai smettere. Buona giornata
Venerdì 24 gennaio 2025
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 3,13-19
Chiamò a sé quelli che voleva perché stessero con lui.
In quel tempo, Gesù salì sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli –, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il
potere di scacciare i demòni.
Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanerghes, cioè “figli del tuono”;
e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì.
Parola del Signore.
L’autore della Lettera agli Ebrei continua il suo trattato sul sacerdozio di Cristo. Parla della novità della mediazione sacerdotale di Gesù. Essa si colloca nel contesto della nuova alleanza, quella preannunciata da Geremia al tempo della crisi dell’esilio. Due sono i punti sui quali fa leva il testo profetico riferito dall’autore della lettera come chiave di lettura della mediazione di Gesù: l’interiorità della legge e il perdono dei peccati. Non basta proclamare all’esterno la volontà di Dio. È l’intimo, il cuore che deve essere modificato. D’altra parte questo non può avvenire senza togliere l’ostacolo alla relazione vitale con Dio: il peccato. Nella missione di Gesù, culminante nella sua autodonazione, nella morte, si realizzano le condizioni della nuova alleanza sognata da Geremia. Infatti, la morte di Gesù è la massima espressione dell’amore, sintesi della volontà di Dio. Egli affronta il suo dramma finale con la fedeltà di Figlio e nella solidarietà radicale con gli uomini fratelli. In tal modo viene tolta la radice del peccato, che è ribellione a Dio e incapacità di rapporti di amore tra gli uomini. Il peccato intorpidisce il nostro cuore, annebbia l’intelligenza fino a non sapere chi siamo veramente. Ma in Gesù sperimentiamo il perdono gratuito di Dio. Ora, che Dio mostra il suo volto amorevole, nonostante i nostri peccati, sappiamo chi siamo noi, osserviamo senza paura il nostro volto. Vogliamo vivere con la generosità con cui Dio ci perdona. Buona giornata
Giovedì 23 gennaio 2025
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 3,7-12
Gli spiriti impuri gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse.
In quel tempo, Gesù, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e
Sidòne, una grande folla, sentendo quanto faceva, andò da lui.
Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano
su di lui per toccarlo.
Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse.
Parola del Signore.
L’originalità del sacerdozio di Cristo è radicata nella sua persona: è santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli; e si manifesta nell’efficacia della sua mediazione salvifica: non ha bisogno di offrire sacrifici per i propri peccati e ha offerto sé stesso per noi una volta per sempre nella sua morte ed ora, trasfigurato nella sua umanità, vive presso Dio. Perciò è in grado di intercedere per noi, suoi fratelli. A questo punto si innesta la parte centrale della mediazione sul modo di attuazione del sacerdozio di Gesù. Esso si svolge come mediazione di salvezza universale e piena nel santuario celeste, quello della sua umanità gloriosa. Il tempio o la tenda con la relativa liturgia terrena del popolo ebraico erano solo un’anticipazione profetica di questa nuova e definitiva liturgia celeste, attuata da Gesù, sacerdote per eccellenza. Gesù ha vissuto per fare la volontà di Dio: morire a ciò che è disumano e far crescere l’umanità in noi come Dio l’ha creata. Diventare uomini comporta questo morire, opponendosi a ciò che è disumano. Dio non chiede di rinunciare ad essere uomini, ma di esserlo veramente, vivendo come Gesù, uomo perfetto. Buona giornata.
Mercoledì 22 gennaio 2025
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 3,1-6
È lecito in giorno di sabato salvare una vita o ucciderla?
In quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo.
Egli disse all'uomo che aveva la mano paralizzata: «Alzati, vieni qui in mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o
ucciderla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt'intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all'uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu
guarita.
E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.
Parola del Signore.
Più volte nel corso della lettera agli Ebrei si parla di Gesù sacerdote secondo l’ordine o alla maniera di Melchìsedek. Questi è l’unico personaggio biblico conosciuto come sacerdote, pur non essendo della famiglia sacerdotale di Aronne. Melchìsedek, secondo il racconto della Genesi, re di Gerusalemme, si fa incontro ad Abramo e lo benedice. Nel salmo il re ideale, discendente di Davide a Gerusalemme, è proclamato da Dio “sacerdote al modo di Melchìsedek”. L’autore della nostra lettera applica questo titolo a Gesù perché egli è il Cristo, cioè il Messia discendente di Davide. Chi è Gesù per noi? Balbettiamo una risposta con parole antiche e nuove. Egli è il Signore potente, il sacerdote mediatore tra noi e Dio, il re della giustizia e della pace. Che cosa vuole veramente Dio? È la domanda che pone Gesù a quelli che lo stanno osservando nella sinagoga, nel giorno di riposo, davanti ad un uomo handicappato che può essere guarito in giorno di sabato. Gesù non ha esitazioni. La legge del riposo sacro è subordinata al criterio etico fondamentale: fare il bene vuol dire difendere e promuovere la vita. Gesù fa la sua scelta a favore dell’essere umano anche a rischio della sua stessa vita. Tutta la logica che guida l’azione storica di Gesù, modello per i credenti, è racchiusa in questo piccolo brano evangelico di Marco. Buona giornata
Martedì 21 gennaio 2025, Memoria di Sant'Agnese, Vergine e Martire
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 2,23-28
Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato!
In quel tempo, di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe.
I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e
i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatar, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell'offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi
compagni!».
E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato».
Parola del Signore.
Nella Lettera agli Ebrei si alternano le esortazioni pratiche con le riflessioni spirituali. Nella prima parte del brano proposto per la lettura liturgica emerge l’invito alla perseveranza attiva, che si sostanzia di lavoro, carità e servizio resi ai fratelli. La seconda sezione indica le ragioni profonde della speranza cristiana: la fedeltà di Dio. Questa appare in modo palese nella storia di Abramo, al quale Dio ha promesso un futuro di benedizione e lo ha confermato con un giuramento. Ora quest’impegno irreversibile di Dio è diventato definitivo nella vicenda di Gesù. Egli infatti come sommo sacerdote costituito da Dio è penetrato nel cielo, il mondo di Dio, come precursore della nostra salvezza. Il racconto delle meraviglie compiute da Dio per Israele ci assicura che Dio è fedele agli uomini che credono nella giustizia. Dio è pietà e tenerezza. Egli ci dona il cibo in abbondanza: non abbandona chi ha fame e sete di giustizia, come non ha abbandonato Gesù sulla croce. Questa certezza intima ci sostiene in ogni momento. Gesù si appella alla tradizione biblica dove si prevede la sospensione di una norma disciplinare o religiosa in caso di necessità. Dunque, conclude Gesù, l’intenzione ultima della legge divina è il bene degli esseri umani. Egli quindi nella sua missione storica, come Figlio dell’uomo, propone in modo autorevole l’interpretazione autentica del riposo. Buona giornata
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Sant’Agnese, Vergine e Martire
“Pura”, “casta”. Significa questo in greco il nome Agnese. Per gli storici è dunque più che altro un soprannome quello che identifica una delle martiri più venerate della Chiesa. Siamo nel 304, nel vortice di ferocia anticristiana innescato dall’imperatore Diocleziano (anche se qualche studioso colloca l’avvenimento durante la persecuzione di Valeriano anteriore di 40 anni). Di Agnese non si conosce nulla tranne la sua passione, le cui notizie, non sempre univoche, sono disseminate in vari documenti posteriori al martirio.
L’odio e la grazia
La tradizione racconta di un amore non corrisposto, quello del figlio del Prefetto di Roma per Agnese che, appena tredicenne, non intende legarsi al nobile. La giovane ha fatto voto di castità a Cristo e quando il Prefetto viene a saperlo scatta la rappresaglia: Agnese dovrà entrare nella cerchia delle vestali che rendono culto alla dea protettrice di Roma. La ragazza rifiuta e la vendetta si fa più crudele, passando dal tempio al postribolo, con l’esposizione della giovane tra le prostitute a Piazza Navona. I racconti agiografici dicono come Agnese, in virtù di una protezione superiore, riesca anche in quella situazione a custodire la propria illibatezza.
Come un agnello
L’odio contro di lei aumenta in una spirale crescente. La ragazza è condannata al rogo, ma le fiamme nemmeno riescono a sfiorarla e allora è un colpo di spada alla gola a spezzare la sua vita. L’iconografia rappresenta Agnese sempre con un agnello accanto perché la sua è la stessa sorte allora riservata ai piccoli ovini. E ogni 21 gennaio, festa liturgica della Santa, viene benedetta una coppia di agnelli allevati dalle suore della Sacra Famiglia di Nazareth. Con la loro lana, le suore confezionano i sacri palli che il Papa impone ai nuovi arcivescovi metropoliti il 29 giugno di ogni anno.
Virtù superiore alla natura
Le spoglie di Sant’Agnese sono custodite in un’urna d’argento commissionata da Paolo V, posta all’interno dell’omonima Basilica sulla Via Nomentana, fatta erigere dalla principessa Costantina, figlia dell'imperatore Costantino I, sulle catacombe nelle quali fu sepolto il corpo della giovane. Scrisse di lei Sant’Ambrogio: “La sua consacrazione è superiore all’età, la sua virtù superiore alla natura: così che il suo nome mi sembra non esserle venuto da scelta umana, ma essere predizione del martirio, un annunzio di ciò ch'ella doveva essere”.
Lunedì 20 gennaio 2025
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 2,18-22
Lo sposo è con loro.
In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi
discepoli non digiunano?».
Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà
loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno.
Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri
vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».
Parola del Signore.
Gesù come ogni sacerdote è costituito tale per iniziativa di Dio. Egli infatti è sacerdote in quanto "Figlio" e "messia" o re, proclamato dalla parola di Dio. In secondo luogo Gesù, a differenza dei sacerdoti umani, peccatori e limitati, non ha bisogno di offrire sacrifici per sé stesso. Anzi Gesù non presenta a Dio cose, né compie riti simbolici, ma offre sé stesso a Dio in una relazione di fedeltà filiale, attuata nella condizione estrema: la sofferenza della morte. Ogni essere umano, sfidato dalla sofferenza e dalla morte, è chiamato a vivere questa liturgia della vita. Gesù è il segno benevolo di Dio per noi. Egli è anche l'uomo che si schiera dalla parte di Dio, a costo della sua vita. È il segno supremo della fedeltà di noi uomini a Dio. Egli è il grande sacerdote che presenta al Padre il dono della sua e della nostra vita. Gesù con la sua missione storica inaugura l'epoca messianica, tempo di gioia e di esultanza spirituale. Egli però sarà riconosciuto messia solo attraverso il dramma della sua morte violenta. Allora la comunità dei discepoli, dopo la Pasqua, ricorderà la separazione dolorosa dal suo Signore, lo sposo, con la pratica del digiuno. L'annuncio gioioso fatto da Gesù: il regno di Dio si è fatto vicino; come la fede nella sua resurrezione da morte costituisce il fatto nuovo che non può essere racchiuso nei vecchi schemi della religiosità rituale e legalista. In tale prospettiva anche le pratiche religiose tradizionali devono essere ripensate e vissute nello spirito della gioia e speranza evangelica. Buona giornata
Domenica 19 gennaio 2025, II° del Tempo Ordinario
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Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 2,1-11
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù.
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa
vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino
all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli
disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Parola del Signore.
Questo vangelo è commuovente quando lo si considera come un semplice episodio della vita pubblica di Gesù, un intervento di bontà e di potenza per togliere dall’imbarazzo delle persone che non erano state capaci di prevedere bene tutto. «Non hanno più vino»: Gesù, che sua madre Maria ha messo al corrente, interviene con un dono sovrabbondante. Dobbiamo capire però, come ci dice bene san Giovanni, che questo episodio ci presenta un segno, anzi, l’inizio stesso dei segni, non si tratta cioè di un semplice fatterello, felice racconto, ma della rivelazione del piano divino, del progetto di Dio. Dal racconto di Cana si può dire quello che scrive san Paolo dell’unione dell’uomo e della donna: «Questo mistero è grande, lo dico in rapporto a Cristo e alla Chiesa». L’episodio di Cana è grande perché è il segno del mistero di Gesù e della Chiesa, ci dice che l’intenzione divina è sempre una intenzione d’amore. Gesù è venuto fra noi per trasmetterci l’amore, per suscitare l’amore. È venuto a stabilire la sua alleanza tra e con noi. E l’episodio di Cana annuncia in modo misterioso questa nuova alleanza. Gesù celebrerà le vere nozze tra Dio e l’umanità, darà il vino necessario perché la festa nuziale non sia interrotta, ma arrivi al compimento. E questo vino non sarà semplicemente l’acqua mutata in vino, sarà la trasformazione della natura umana di Gesù. Egli verserà il suo sangue come vino delle nozze, cioè giungerà all’estremo dell’amore accettando una morte violenta e trasformandola in mezzo di unione definitiva tra lui e gli uomini, tra gli uomini e Dio. Il mistero di Cana, inizio dei segni, deve, come è stato per i discepoli, stimolarci a credere pienamente in Gesù e, nello stesso tempo, deve darci una fiducia filiale in Maria, sua e nostra madre, che ci guida, ci incoraggia, ci aiuta potentemente. Buona Domenica
Sabato 18 gennaio 2025
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 2,13-17
Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori.
In quel tempo, Gesù uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse:
«Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. Allora gli scribi dei farisei,
vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».
Parola del Signore.
L’evangelista Luca, con il suo linguaggio pittorico, semplice, essenziale, pone oggi sotto i nostri occhi una scena viva e significativa: Levi, seduto al banco, intento al suo lavoro di chiedere, riscuotere e magari estorcere, le imposte ai passanti. Un mestiere ingrato e che forse produce ricchezza, ma che genera sempre tante antipatie, come tutti quelli, che per ragioni diverse, hanno il compito di esigere tasse, multe, dazi e denaro dagli altri. Chi ci tocca il portafoglio, a torto o a ragione, non ci è mai simpatico. Proprio questo personaggio, con questo mestiere, con queste credenziali, non tra le migliori, suscita invece l’interesse e la simpatia di Gesù. Gli dice semplicemente: «Seguimi!». Egli evidentemente, quando assume il suo ruolo di Salvatore dell’uomo, stravolge le nostre stime e i nostri giudizi: egli comincia dagli ultimi, dai più lontani, dai più bisognosi. Si rivolge in modo preferenziale a coloro che, pur immersi nel male o invischiati nelle cose del mondo, o sedotti dal dio denaro, anelano a qualcosa di diverso e di migliore, anche se non sono ancora in grado di vedere da dove, da che cosa, da chi potranno ricevere quanto desiderano. Quell’anelito è l’embrione della fede, che il Signore Gesù sapientemente riesce a far crescere. Così fa con Levi, così fa ancora con tanti del nostro tempo. Sfida poi i suoi nemici, ipercritici e puritani, andando a mensa a casa di Levi, ritenuto da tutti un pubblicano e un peccatore. È in quella famosa cena che Gesù proferirà una delle sue affermazioni più solenni e scultoree, dicendo ai convitati di allora, ma a tutti noi: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori». Questa verità è destinata a restare immutabile nei secoli: è una delle prerogative principali del Cristo e dei suoi ministri. Dovrebbe essere una dote sempre viva ed attuale della sua chiesa e una ferma ed irremovibile convinzione di ogni cristiano, di ognuno di noi. Buona giornata
Venerdì 17 gennaio 2025, Memoria di Sant'Antonio, Abate
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 2,1-12
Il Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra.
Gesù entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non
vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.
Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta
un'apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».
Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così
pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico "Ti sono perdonati i peccati", oppure dire "Alzati, prendi la tua barella e
cammina"? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te - disse al paralitico -: alzati, prendi la tua barella e va' a casa tua».
Quello si alzò e subito prese la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».
Parola del Signore.
Fa parte della missione della Chiesa e di ogni cristiano farsi portatore delle proprie e altrui infermità. Tale dovere deriva dalla esperienza che felicemente ci è toccata, quando Cristo, il Figlio di Dio, si è caricato, Lui per primo, dei nostri peccati, pagando il nostro debito a prezzo della vita. Se ci muoviamo a cuore aperto, c’è sempre sulla nostra strada qualcuno malconcio che implora il nostro aiuto. Noi stessi potremmo aver bisogno di un buon samaritano che si prenda cura selle nostre ferite o ci conduca dove e da chi poter recuperare la salute. Questo dovere e questa missione sembrerebbe sia in crisi ai nostri giorni, visto il comportamento di certi pirati della strada e non solo loro. Capita troppo spesso di fare del male agli altri e poi abbandonarli stremati a sé stessi. La carità, quando è vera e disinteressata, costa sacrificio: i quattro del vangelo di oggi debbono superare non poche difficoltà per calare dal tetto il povero paralitico. La loro fiduciosa ed ardita impresa viene però abbondantemente premiata: «Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: «Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati». È quindi la fede dei portatori che ottiene prima il perdono dei peccati e poi la guarigione al paralitico dal suo male fisico. Gesù ribadisce così alcune importanti verità: la paralisi dello spirito è più grave di quello che immobilizza il corpo. Egli è il figlio di Dio e ha il potere non solo di guarire, ma anche di rimettere i peccati, che ne dicano gli scribi. La finale dell’episodio risuona come un inno di lode e di ringraziamento: «tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: “Non abbiamo mai visto nulla di simile!” Buona giornata
Giovedì 16 gennaio 2025
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 1,40-45
La lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii
purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va', invece, a
mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da
ogni parte.
Parola del Signore.
Sperare oltre ogni speranza. È un
sentimento umano che sgorga solo quando siamo animati da una fede in qualcuno o in qualcosa che supera le ordinarie possibilità. Ci fa vivere il futuro carichi di attese. La speranza del povero
lebbroso, prostrato ai piedi di Gesù, in atteggiamento di supplica, è davvero ben riposta. Non sappiamo se egli abbia udito dal Maestro la solenne affermazione con la quale si proclamava medico e
portatore di misericordia: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori», sicuramente però, in qualche modo, è sgorgata in lui
la fede, la speranza e la certezza di potersi accostare a Gesù senza incorrere in un rifiuto e in un allontanamento per la sua lebbra, malattia, considerata da tutti, immonda. Gesù infatti lo
accoglie, lo tocca e lo
guarisce. Ancora una volta intervengono le sue mani monde a curare l’umana miseria. Gli impone il silenzio, «Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a
divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte». Capita di non poter tacere la
gioia di una vita recuperata. È più che perdonabile la disobbedienza del lebbroso guarito: si sente rinato e deve dire a tutti chi è stato l’autore della sua prodigiosa rinascita. Dovremmo anche
noi essere i cantori della bontà e della misericordia divina, ogni volta che siamo liberati dalla lebbra del nostro peccato. Dopo ogni nostra confessione ben fatta. Buona giornata
Mercoledì 15 gennaio 2025
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Dal Vangelo secondo Marco Mc 1,29-39
Guarì molti che erano affetti da varie malattie.
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, andò subito nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di
lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò
molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui, si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli
dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.
Parola del Signore.
Gesù passava spesso le notti in preghiera. Le sue giornate erano spese in lunghi viaggi, con soste nei villaggi e nelle città dove si radunavano grandi folle, desiderose di ascoltarlo e dove incontrava l’umanità più povera e bisognosa delle sue guarigioni fisiche e spirituali. Nel vangelo di oggi, dopo l’episodio dell’indemoniato, l’evangelista Marco ci narra di Gesù che entra nella casa di Simone, che era quasi accorpata alla sinagoga. Il primo atto di Gesù è ancora una guarigione: ad essere risanata è la suocera di Pietro. Gesù si accosta, la prende per mano, la solleva e la guarisce all’istante. Bello e significativo questo gesto del Signore di prendere per mano e sollevare. Quante volte con accenti diversi abbiamo desiderato e gli abbiamo chiesto la stessa cosa per noi. È sera, ma la giornata di Gesù non è ancora terminata: «dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demoni». Così egli adempie alla sua missione, così si manifesta al mondo: Gesù è colui che guarisce e che salva, colui che si cala dentro la nostra storia per redimerla. Questa città riunita dinanzi alla porta della Casa di Pietro ci fa pensare a quella parte di umanità, che pur non essendo dentro la chiesa, da essa si attende gesti concreti di salvezza, per la potenza del suo fondatore, Cristo Gesù. Anche ai nostri giorni molti rimangono ai margini della nostra chiesa, magari la contestano per le sue umane debolezze, ma non smettono di sperare un aiuto, un soccorso, un orientamento dal vangelo, da Cristo stesso, dai suoi testimoni, da ciascuno di noi. Buona giornata
Martedì 14 gennaio 2025
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Dal Vangelo secondo Marco
Mc 1,21b-28
Gesù insegnava come uno che ha autorità.
In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafarnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo
insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di
Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!».
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.
Parola del Signore.
L’insegnamento di Gesù non solo è vero, ma Lui è la Verità; s’identifica cioè con la perfezione della sua stessa persona umano-divina. Se ne accorgono in qualche modo gli ascoltatori, i quali rimangono stupiti del suo insegnamento, che viene dato appunto con autorità. Non possono non notare la differenza con quello degli scribi e dei farisei, dai quali lo stesso Gesù mette in guardia i suoi seguaci, affermando: «Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno». Se ne accorge anche un indemoniato, un povero uomo invasato da uno spirito immondo, che grida il suo sdegno contro Gesù, ma che non può fare a meno di dichiararne la divinità. Il Signore non accetta quella testimonianza, non vuole che si creda in lui per un’affermazione di satana, definito il menzognero; la fede autentica non può e non deve sgorgare dal demonio anche se, suo malgrado, è costretto talvolta a dire la verità su Cristo. Impone quindi il silenzio al demonio e lo scaccia da quell’uomo. Egli chiederà ai suoi: «anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre». Quindi è dall’essere del Cristo che emana l’autorità e la verità: egli è Dio e per la volontà del Padre si è incarnato e quello che dice e fa tutto è orientato all’adempimento della sua volontà santissima: «le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza». Noi diamo autorità a Cristo quando il nostro ascolto è docile e accogliamo il seme della sua parola in un terreno buono e fecondo. La nostra testimonianza diventa efficace quando viviamo in coerenza di quella parola. Buona giornata