DIARIO DI DON GIANCARLO
Lunedì 20 gennaio 2025
Dal Vangelo secondo Marco Mc 2,18-22
Lo sposo è con loro.
In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi
discepoli non digiunano?».
Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà
loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno.
Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri
vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».
Parola del Signore.
Gesù come ogni sacerdote è costituito tale per iniziativa di Dio. Egli infatti è sacerdote in quanto "Figlio" e "messia" o re, proclamato dalla parola di Dio. In secondo luogo Gesù, a differenza dei sacerdoti umani, peccatori e limitati, non ha bisogno di offrire sacrifici per sé stesso. Anzi Gesù non presenta a Dio cose, né compie riti simbolici, ma offre sé stesso a Dio in una relazione di fedeltà filiale, attuata nella condizione estrema: la sofferenza della morte. Ogni essere umano, sfidato dalla sofferenza e dalla morte, è chiamato a vivere questa liturgia della vita. Gesù è il segno benevolo di Dio per noi. Egli è anche l'uomo che si schiera dalla parte di Dio, a costo della sua vita. È il segno supremo della fedeltà di noi uomini a Dio. Egli è il grande sacerdote che presenta al Padre il dono della sua e della nostra vita. Gesù con la sua missione storica inaugura l'epoca messianica, tempo di gioia e di esultanza spirituale. Egli però sarà riconosciuto messia solo attraverso il dramma della sua morte violenta. Allora la comunità dei discepoli, dopo la Pasqua, ricorderà la separazione dolorosa dal suo Signore, lo sposo, con la pratica del digiuno. L'annuncio gioioso fatto da Gesù: il regno di Dio si è fatto vicino; come la fede nella sua resurrezione da morte costituisce il fatto nuovo che non può essere racchiuso nei vecchi schemi della religiosità rituale e legalista. In tale prospettiva anche le pratiche religiose tradizionali devono essere ripensate e vissute nello spirito della gioia e speranza evangelica. Buona giornata
Domenica 19 gennaio 2025, II° del Tempo Ordinario
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 2,1-11
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù.
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa
vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino
all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli
disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Parola del Signore.
Questo vangelo è commuovente quando lo si considera come un semplice episodio della vita pubblica di Gesù, un intervento di bontà e di potenza per togliere dall’imbarazzo delle persone che non erano state capaci di prevedere bene tutto. «Non hanno più vino»: Gesù, che sua madre Maria ha messo al corrente, interviene con un dono sovrabbondante. Dobbiamo capire però, come ci dice bene san Giovanni, che questo episodio ci presenta un segno, anzi, l’inizio stesso dei segni, non si tratta cioè di un semplice fatterello, felice racconto, ma della rivelazione del piano divino, del progetto di Dio. Dal racconto di Cana si può dire quello che scrive san Paolo dell’unione dell’uomo e della donna: «Questo mistero è grande, lo dico in rapporto a Cristo e alla Chiesa». L’episodio di Cana è grande perché è il segno del mistero di Gesù e della Chiesa, ci dice che l’intenzione divina è sempre una intenzione d’amore. Gesù è venuto fra noi per trasmetterci l’amore, per suscitare l’amore. È venuto a stabilire la sua alleanza tra e con noi. E l’episodio di Cana annuncia in modo misterioso questa nuova alleanza. Gesù celebrerà le vere nozze tra Dio e l’umanità, darà il vino necessario perché la festa nuziale non sia interrotta, ma arrivi al compimento. E questo vino non sarà semplicemente l’acqua mutata in vino, sarà la trasformazione della natura umana di Gesù. Egli verserà il suo sangue come vino delle nozze, cioè giungerà all’estremo dell’amore accettando una morte violenta e trasformandola in mezzo di unione definitiva tra lui e gli uomini, tra gli uomini e Dio. Il mistero di Cana, inizio dei segni, deve, come è stato per i discepoli, stimolarci a credere pienamente in Gesù e, nello stesso tempo, deve darci una fiducia filiale in Maria, sua e nostra madre, che ci guida, ci incoraggia, ci aiuta potentemente. Buona Domenica
Sabato 18 gennaio 2025
Dal Vangelo secondo Marco Mc 2,13-17
Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori.
In quel tempo, Gesù uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse:
«Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. Allora gli scribi dei farisei,
vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».
Parola del Signore.
L’evangelista Luca, con il suo linguaggio pittorico, semplice, essenziale, pone oggi sotto i nostri occhi una scena viva e significativa: Levi, seduto al banco, intento al suo lavoro di chiedere, riscuotere e magari estorcere, le imposte ai passanti. Un mestiere ingrato e che forse produce ricchezza, ma che genera sempre tante antipatie, come tutti quelli, che per ragioni diverse, hanno il compito di esigere tasse, multe, dazi e denaro dagli altri. Chi ci tocca il portafoglio, a torto o a ragione, non ci è mai simpatico. Proprio questo personaggio, con questo mestiere, con queste credenziali, non tra le migliori, suscita invece l’interesse e la simpatia di Gesù. Gli dice semplicemente: «Seguimi!». Egli evidentemente, quando assume il suo ruolo di Salvatore dell’uomo, stravolge le nostre stime e i nostri giudizi: egli comincia dagli ultimi, dai più lontani, dai più bisognosi. Si rivolge in modo preferenziale a coloro che, pur immersi nel male o invischiati nelle cose del mondo, o sedotti dal dio denaro, anelano a qualcosa di diverso e di migliore, anche se non sono ancora in grado di vedere da dove, da che cosa, da chi potranno ricevere quanto desiderano. Quell’anelito è l’embrione della fede, che il Signore Gesù sapientemente riesce a far crescere. Così fa con Levi, così fa ancora con tanti del nostro tempo. Sfida poi i suoi nemici, ipercritici e puritani, andando a mensa a casa di Levi, ritenuto da tutti un pubblicano e un peccatore. È in quella famosa cena che Gesù proferirà una delle sue affermazioni più solenni e scultoree, dicendo ai convitati di allora, ma a tutti noi: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori». Questa verità è destinata a restare immutabile nei secoli: è una delle prerogative principali del Cristo e dei suoi ministri. Dovrebbe essere una dote sempre viva ed attuale della sua chiesa e una ferma ed irremovibile convinzione di ogni cristiano, di ognuno di noi. Buona giornata
Venerdì 17 gennaio 2025, Memoria di Sant'Antonio, Abate
Dal Vangelo secondo Marco Mc 2,1-12
Il Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra.
Gesù entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non
vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.
Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta
un'apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».
Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così
pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico "Ti sono perdonati i peccati", oppure dire "Alzati, prendi la tua barella e
cammina"? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te - disse al paralitico -: alzati, prendi la tua barella e va' a casa tua».
Quello si alzò e subito prese la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».
Parola del Signore.
Fa parte della missione della Chiesa e di ogni cristiano farsi portatore delle proprie e altrui infermità. Tale dovere deriva dalla esperienza che felicemente ci è toccata, quando Cristo, il Figlio di Dio, si è caricato, Lui per primo, dei nostri peccati, pagando il nostro debito a prezzo della vita. Se ci muoviamo a cuore aperto, c’è sempre sulla nostra strada qualcuno malconcio che implora il nostro aiuto. Noi stessi potremmo aver bisogno di un buon samaritano che si prenda cura selle nostre ferite o ci conduca dove e da chi poter recuperare la salute. Questo dovere e questa missione sembrerebbe sia in crisi ai nostri giorni, visto il comportamento di certi pirati della strada e non solo loro. Capita troppo spesso di fare del male agli altri e poi abbandonarli stremati a sé stessi. La carità, quando è vera e disinteressata, costa sacrificio: i quattro del vangelo di oggi debbono superare non poche difficoltà per calare dal tetto il povero paralitico. La loro fiduciosa ed ardita impresa viene però abbondantemente premiata: «Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: «Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati». È quindi la fede dei portatori che ottiene prima il perdono dei peccati e poi la guarigione al paralitico dal suo male fisico. Gesù ribadisce così alcune importanti verità: la paralisi dello spirito è più grave di quello che immobilizza il corpo. Egli è il figlio di Dio e ha il potere non solo di guarire, ma anche di rimettere i peccati, che ne dicano gli scribi. La finale dell’episodio risuona come un inno di lode e di ringraziamento: «tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: “Non abbiamo mai visto nulla di simile!” Buona giornata
Giovedì 16 gennaio 2025
Dal Vangelo secondo Marco Mc 1,40-45
La lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii
purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va', invece, a
mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da
ogni parte.
Parola del Signore.
Sperare oltre ogni speranza. È un
sentimento umano che sgorga solo quando siamo animati da una fede in qualcuno o in qualcosa che supera le ordinarie possibilità. Ci fa vivere il futuro carichi di attese. La speranza del povero
lebbroso, prostrato ai piedi di Gesù, in atteggiamento di supplica, è davvero ben riposta. Non sappiamo se egli abbia udito dal Maestro la solenne affermazione con la quale si proclamava medico e
portatore di misericordia: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori», sicuramente però, in qualche modo, è sgorgata in lui
la fede, la speranza e la certezza di potersi accostare a Gesù senza incorrere in un rifiuto e in un allontanamento per la sua lebbra, malattia, considerata da tutti, immonda. Gesù infatti lo
accoglie, lo tocca e lo
guarisce. Ancora una volta intervengono le sue mani monde a curare l’umana miseria. Gli impone il silenzio, «Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a
divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte». Capita di non poter tacere la
gioia di una vita recuperata. È più che perdonabile la disobbedienza del lebbroso guarito: si sente rinato e deve dire a tutti chi è stato l’autore della sua prodigiosa rinascita. Dovremmo anche
noi essere i cantori della bontà e della misericordia divina, ogni volta che siamo liberati dalla lebbra del nostro peccato. Dopo ogni nostra confessione ben fatta. Buona giornata
Mercoledì 15 gennaio 2025
Dal Vangelo secondo Marco Mc 1,29-39
Guarì molti che erano affetti da varie malattie.
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, andò subito nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di
lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò
molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui, si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli
dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.
Parola del Signore.
Gesù passava spesso le notti in preghiera. Le sue giornate erano spese in lunghi viaggi, con soste nei villaggi e nelle città dove si radunavano grandi folle, desiderose di ascoltarlo e dove incontrava l’umanità più povera e bisognosa delle sue guarigioni fisiche e spirituali. Nel vangelo di oggi, dopo l’episodio dell’indemoniato, l’evangelista Marco ci narra di Gesù che entra nella casa di Simone, che era quasi accorpata alla sinagoga. Il primo atto di Gesù è ancora una guarigione: ad essere risanata è la suocera di Pietro. Gesù si accosta, la prende per mano, la solleva e la guarisce all’istante. Bello e significativo questo gesto del Signore di prendere per mano e sollevare. Quante volte con accenti diversi abbiamo desiderato e gli abbiamo chiesto la stessa cosa per noi. È sera, ma la giornata di Gesù non è ancora terminata: «dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demoni». Così egli adempie alla sua missione, così si manifesta al mondo: Gesù è colui che guarisce e che salva, colui che si cala dentro la nostra storia per redimerla. Questa città riunita dinanzi alla porta della Casa di Pietro ci fa pensare a quella parte di umanità, che pur non essendo dentro la chiesa, da essa si attende gesti concreti di salvezza, per la potenza del suo fondatore, Cristo Gesù. Anche ai nostri giorni molti rimangono ai margini della nostra chiesa, magari la contestano per le sue umane debolezze, ma non smettono di sperare un aiuto, un soccorso, un orientamento dal vangelo, da Cristo stesso, dai suoi testimoni, da ciascuno di noi. Buona giornata
Martedì 14 gennaio 2025
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 1,21b-28
Gesù insegnava come uno che ha autorità.
In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafarnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo
insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di
Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!».
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.
Parola del Signore.
L’insegnamento di Gesù non solo è vero, ma Lui è la Verità; s’identifica cioè con la perfezione della sua stessa persona umano-divina. Se ne accorgono in qualche modo gli ascoltatori, i quali rimangono stupiti del suo insegnamento, che viene dato appunto con autorità. Non possono non notare la differenza con quello degli scribi e dei farisei, dai quali lo stesso Gesù mette in guardia i suoi seguaci, affermando: «Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno». Se ne accorge anche un indemoniato, un povero uomo invasato da uno spirito immondo, che grida il suo sdegno contro Gesù, ma che non può fare a meno di dichiararne la divinità. Il Signore non accetta quella testimonianza, non vuole che si creda in lui per un’affermazione di satana, definito il menzognero; la fede autentica non può e non deve sgorgare dal demonio anche se, suo malgrado, è costretto talvolta a dire la verità su Cristo. Impone quindi il silenzio al demonio e lo scaccia da quell’uomo. Egli chiederà ai suoi: «anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre». Quindi è dall’essere del Cristo che emana l’autorità e la verità: egli è Dio e per la volontà del Padre si è incarnato e quello che dice e fa tutto è orientato all’adempimento della sua volontà santissima: «le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza». Noi diamo autorità a Cristo quando il nostro ascolto è docile e accogliamo il seme della sua parola in un terreno buono e fecondo. La nostra testimonianza diventa efficace quando viviamo in coerenza di quella parola. Buona giornata
Lunedì 13 gennaio 2025
Dal Vangelo secondo Marco Mc 1,14-20
Convertitevi e credete nel Vangelo.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare
pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch'essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo
nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.
Parola del Signore.
Inizia oggi il cosiddetto tempo «ordinario» prima della Quaresima. L'aggettivo «ordinario» potrebbe indurci in errore se gli attribuiamo il significato di dimesso, non importante, usuale. La liturgia cattolica non consente mai una simile interpretazione, perché il tempo ha sempre una sua sacralità ed una primaria importanza, ci consente infatti di immergerci in Dio e realizzare in noi il suo progetto di amore e di santificazione. Ci viene in soccorso a proposito anche il Vangelo di oggi, che ci riporta la prima brevissima omelia del Signore: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo». La pienezza del tempo significa la presenza del Figlio di Dio incarnato e vivo tra noi, significa ancora il suo annuncio di salvezza, implica una chiamata e un impegno per ciascuno di noi. L'impegno è di accogliere la persona del Cristo come nostro redentore e salvatore, ascoltare il suo messaggio e convertirsi alle verità che egli ci rivela. È l'impegno della conversione, l'impegno di assumere in noi la grazia per cambiare rotta se ci ritroviamo a muoverci con la nostra vita per strade e direzioni diverse da quelle che lui ci indica. È in questo contesto che Gesù comincia a formare il primo nucleo della sua futura chiesa: i primi a cambiare mestiere e vita, perché chiamati dal Signore sono prima Andrea e Simone, suo fratello e poi i figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni. Da pescatori di pesci dovranno diventare pescatori di uomini, nel mare più vasto del mondo. L'incontro personale con Cristo sconvolge tutti i loro piani: devono lasciare le barche, le reti, i garzoni e tutto ciò che alimentava la loro esistenza. Molto spesso convertirsi significa avere il coraggio di abbandonare o almeno ridimensionare le false sicurezze per scoprire ed attuare un progetto che più direttamente ci conduce a conseguire gli obiettivi primari dell'esistenza umana. Solo con la fede ben alimentata possiamo raggiungere un tale obbiettivo. Buona giornata
Domenica 12 gennaio 2025, Battesimo del Signore
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 3,15-16.21-22
Mentre Gesù, ricevuto il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì.
In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma
viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».
Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una
colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Parola del Signore.
“Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio”. Nel tempo di Natale abbiamo ascoltato ripetutamente queste parole tratte dal Prologo del Vangelo di Giovanni. Siamo diventati in Cristo Figli di Dio per questo possiamo rivolgerci al Signore Dio Onnipotente e, come Gesù ci ha insegnato, chiamarlo Padre; per questo, animati dalla stessa fede, in Lui e per Lui ci chiamiamo, ci riteniamo e siamo realmente fratelli. Noi abbiamo avuto la piena garanzia di questi doni dal giorno del nostro Battesimo, doni che ci sono stati rafforzati con la discesa dello Spirito Santo con il sacramento della Confermazione. Oggi è Gesù che riceve il Battesimo di Giovanni nelle acque del Giordano. Il racconto di San Luca è estremamente essenziale: “Mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Santo in apparenza corporea, come di colomba, e vi fu una voce dal cielo: “Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto”. Giovanni Battista già aveva additato Gesù alla folla definendolo “L’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”, ora è la voce del Padre e la presenza dello Spirito Santo in forma di colomba a rispondere alla preghiera e all’umile gesto di Gesù, che certo non aveva bisogno di essere battezzato. Gesù è il Figlio di Dio, l’eletto e prediletto del Padre in cui ha riposto le sue compiacenze. Questo è un messaggio indubitabile che non solo alimenta, testimonia e certifica la nostra fede nel Verbo incarnato, ma ci rende consapevoli anche della nostra nuova dignità recuperata e riacquistata dalla missione salvifica di Gesù. È del grande Atanasio di Alessandria, metà del IV secolo, l’espressione: «Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventi Dio». C’è un misterioso scambio, un discendere e un ascendere: la nostra natura umana viene ricondotta nella sfera del divino con una nuova incarnazione nel Verbo per mezzo della Vergine Immacolata. Il Verbo, la Parola scandita e promessa dal Padre celeste sin dal principio, trova la sua attualizzazione nella risposta del Figlio, nella Sua discesa tra noi, nell’incarnazione in Lui della nostra natura. Nelle acque del Giordano il mistero ulteriormente si svela dopo l’attesa, dopo il grande lungo, umile silenzio. Oggi siamo invitati a contemplare le meraviglie che il Signore ha operato per noi con il suo Natale dandoci la piena riconciliazione con Dio e la sublime dignità di “figli”. Dobbiamo doverosamente rinnovare i nostri impegni battesimali per non deturpare con i diversi pericolosi inquinamenti la nostra splendida immagine, la nostra sublime dignità; dobbiamo dare lode a Dio, al suo Figlio Gesù Cristo, all’Amore eterno per quanto hanno operato e operano per noi. Così possiamo sperimentare la migliore consolazione; quella che ci trasferisce dai bassifondi del peccato all’amore vero, alla gloria di Dio, alla bellezza della grazia. La grazia che, come ci ricorda san Paolo: “Porta la salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani”. Impariamo a salire verso Dio, lasciamoci condurre da Lui! Buona Domenica
Sabato 11 gennaio 2025
Dal Vangelo secondo Luca Lc 5,12-16
Immediatamente la lebbra scomparve da lui.
Un giorno, mentre Gesù si trovava in una città, ecco, un uomo coperto di lebbra lo vide e gli si gettò dinanzi,
pregandolo: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi».
Gesù tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio, sii purificato!». E immediatamente la lebbra scomparve da lui. Gli ordinò di non dirlo a nessuno: «Va’ invece a mostrarti al sacerdote e fa
l’offerta per la tua purificazione, come Mosè ha prescritto, a testimonianza per loro».
Di lui si parlava sempre di più, e folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro malattie. Ma egli si ritirava in luoghi deserti a pregare.
Parola del Signore.
Se crediamo veramente che Gesù Cristo è Figlio di Dio e che seguire Gesù significa possedere la vita, avremo uno sguardo diverso sul mondo. La vita eterna è molto diversa da una evasione da questo mondo in cui viviamo. Un nuovo sangue, donato dallo Spirito, scorre nelle vene dei battezzati. Guardiamo il mondo con lo sguardo di Dio, così contribuiremo a salvarlo con i talenti che ci sono donati. Questo modo di vedere esige un certo comportamento. La vita cristiana, cioè la vita in Cristo, ci permette di vedere tutto in Dio. È molto diversa da un panteismo sempre in agguato in cui si vede Dio in tutto. Buona giornata
Venerdì 10 gennaio 2025
Dal Vangelo secondo Luca Lc 4,14-22a
Oggi si è compiuta questa Scrittura.
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nazareth, dove era cresciuto, e secondo o solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era
scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi
avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca.
Parola del Signore.
Gesù agisce e parla “con la potenza dello Spirito Santo”. La sua fama si diffonde ovunque: molti cominciano a pensare che sia proprio Lui il Messia, molti credono che sia il Maestro, colui che insegna con autorità. Con questa potenza e con questo alone di consensi, Gesù a Nazareth, entra nella sinagoga, nel cuore stesso dell’ebraismo, per impartire una solenne lezione su come leggere con vera sapienza la scrittura sacra e le profezie in modo particolare. Il rotolo del libro, che viene porto a Gesù, recita questo passo di Isaia: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore”. Gesù non esita ad applicare a sé le parole del profeta. “Oggi si è adempiuta questa scrittura, che voi avete udito con i vostri orecchi”. Già nel Battesimo di Gesù nelle acque del Giordano si era udita una voce dal cielo che proclamava Gesù Figlio di Dio: lo stesso Giovanni Battista aveva visto discendere su di Lui lo Spirito santo in forma di colomba. Gesù quindi aveva tutte le ragioni per dire lo Spirito del Signore e su di me, aveva ragione e definirsi il consacrato del Signore, già stava annunziando ai poveri la buona Novella, aveva già iniziato ad operare i suoi prodigi, aveva già annunziato l’avvento del Regno di Dio. Il misterioso legame tra il Vecchio e il Nuovo Testamento si snoda e si svela nella realtà del Cristo. Quanto promesso si adempie in pienezza, ciò che era profezia, ora è realtà. Una realtà ancora vivida ed operante nel Cristo vivo tra noi e in noi, viventi in Lui. Buona giornata
Giovedì 9 gennaio 2025
Dal Vangelo secondo Marco Mc 6,45-52
Videro Gesù camminare sul mare.
[Dopo che i cinquemila uomini furono saziati],
Gesù subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva, a Betsàida, finché non avesse congedato la folla. Quando li ebbe congedati, andò sul monte a
pregare.
Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra. Vedendoli però affaticati nel remare, perché avevano il vento contrario, sul finire della notte egli andò verso di loro
camminando sul mare, e voleva oltrepassarli.
Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: «È un fantasma!», e si misero a gridare, perché tutti lo avevano visto e ne erano rimasti sconvolti. Ma egli subito parlò loro e disse: «Coraggio,
sono io, non abbiate paura!». E salì sulla barca con loro e il vento cessò.
E dentro di sé erano fortemente meravigliati, perché non avevano compreso il fatto dei pani: il loro cuore era indurito.
Parola del Signore.
Nella traversata della vita capita frequentemente di dover affrontare le tempeste, suscitate dalla suscettibilità, dalle incomprensioni, da contrasti della vita, da sventure… che ci fanno tremare e ci agitano come succedeva ai discepoli mentre traversavano il lago. Per loro buona fortuna, quando sono ormai sfiniti e quasi vinti dalla fatica, interviene Gesù… Al loro primitivo turbamento e spavento, subentra la meraviglia… quasi incredula. È il Maestro buono che viene in loro soccorso invitandoli a non aver paura… E una volta accolto sulla barca, il vento cessa, le acque si calmano… Rimane in loro lo stupore che l’evangelista tenta di giustificare “perché non avevano capito il fatto dei pani…”. Volesse il cielo che nelle nostre tempeste personali, familiari, comunitarie ci rifugiassimo nel Signore Gesù, lo accogliessimo nella barca della nostra povera vita! Il Padre celeste non si lascerà invocare invano… anzi, come ci dice Giovanni, vuole rimanere in noi, dimorare e vivere in noi, manifestandoci tutto il suo amore nella donazione del suo Figlio come Salvatore. Egli è amore! Vivere nell’amore di Dio e del prossimo costituisce la garanzia più valida di vittoria nelle prove, nelle tentazioni, nelle tempeste dalle quali nessun uomo sarà risparmiato come non sono stati risparmiati Gesù, Maria, Giuseppe, i profeti… e tutti i santi. Giovanni ci ripete: “Nell’amore non c’è timore, al contrario l’amor perfetto scaccia il timore…”. Abbandonarci alla volontà del Signore come un bambino si abbandona fra le braccia della mamma costituisce motivo di pace e di serenità in qualsiasi situazione della vita. Buona giornata
Mercoledì 8 gennaio 2025
Dal Vangelo secondo Marco Mc 6,34-44
Moltiplicando i pani, Gesù si manifesta profeta.
In quel tempo, sceso dalla barca, Gesù vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli
dicendo: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congedali, in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei dintorni, possano comprarsi da mangiare». Ma egli rispose loro: «Voi stessi date
loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andare a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». Ma egli disse loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». Si informarono e
dissero: «Cinque, e due pesci».
E ordinò loro di farli sedere tutti, a gruppi, sull’erba verde. E sedettero, a gruppi di cento e di cinquanta. Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione,
spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero loro;
e divise i due pesci fra tutti.
Tutti mangiarono a sazietà, e dei pezzi di pane portarono via dodici ceste piene e quanto restava dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.
Parola del Signore.
La fame è una delle esigenze primordiali dell’uomo e nel linguaggio biblico non significa solo il bisogno urgente del cibo quotidiano, ma di tutto ciò che occorre all’essere umano per vivere dignitosamente. Per questo i nostri progenitori erano stati posti nel giardino dell’Eden, dove trovavano tutto il necessario: la famigliarità con Dio e il cibo per nutrirsi senza fatica. Nel deserto lo stesso Dio interviene miracolosamente con la manna per sfamare il suo popolo. Gesù guarda la folla e si commuove per loro perché erano come pecore senza pastore. È significativa questa commozione: quella gente è affamata di verità, vuole e cerca un pastore, una guida sicura. La fame che attanaglia lo spirito è quella che crea maggiore sofferenza quando non è soddisfatta. Per questo il Signore si mise ad insegnare loro molte cose. Egli sa bene che la sazietà dell’anima è più importante di quella del corpo e a questa provvede per primo. Quando poi si tratta di sfamare l’appetito di tutta quella gente Gesù dà un mandato ai suoi: “Voi stessi date loro da mangiare”: egli detta così una qualifica missione per la sua chiesa. La vuole operosa nella carità, attenta a tutti i bisogni dell’uomo, sempre pronta a soccorrere in tutti i modi possibili. Possiamo dire oggi che tutti coloro che si riconoscono in Cristo, sentono urgente questo mandato e questa missione da compiere. La dottrina sociale della chiesa è diventata un chiaro punto di riferimento per molti, anche per coloro che spendono le loro energie nel politico. La chiesa per conto suo non smette di mostrarsi madre e maestra anche nel settore della carità e della giustizia, nella ferma convinzione di vedere sotto le spoglie del povero e dell’indigente la persona stessa del Cristo. C’è poi una sfida aperta per i suoi ministri prediletti, i successori degli apostoli. Gesù prima di diventare egli stesso pane spezzato sollecita i suoi a diventarlo. Dice loro: voi, dovete diventare pane per gli affamati. Dovrete dare voi stessi da mangiare! Buona giornata
Martedì 7 gennaio 2025
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 4,12-17.23-25
Il regno dei cieli è vicino.
In quel tempo, quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nazareth e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zabulon e di
Neftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:
«Terra di Zabulon e terra di Neftali,
sulla via del mare, oltre il Giordano,
Galilea delle genti!
Il popolo che abitava nelle tenebre
vide una grande luce,
per quelli che abitavano in regione e ombra di morte
una luce è sorta».
Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. La sua fama si diffuse per tutta
la Siria e conducevano a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guarì. Grandi folle cominciarono a seguirlo dalla
Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano.
Parola del Signore.
Gesù inizia la sua missione nel mondo lanciando agli uomini un imperativo: "convertitevi". Egli vuole così anzitutto renderci coscienti della nostra situazione di peccato e poi vuole rivelarci il motivo della sua venuta e della sua presenza tra noi. Già era stato additato da Giovanni Battista come l'Agnello che toglie i peccati del mondo. Ora con la sua predicazione, con i suoi miracoli, con i reiterati gesti di misericordia, vuole convincerci che ci è possibile recedere dal male e intraprendere una via, quella della salvezza; è possibile convertirsi. Ciò che era stato promesso ai nostri padri ora finalmente si adempie: "il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce; su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte una luce si è levata". È il peccato che ci immerge nelle tenebre, Cristo è la luce del mondo, luce dell'anima che ritrova la grazia e la gioia di vivere in Dio e di sentirsi amata. Comprendiamo allora il vero significato che Gesù vuole dare alle sue prodigiose guarigioni: la sua missione, il Regno di Dio ormai vicino, debbono significare concretamente una conversione totale dell'uomo, una vera rinascita che coinvolge tutto l'uomo nella sua realtà spirituale e fisica. L'accorrere dei malati segna l'inizio di una storia ininterrotta, di tutti coloro che, ritrovandosi malati nel corpo e nello spirito, andranno o saranno condotti da Gesù, dai suoi ministri, resi capaci di assolvere e di perdonare. L'essere risanati da lui significa aver ritrovato la vita, significa la nostra completa e reale conversione. Buona giornata
Lunedì 6 gennaio 2025, Epifania del Signore
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 2,1-12
Siamo venuti dall'oriente per adorare il re.
Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua
stella e siamo venuti ad adorarlo». All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul
luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: "E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l'ultima delle città
principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele"».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino
e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una
gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in
sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.
Parola del Signore.
La solennità dell’Epifania del Signore, la festa della manifestazione. Manifestazione del Signore a tutto il mondo. La liturgia oggi è piena di luce, della luce di Colui che illumina, che ha illuminato il mondo intero. Già il profeta, e subito all’inizio delle letture ci incoraggia, ci sprona: «Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te». Sono finite le tenebre, ci dice Isaia. È finita la notte. Sta per arrivare il giorno, sta arrivando la luce vera… E’ la luce vera è arrivata… Inizialmente ha brillato, ha illuminato solo il popolo di Israele,…Betlemme, pastori, pochi eletti che hanno visto la Luce. Ma la vera luce, la luce così grande non poteva rimanere per pochi eletti. Il Signore è nato per tutti gli uomini, per tutte le genti. Ecco, la festa di oggi ci ripresenta, ci fa partecipi, attraverso il mistero della liturgia, ci fa partecipi di questo mistero dell’Epifania, della manifestazione. Erano studiosi i magi, sapevano guardare il cielo, scrutare le stelle, «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?» Sono in cerca e in ricerca di Dio, in ricerca della Verità. Ed egli si lascia trovare, non si nasconde, perché il nostro Dio è l’Emmanuele. È il Dio con noi… Fa vedere loro la guida, gli fa vedere i segni, la stella, la stella che ogni tanto si perde, sparisce dai loro occhi, allora loro perdono la strada, ma chiedono, domandano gli altri, per andare avanti, per camminare su, per andare verso il Signore. Ecco, anche noi come i magi, siamo in ricerca, in ricerca di Lui, in ricerca di quella luce, della luce della fede… Dobbiamo saper riconoscere nella nostra vita i segni, i prodigi del Signore, quei piccoli e quei grandi, quelli di ogni giorno e i grandi miracoli che il Signore compie per noi (e in noi). E se ogni tanto ci capita di perdere la stella, come ai magi, quella luce che ci guida verso lui, sappiamo dove trovarla, dove ri-trovarla, sappiamo che quella vera, la luce vera e solo la sua. Chiediamo a lui, all’Emmanuele perché ci riveli la nostra stella, la nostra guida la nostra strada che ci porterà direttamente a Lui. Buona Epifania
Domenica 5 gennaio 2025, II° dopo Natale
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 1,1-5.9-14
Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.
In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l'hanno vinta.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Parola del Signore.
È un brano di alta teologia quello che ancora una volta leggiamo in questa domenica. L’espressione di San Giovanni: “Il Verbo fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo noi”, con quelle che seguono sulla luce e sulle tenebre, sul rifiuto e sull’accoglienza, traccia tutta la storia della redenzione del Figlio di Dio, la sua apparizione nel mondo come Luce dell’umanità, l’orrendo peccato dell’uomo e la deificazione di coloro che invece l’hanno accolto nella fede e nella vita. Inizia con l’enigmatica espressione “In principio” per ricordarci che il nostro essere, e non solo la nostra storia, è indissolubilmente legata all’Autore della vita. Pare quasi che l’evangelista voglia ricondurci alle origini per ricordarci l’atto creativo di Dio, le nostre origini nell’amore e la continuità nel tempo di quell’amore, che raggiunge il suo culmine proprio con l’incarnazione del Verbo. Sarebbe triste ed imperdonabile per noi se il passare dei giorni ci distogliesse dal pensiero e dal profondo significato del Natale. È troppo coinvolgente quella storia per poterla dimenticare, legarla solo ad un breve e fugace periodo. Ciò anche perché non è finita purtroppo la lotta tra le tenebre del male e la Luce che Cristo ci vuole donare. “Venne tra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto”, meritiamo ancora questo rimprovero in tempi in cui le tenebre assumono il lugubre significato di lotte e di guerre distruttrici? O ci siamo assuefatti e rassegnati al nostro buio? Potrebbe accadere che Dio si è umiliato nella carne e noi rifiutiamo di immergerci nella divinità. Sarebbe il massimo della stoltezza. Già un profeta, rivolgendosi a Gerusalemme, città simbolo della futura chiesa, andava ripetendo: “Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla su di te. Poiché, ecco, le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni”. Isaia pare descrivere il nostro tempo e i nostri giorni. Buona Domenica
Sabato 4 gennaio 2025
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 1,35-42
Abbiamo trovato il Messia.
In quel tempo, Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono
Gesù.
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì - che tradotto, significa maestro - dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete».
Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il
Messia» - che si traduce Cristo - e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» - che significa Pietro.
Parola del Signore.
Giovanni fissa ancora lo sguardo su Gesù, lo addita come agnello di Dio e suscita la curiosità di due dei suoi discepoli i quali si mettono alla sua sequela. Gesù li interroga: «Che cosa cercate?». Una domanda ancora più che mai opportuna per ciascuno di noi che abbiamo scelto di seguirlo. Dicendo «che» cercate e non «chi» cercate, vuole chiederci se da lui attendiamo qualcosa, qualche umana sicurezza, qualche bene di cui fruire. L’evangelista Matteo riferisce più dettagliatamente la risposta di Gesù: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». Così egli dichiara la sua estrema povertà e contemporaneamente orienta i suoi seguaci a scelte chiare e consapevoli: nessuno si mette alla sequela del Cristo per avere beni di questo mondo, ma per ottenere il sommo bene, la vita in Dio. Così fece Andrea, il fratello di Simone, così fece lo stesso Pietro, che ottiene un nuovo nome, così hanno fatto milioni e milioni di seguaci e apostoli del Cristo. Sono loro che ancora una volta ci rivelano con semplicità ed entusiasmo la grande scoperta della vita: «abbiamo trovato il Messia», che si traduce Cristo». È la scoperta di ogni cristiano che vive il proprio battesimo e sceglie con piena convinzione di seguire Cristo e il suo Vangelo. È poi l’esperienza della vita a convincerci giorno dopo giorno della splendida realtà del dono ricevuto; è l’esperienza a convincerci quanto ci convenga rinunciare alle nostre fragili ed umane sicurezze per possedere quelle stabili e certe che Dio ci dona rivelandosi gratuitamente a ciascuno di noi. Buona giornata
Venerdì 3 gennaio 2025
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 1,29-34
Ecco l'agnello di Dio
In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: "Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me". Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell'acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell'acqua mi disse: "Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo". E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».
Parola del Signore.
Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui disse: «Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo! Ecco colui del quale io dissi: Dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, perché era prima di me. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele». Giovanni rese testimonianza dicendo: «Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi aveva detto: L'uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio». È la presentazione ufficiale che Giovanni Battista fa del Signore, ma è lo stesso Spirito Santo che ha confermato la sua e la nostra fede. Il battesimo di penitenza che egli amministrava, nel caso di Gesù, si è trasforma in una grande teofania: la voce di Dio completa e perfeziona quella di Giovanni, proclamando Cristo suo Figlio. Per questo il battezzatore afferma di non conoscere Gesù prima di quella rivelazione e di poter ora, che ha visto lo Spirito Santo discendere, essere invece un convinto testimone della sua divinità. Così si afferma l'autorivelazione di Dio, così ci è concesso di certificare la nostra fede in Lui e nel suo Figlio. Ci prepariamo alla grande epifania per vedere nella vera luce il mistero dell'incarnazione e della missione si salvezza apportata da Cristo a tutti noi. Buona giornata
Giovedì 2 gennaio 2025, Memoria dei Santi Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno, Vescovi e Dottori della Chiesa
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 1,19-28
Dopo di me verrà uno che è prima di me.
Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo».
Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elìa?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci
hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia».
Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elìa, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io
battezzo nell'acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».
Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
Parola del Signore.
La voce nel deserto è il grido, l’annuncio di un solitario che costata che le sue parole si perdono inascoltate nelle dune. La voce che proclama una presenza e d’intorno il silenzio muto o il chiasso dei lontani. Accade ancora perché il frastuono è grande e soffoca le voci autentiche, anche quelle di chi umilmente parla nel nome del Signore. Le voci cadono nel deserto anche quando si ammassano le folle, se queste sono affette da sordità spirituale. Non si ascolta e non si riconoscono i profeti. “Chi sei tu?” – chiedono a Giovanni Battista. L’identità del profeta è riposta unicamente nella sua missione; per mandato divino egli parla e quanto proclama va accolto con la fede. Il profeta non parla di sé, non ha un messaggio proprio da proporre, né verità personali da scandire: parla la Parola di Dio, è un intermediario tra cielo e terra, tra Dio e gli uomini. Il Battista ha una missione davvero speciale: egli deve additare al mondo l’Agnello di Dio che viene a cancellare il peccato del mondo. Invita alla conversione, rifiuta le false identificazioni che alcuni fanno sulla sua persona, ribadisce che egli sta preparando la strada a colui al quale non è degno di sciogliere il legaccio del sandalo. Egli è il testimone del Cristo già presente nel mondo e che sta per iniziare la sua missione. Egli afferma che la vera adesione non deve essere rivolta alla sua persona, ma al Messia, al Salvatore del mondo. Ai nostri giorni non mancano profeti, sono pochi gli ascoltatori attenti. Buona giornata
Mercoledì 1 gennaio 2025, nell'Ottava di Natale, Solennità di Maria Santissima Madre di Dio
Dal Vangelo secondo Luca Lc 2,16-21
I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino. Dopo otto giorni gli fu messo nome Gesù.
In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto
loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima che fosse concepito nel grembo.
Parola del Signore.
La festa di oggi ci offre molteplici motivi di riflessione: la chiesa scandisce per tutti noi ripetutamente nel nome del Signore una solenne benedizione sacerdotale. È l'augurio migliore che possiamo ricevere e scambiarci in questo giorno: viene da Dio, ma è per tutti noi. Pur essendo la festa della Madre di Dio, domina la figura del Cristo e ci viene ricordata ancora la sua opera di salvezza operata per l'intera umanità. Maria è sapientemente incastonata nel mistero del suo Figlio per sottolineare il suo ruolo nella storia della salvezza e in quello sempre attuale di Madre dei credenti. Noi onoriamo Maria sempre vergine, proclamata nel Concilio di Efeso "santissima madre di Dio" perché Cristo sia riconosciuto veramente Figlio di Dio. È nel nome di Maria che dal 1967 si celebra oggi in tutto il mondo cattolico la giornata mondiale della pace. Dono divino, dono messianico è la pace. Non può essere costruita soltanto da noi uomini e soprattutto non potrà mai essere proclamata efficacemente fin quando non si depongono le armi. La pace degli uomini non può essere diversa da quella di Cristo: va quindi costruita sulle solide basi dell'amore fraterno e della grazia divina. Ogni cristiano per vocazione deve essere un costruttore di pace cominciando magari dalle mura domestiche, impartendo una sana educazione ai figli con la forza dell'esempio. Il tutto dobbiamo accompagnarlo con la forza della preghiera come fa la liturgia di questo giorno che ci fa ripetere nella orazione: "Tu, o Dio nella verginità feconda di Maria hai donato agli uomini i beni della salvezza eterna", una salvezza che inizia già durante il nostro pellegrinaggio terreno. Buon anno
Martedì 31 dicembre 2024, nell'Ottava di Natale
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 1,1-18
Il Verbo si fece carne.
In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l'hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.
Parola del Signore.
Il pensiero dominante, che oggi accompagna la stragrande maggioranza della gente, è la fine dell’anno; un giorno e soprattutto una notte da festeggiare con riti diversi, ma con la costante di voler rigettare tutti i mali passati e propiziare il futuro. È sorprendente costatare come la liturgia, che la chiesa ci propone per questo giorno ignori completamente questa realtà. Addirittura, quasi in tono di sfida, ci fa ancora una volta riflettere sul prologo del Vangelo di Giovanni proponendoci le stesse parole con cui inizia anche la Genesi, il primo libro della Scrittura Sacra: “in principio…”. Si parla di un principio senza data, quasi ci si volesse far astrarre dal tempo, ma per dirci che è stato lo stesso Dio a creare e riempire il tempo di tutto ciò che esiste, cominciando da noi uomini, creati a sua immagine e somiglianza. Siamo sollecitati perciò, a partire dalle nostre artificiose suddivisioni, a guardare al tempo in prospettiva di eternità e a riempirlo di sacro. Allora principio e fine si fondono nella continuità e noi a vivere quello spazio che ci è concesso. Il tempo senza Dio diventa un susseguirsi di istanti che consumano e bruciano il tempo perché non vissuto nella verità e nella fecondità. In questa prospettiva comprendiamo meglio l’alternanza della luce e delle tenebre, della cronaca senza significati reali e della storia che diventa sacra. Si tratta in fin dei conti o di accettare Dio come Signore della storia o di abbandonarci ai nostri calcoli umani e alle nostre penose solitudini. San Giovanni ci ricorda che venne la luce vera che illumina ogni uomo, che venne tra la sua gente, ma che i suoi non l’hanno accolta. A coloro che però l’hanno accolta ha dato il potere di diventare figli di Dio. Ecco la vera qualifica e la suprema aspirazione a cui dobbiamo tendere ogni giorno, per tutto il tempo che ci è concesso. Buona giornata
Lunedì 30 dicembre 2024, nell'Ottava di Natale
Dal Vangelo secondo Luca Lc 2,36-40
Anna parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione.
[Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore.] C'era una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazareth. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
Parola del Signore.
Non è possibile vedere il Bambino senza avere poi l’urgenza di parlare di lui. È stata per prima la stessa Madre ad intonare un canto del Magnificat che ancora risuona ogni giorno nella chiesa. Zaccaria, prima muto, poi diventa anch’egli cantore della misericordia di Dio. Il vecchio Simeone, che dopo tanta fiduciosa attesa, ha la gioia di vedere con i suoi occhi e di stringere tra le sue braccia il Messia promesso, intona anch’egli il suo cantico. Si dichiara ormai pronto a chiudere per sempre i suoi occhi perché hanno visto la salvezza. Oggi è la volta della profetessa Anna. Il Vangelo ci dice di lei: «Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere». Anche lei alla vista del Bambino si mise a lodare Dio e a parlare di Lui «a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme». La Vergine Madre, Zaccaria, Simeone, Anna sono i primi testimoni di Cristo, i primi annunciatori della salvezza che egli è venuto a portare sulla terra. Ai loro nomi ora doverosamente dobbiamo aggiungere i nostri, anche noi infatti abbiamo visto e udito ciò che ha detto e fatto per noi l’autore della vita. È un impegno che deriva dal nostro battesimo. È un dovere di gratitudine. È la nostra risposta alla gratuità dei doni ricevuti. È infine il più squisito atto di carità fraterna. In questa prospettiva comprendiamo in un significato diverso la frase conclusiva del brano evangelico di oggi: «Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui». Cristo oggi si fortifica e cresce nella misura in cui è conosciuto, accolto, testimoniato e amato. Buona giornata
Domenica 29 dicembre 2024, nell'Ottava di Natale festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe
Dal Vangelo secondo Luca Lc 2,41-52
Gesù è ritrovato dai genitori nel tempio in mezzo ai maestri.
I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre
riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si
misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue
risposte.
Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate
che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nazareth e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli
uomini.
Parola del Signore.
Una famiglia davvero speciale quella che oggi ci viene additata a modello. Il primo protagonista è lo stesso Gesù, il figlio di Dio, concepito da Maria per opera dello Spirito Santo. La stessa Madre è davvero speciale, è la donna senza macchia di peccato, è la prescelta da Dio stesso per essere la genitrice del Verbo. È speciale anche S. Giuseppe, uomo giusto, padre, senza essere genitore, sposo senza essere marito. Eppure entrando nel vivo della loro storia emergono situazioni e virtù non dissimili da quelle che siamo chiamati a vivere e praticare tutti noi nel contesto di una qualsiasi umana normale famiglia. La vita di Gesù è stata una vita travagliata sin dalla sua nascita e della sua prima infanzia. Non l’hanno risparmiato né prove né persecuzioni e sappiamo bene come si è conclusa la sua esperienza terrena. La madre sua Maria ha condiviso in tutto e con rara intensità le sofferenze del figlio suo. Ha sperimentato i dubbi di Giuseppe, la persecuzione di Erode, l’esilio in Egitto, il misterioso silenzio di lunghi anni e poi le contestazioni e le trame contro il suo Gesù. Una mamma vera come tante altre, che contempliamo, nel momento finale, ai piedi della croce, poi con il suo figlio morto tra le braccia. Giuseppe ha svolto il suo ruolo oscuro ed umile da uomo giusto, saggio ed operoso, nell’esercizio di un umile mestiere, nella consapevolezza che le grandi opere di Dio passano anche attraverso i semplici gesti di un povero falegname. Se così è, quanti esempi abbiamo da assumere, quanta luce emana da quell’umile casetta di Nazareth, quante grazie possiamo attenderci da una famiglia così speciale, ma anche così esperta di vita vera. Quante nostre famiglie dovrebbero fare continuo spirituale pellegrinaggio in quella casa per raccogliere virtù ed esempi salutari. Buona Domenica
Sabato 28 dicembre 2024, nell'Ottava di Natale festa dei Santi Innocenti, Martiri
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 2,13-18
Erode mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme.
I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti
avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».
Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del
profeta:
«Dall'Egitto ho chiamato mio figlio».
Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù,
secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi.
Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:
«Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande:
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata,
perché non sono più».
Parola del Signore.
È molto significativa la festa di oggi. Si ode un pianto ed un lamento ed è il pianto straziato di madri alle quali vengono strappati via i propri figli in tenera età che vengono poi barbaramente trucidati. Una storia senza fine. È la festa degli innocenti di tutti i tempi uccisi con Cristo e per Cristo, immedesimati con Lui nel martirio e assunti con lui nella gloria dei santi ... Davvero il Verbo incarnato, il salvatore del mondo, ha coinvolto e coinvolge ancora nella sua passione tutti i dolori del mondo, tutte le vittime innocenti. Già un salmista, prima della venuta del Signore, affermava: “le mie lacrime nell’otre tuo raccogli”. Una storia che non finisce mai di stupirci e di inquietarci: il dolore e le sofferenze umane assunte a valore salvifico come quelle di Cristo. Per questo Sant’Agostino sull’onda di San Paolo (Col. 1,24ss), asseriva che bisogna che aggiungiamo del nostro ai patimenti di Cristo. Queste realtà, intrise di mistero e pregnanti di umane realtà, ci aiutano a leggere in modo diverso la storia del mondo e la nostra storia personale. Apre uno squarcio sulla tremenda realtà del dolore umano e soprattutto sul dolore dell’innocente, quello che maggiormente ci turba e ci sconvolge. Pur restando un mistero, ora possiamo comprendere, alla luce di Cristo e di tutta la storia della sua chiesa che la sofferenza e il martirio ci innestano a lui nella croce e nella gloria. Buona giornata
Venerdì 27 dicembre 2024, nell'Ottava di Natale festa di San Giovanni, Apostolo ed Evangelista
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 20,2-8
L'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala corse e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non
sappiamo dove l'hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò,
vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario - che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a
parte.
Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.
Parola del Signore.
Gesù è la Parola della vita. In lui questa vita si è manifestata e si è fatta sensibile, per essere trasmessa a noi. Gli apostoli l’hanno veduta in tutta la sua concretezza e verità e ne rendono testimonianza. “Il Verbo è divenuto carne, noi l’abbiamo visto e l’abbiamo toccato con le nostre mani. Adesso lo annunziamo”. Questo annunzio degli apostoli però ha uno scopo preciso: “Perché anche voi siate in comunione con noi”. Dunque dobbiamo essere insieme con gli apostoli, dobbiamo, come loro, diventare testimoni di Cristo e della sua Chiesa. E’ facile essere testimoni se non ti chiedono grandi cose… una messa di domenica, qualche digiuno o qualche sacrificio… Ma questo non basta. Il nostro essere Cristiani è di ogni giorno, è la testimonianza di qualsiasi posto dove ci possiamo trovare: al lavoro, dentro la metropolitana affollatissima, per strada, con i famigliari a casa… Affinché quelli che ci avranno guardato da fuori possano affermare: questi sono i Cristiani – guarda come loro si amano… Utopia? o l’essere o non essere dei Cristiani? Buona giornata
Giovedì 26 dicembre 2024, nell'Ottava di Natale Festa di Santo Stefano, protomartire
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 10,17-22
Non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e
ai pagani.
Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell'ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre
vostro che parla in voi.
Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino
alla fine sarà salvato».
Parola del Signore.
Le feste che seguono immediatamente il Natale hanno un nesso evidente con la nascita del Cristo. Oggi la lapidazione del diacono Stefano, primo martire, ci parla in modo evidente della sorte che toccherà al Figlio di Dio, nato bambino. Ci parla del prezzo del nostro riscatto, ci parla delle trame oscure che gli uomini vanno ordendo da sempre contro di lui. Ci descrive in anticipo una storia assurda, che si snoda nei secoli. Ci parla del peccato del mondo e della storia vera della Chiesa di Cristo. Si snoda già da oggi quel mirabile ed incessante duello tra le forze del male che vorrebbero chiudere definitivamente in un sepolcro di morte prima il Cristo e poi i suoi seguaci. Tutti i persecutori della Chiesa dovrebbero finalmente capire che il sangue dei martiri, da Santo Stefano fino a quello dei nostri giorni, è stato sempre il seme che l'ha fecondata di nuovi figli e l'ha resa sempre più sposa degna del martire divino. Il martirio del Santo di oggi ricalca fedelmente, nei suoi tratti essenziali, quello di Cristo. Ancora una volta viene condannato un innocente, che si "vendica" con il suo perdono. Così egli diventa il vero vincitore e i cieli si aprono su di Lui. Buona giornata
Mercoledì 25 dicembre 2024, Natale del Signore
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
1,1-18
Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.
Parola del Signore.
È nato! Nasce oggi per noi. È vivo tra noi. Il Verbo si è fatto carne. Dio è diventato uomo, è il più piccolo di noi. L’ha accolto prima il seno verginale di
Maria, ora una grotta e una mangiatoia. Vuole immergersi così nelle viscere della terra, nel nostro mondo. Chiede accoglienza e un po’ di calore umano. Vuole scuoterci dal nostro torpore e dalle
nostre assurde distrazioni. Viene ad
operare un recupero totale della nostra umanità. Vuole distoglierci dalla antica e perenne tentazione di poter agire senza di Lui o contro di Lui. Egli sa che la
vera miseria che ci opprime consiste nell’aver perso la nostra primitiva identità: non siamo più in grado di comprendere e vivere la nostra figliolanza e la nostra fraternità divina. Ci
ritroviamo estranei e pellegrini senza meta. Mostrandoci nello specchio limpido della sua natura il volto di Dio, egli vuole farci recuperare l’iniziale nostro splendore. Questa è la luce vera
del Natale, questa dobbiamo sorbire nella fede, in questo senso noi guardiamo le luci che brillano dovunque: vogliamo la luce vera che illumina ogni uomo, vogliamo la grazia che ci santifica e
rende presente in noi la divinità. Il Natale vero avviene allora dentro di noi: è una nascita misteriosa ma reale, diventa orientamento per la vita, diventa amore alla vita, diventa gioia della
verità e certezza di essere amati per essere poi a nostra volta capaci di amare. In quella nascita c’è un germe di vita nuova, c’è un monito da non disattendere, c’è una grande lezione, grande di
umiltà e di autentica grandezza. Sono le virtù più urgenti per tornare a Dio. Buon Natale!
Martedì 24 dicembre 2024
Dal Vangelo secondo Luca Lc 1,67-79
Ci visiterà un sole che sorge dall'alto.
In quel tempo, Zaccaria, padre di Giovanni, fu colmato di Spirito Santo e profetò dicendo:
«Benedetto il Signore, Dio d'Israele,
perché ha visitato e redento il suo popolo,
e ha suscitato per noi un Salvatore potente
nella casa di Davide, suo servo,
come aveva detto
per bocca dei suoi santi profeti d'un tempo:
salvezza dai nostri nemici,
e dalle mani di quanti ci odiano.
Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri
e si è ricordato della sua santa alleanza,
del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre,
di concederci, liberati dalle mani dei nemici,
di servirlo senza timore, in santità e giustizia
al suo cospetto, per tutti i nostri giorni.
E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo
perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade,
per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza
nella remissione dei suoi peccati.
Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio,
ci visiterà un sole che sorge dall'alto,
per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre
e nell'ombra di morte,
e dirigere i nostri passi
sulla via della pace».
Parola del Signore.
Dinanzi alle meraviglie del Signore, viene spontaneo cantare con accenti poetici. Oggi ascoltiamo l'inno di Zaccaria, il padre di Giovanni battista. Lo ascoltiamo e preghiamo con lui in vista del Natale. La preghiera al Dio d'Israele va oltre la motivazione della nascita prodigiosa di Giovanni. Dio ha visitato e redento il suo popolo e ha suscitato una salvezza potente, fedele alle sue promesse. Si è ricordato della sua alleanza, del suo giuramento di liberarci dalle mani dei nemici. Ribadisce la missione del suo bambino: sarai chiamato profeta dell'Altissimo e andrai dinanzi al Signore a preparargli le strade. Poi ci lascia intravedere il sole che sorge dall'Alato per rischiarare quelli che sono nelle tenebre e nell'ombra della morte. La missione di Giovanni è intimamente legata a quella di Gesù. È il canto della redenzione ed è diventato il canto perenne dei redenti. Ogni giorno infatti la Chiesa lo canta con tutti coloro che pregano l'Ufficio divino delle lodi. La meraviglia e il canto fanno parte della nostra preghiera di ogni giorno che diventa particolarmente intensa quando come Zaccaria, come Maria, come il vecchio Simeone diventiamo capaci di comprendere al meglio tutto quello che il Signore ha fatto e fa per noi, le meraviglie della sua grazia. Dovremmo spesso perciò benedire il Signore ed esclamare: «Quanto sono grandi le tue opere, Signore, tutto hai fatto con saggezza». Lo dovremmo gridare a Natale. Buona giornata
Lunedì 23 dicembre 2024
Dal Vangelo secondo Luca Lc 1,57-66
Nascita di Giovanni Battista.
In quei giorni, per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si
rallegravano con lei.
Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccaria. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c'è nessuno
della tua parentela che si chiami con questo nome».
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All'istante gli si aprì la bocca e
gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio.
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo:
«Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.
Parola del Signore.
Anche Maria, la Vergine Madre, nel suo cantico aveva lodato il Signore per la sua misericordia. Fanno la stessa cosa i vicini e i parenti di Elisabetta alla notizia che si è compiuto per lei il tempo del parto. Questo è sempre motivo di gioia perché una nuova vita viene in questo mondo, nel caso della nascita di Giovanni, così vuole Elisabetta che si chiami il suo bambino, ci sono motivi speciali per rallegrarsi e benedire il Signore. Quel bambino ha una missione davvero speciale da compiere: sarà il precursore del Cristo, colui che ha il compito di preparargli immediatamente la strada. Lo dovrà additare al mondo come l’Agnello che togli i peccati del mondo. Già la sua nascita prodigiosa viene accolta da molti come un’attesa di fausti eventi futuri. La gente si chiedeva: «Che cosa sarà mai questo bambino?». Lo scopriranno dopo non molti anni quando il Precursore sulle rive del Giordano, inizierà la sua vibrante predicazione. Il lieto evento tra l’altro segnerà la fine del mutismo del padre Zaccaria, il che ha un significato che trascende quello letterale. «Aprire la bocca dei muti» è appunto una dei compiti messianici, è quindi normale che tale azione salvifica inizi dal padre del Battista. Sarà poi Gesù a completare quell’opera quando insegnerà ai suoi apostoli e tramite loro ad ognuno di noi, a chiamare Dio con il nome di Padre. Buona giornata
Antifona Maggiore
23 dicembre – O Emmanuele, Signore Nostro Dio
O Emmanuele, nostro re e legislatore, Speranza e salvezza dei popoli: Vieni a salvarci, O Signore nostro Dio.
Fonti bibliche: Is 7,14; 33,22; Mt 1,23
Domenica 22 dicembre 2024, IV° di Avvento
Dal Vangelo secondo Luca Lc 1,39-45
A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran
voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha
sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Parola del Signore.
Oggi il vangelo ci rivela come si sono realizzati la venuta del Messia e il mistero della redenzione che essa contiene. La persona di Maria, la sua fede, il suo “sì”, la sua maternità, sono le vie scelte da Dio per fare visita ai suoi e portare la salvezza a tutti gli uomini. Il centro dell’avvenimento evangelico di questo giorno si sviluppa, dunque, attorno a Maria: lei è la più profonda e più radicale via dell’Avvento. Si capisce la ragione della visita a sua cugina Elisabetta nel messaggio dell’angelo (Lc 1,36). Ella si dirige rapidamente verso il villaggio in Giudea, perché la grazia ricevuta da sua cugina Elisabetta, che diventerà mamma, la riempie di gioia. Il suo saluto ha un effetto meraviglioso su Elisabetta e sul bambino. Tutti e due si impregnano di Spirito Santo. Elisabetta sente il bambino sussultare dentro di sé, come fece tempo prima Davide davanti all’arca dell’Alleanza, durante il suo viaggio a Gerusalemme (2Sam 6,1-11). Maria è la nuova arca dell’Alleanza, davanti alla quale il bambino esprime la sua gioia. Dal bambino l’azione dello Spirito è trasmessa anche ad Elisabetta, cosa che la conduce a riconoscere la Madre del suo Signore. Sotto l’ispirazione dello Spirito, conosce il mistero del messaggio dell’angelo a sua cugina Maria, e la riconosce “felice” in ragione della fede con la quale ella l’ha ricevuto. La testimonianza di Elisabetta è la più antica testimonianza della venerazione della prima Chiesa per la Madre del Salvatore. Buona Domenica
Sabato 21 dicembre 2024
Dal Vangelo secondo Luca Lc 1,39-45
A cosa devo che la madre del mio Signore venga a me?
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco,
appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Parola del Signore.
Entrati nel cuore dell’Avvento, prossimi al Natale, la liturgia ci introduce sempre più nel cuore della Vergine. La consapevolezza del dono della maternità divina avrebbe potuto legittimamente indurre Maria a immergersi in una adorante e solitaria contemplazione del mistero che si stava compiendo in lei. Oggi invece la vediamo sollecita salire in fretta verso la montagna per prestare gli umili soccorsi di cui ha bisogno Elisabetta, prossima alla maternità. È bello costatare come i misteri di Dio si svelino quando sono irrorati dall’amore e dalla carità fraterna: «Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo». Amore genera amore e la luce di Dio illumina i suoi misteri: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?». La luce dello Spirito Santo, che emana da Maria, pervade il cuore di Elisabetta. Le è così consentito, nella gioia, di scorgere le realtà profonde ed invisibili ad occhio umano: Maria non è più la giovane parente che conosceva da sempre, ma la Madre del Signore, la benedetta fra tutte le donne, che ha creduto alla parola del Signore e porta nel grembo verginale il Dio della vita. Ancora così Dio ci si fa conoscere, attraverso le vie dell’amore, amore verso di Lui e verso i nostri fratelli. Quando l’amore diventa un vissuto quotidiano e un abito che stabilmente ci adorna, Dio è con noi e noi siamo con Lui: è il massimo della gioia possibile a noi, esseri viandanti verso il cielo. Buona giornata
O Oriens: Antifona Maggiore del 21 dicembre
O Oriens, splendor et lucis aeternae,
et sol justitiae:
veni, et illumina sedentes in tenebris,
et umbra mortis.
O astro che sorgi, splendore della luce eterna,
e sole di giustizia:
vieni ed illumina coloro che giacciono nelle tenebre e nell’ombra di morte.
Se per le antifone dei giorni precedenti potevamo collocarci in momenti precisi della storia della salvezza, in quella odierna in cui il Messia futuro viene invocato come “splendore di luce eterna” oltre che “sole di giustizia” potremmo davvero percorrere l’intera Scrittura e non si conterebbero i versi nei quali si fa menzione di Dio come Luce. Dalla luce accecante della Gloria del Signore nell’Antico Testamento, risiedente nel Sancta Sanctorum del Tempio (ovvero la sua stanza più interna), alla definizione che Gesù fa di sé stesso in Gv 8,12 “Io sono la luce del mondo, chi segue me non cammina nelle tenebre”.
Le Sacre Scritture ci parlano della luce che splende nelle tenebre (Gv 1,5): Cristo. Anche coloro che lo accolgono devono brillare come astri in mezzo ad una generazione degenere e perversa (Fil 2,15). Pensiamo infine al Benedictus in cui Zaccaria annuncia il Cristo che viene: “verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte”.
Venerdì 20 dicembre 2024
Dal Vangelo secondo Luca Lc 1,26-38
Ecco, concepirai e darai alla luce un figlio.
Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si
chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai
un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di
Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra.
Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era
detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei.
Parola del Signore.
È frequente per l’uomo la tentazione di cercare la salvezza ricorrendo agli umani artifici: il re Acaz ha immolato il proprio figlio agli dei pagani, convinto di garantirsi così un futuro prospero e sicuro per il proprio regno, ma la garanzia del futuro non consiste in questo, protesta il profeta Isaia. I segni e i progetti di Dio trascendono di gran lunga le attese degli uomini; Egli ci sorprende e ci stupisce preannunciando per bocca del profeta prima e poi con l’annuncio del suo Angelo, l’avvento e la nascita di un bimbo da una vergine: nella nascita prodigiosa del figlio di Dio e nella sua immolazione sulla croce sarà riposta la vera salvezza dell’umanità, in quella nascita sperimenteremo la presenza del Signore tra noi e in lui riponiamo la nostra speranza. Il Figlio sarà immolato, ma non a dei pagani, ma al vero Dio, che da quella morte farà scaturire la salvezza universale. In questo contesto scopriamo la sublimità del ruolo che lo stesso Dio affida alla Vergine Maria; così lei entra a pieno titolo nella nostra storia come vergine e madre feconda. Buona giornata
O Clavis David: Antifona Maggiore del 20 dicembre
O Clavis David et sceptrurn domus Israel,
qui aperas, et nemo claudit; claudas, et nemo aperit:
veni et educ vinctum de domo carceris, sedentem in tenebris et
umbra mortis.
O Chiave di Davide, scettro della casa d’Israele,
che apri e nessuno può chiudere, chiudi e nessuno può aprire:
vieni, libera l’uomo prigioniero che giace nelle tenebre e nel
l’ombra di morte.
Siamo alla quarta Antifona Maggiore della Novena di Natale. Dopo il riferimento alla Creazione e all’esodo del popolo di Israele, contenuti rispettivamente nelle prime due Antifone, con la terza si scopre l’annuncio profetico della venuta del Messia di cui, nella quarta Antifona Maggiore, si scopre la peculiarità di Clavis David.
Per interpretare l’Antifona Maggiore di questo giorno, dobbiamo ricorrere di nuovo ad Isaia (“e metterò la chiave della casa di Davide sulla sua spalla: aprirà e non ci sarà chi chiuda, chiuderà e non ci sarà chi apra” – Is 22,22). L’oracolo, infatti, investe Eliachim maestro del palazzo reale al posto di Shebna pronunciando la frase che possiamo riferire al Messia. Frase che ritroviamo anche in una delle profezie: ” la cui potestà è sulle sue spalle”.
L’aggiunta della denotazione “scettro della casa di Israele” potrebbe essere riferita all’Oracolo di Giacobbe secondo la frase: “Lo scettro non sarà tolto da Giuda” Gn. 49,10.
L’invocazione, invece, domanda al Signore la liberazione dalle “tenebre e dall’ombra di morte”, espressione che compare frequentemente nella Sacra Scrittura (Is 42,7 Salmo 106 e finale del Benedictus).
In un’ottica pasquale, non si deve dimenticare che Cristo è chiave che apre all’uomo la salvezza, poiché con la sua discesa agli inferi, e sacramentalmente negli abissi del cuore umano, può realmente scardinare gli antri più oscuri dell’anima.
Queste chiavi sono affidate alla Chiesa, nel primato di San Pietro e dunque al corpo mistico di Cristo, il quale serve il suo Re che ha deciso di consegnare alla sua Sposa (la Chiesa) il potere di strappare figli alle tenebre.
Giovedì 19 dicembre 2024
Dal Vangelo secondo Luca Lc 1,5-25
La nascita di Giovanni Battista è annunciata dall'angelo.
Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccaria, della classe di Abìa, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a
Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni.
Avvenne che, mentre Zaccaria svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l'usanza del servizio sacerdotale, di entrare
nel tempio del Signore per fare l'offerta dell'incenso.
Fuori, tutta l'assemblea del popolo stava pregando nell'ora dell'incenso. Apparve a lui un angelo del Signore, ritto alla destra dell'altare dell'incenso. Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu
preso da timore. Ma l'angelo gli disse: «Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e
molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà
molti figli d'Israele al Signore loro Dio. Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elìa, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e
preparare al Signore un popolo ben disposto».
Zaccaria disse all'angelo: «Come potrò mai conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni». L'angelo gli rispose: «Io sono Gabriele, che sto dinanzi a Dio e sono stato mandato
a parlarti e a portarti questo lieto annuncio. Ed ecco, tu sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, che si compiranno
a loro tempo».
Intanto il popolo stava in attesa di Zaccaria, e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio. Quando poi uscì e non poteva parlare loro, capirono che nel tempio aveva avuto una visione.
Faceva loro dei cenni e restava muto.
Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa. Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva: «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei
giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna fra gli uomini».
Parola del Signore.
Le letture odierne pare ci vogliano mostrare l'ambiente umano, cioè uomini e donne che Dio sceglie per venire in soccorso al suo popolo e salvarlo dai suoi nemici. Due donne sterili e una vergine che non conosce uomo, saranno madri di portatori di salvezza. La porterà Sansone agli Israeliti oppressi dai Filistei, l'annunzierà imminente nel Messia Giovanni, e la porterà definitiva e universale Gesù. Gli uomini, custodi di queste madri e dei loro figli, sono giusti e pii, e anche a loro Dio dà la prova del suo intervento: Manoach vede l'angelo del Signore ascendere nella fiamma del sacrificio; Zaccaria diventa muto: ed ecco sarai muto fino al giorno in cui queste cose avverranno; Giuseppe è assicurato in sogno dall'angelo. Tutta la storia della Salvezza dimostra questo modo di agire di Dio. L'umiltà, la pietà e la giustizia sono le disposizioni che attirano su di noi lo sguardo dell'Onnipotente. Dio ha guardato l'umiltà della sua serva. Il Dio Fedele premia la fedeltà delle sue creature; l'Onnipotente rende ricco il povero e innalza l'umile; Egli rende feconda la sterile e fa gioire la desolata. La Liturgia ci invita a vedere il Natale sullo sfondo di tutta la storia della Salvezza e a collocare in essa la nostra storia personale e comunitaria. O Radice di Iesse, che t'innalzi come segno per i popoli: vieni a liberarci, non tardare. Buona giornata
Antifona maggiore del 19 dicembre
O Radix Iesse, qui stas in signum populorum,
super quem continebunt reges os suum, quem gentes deprecabuntur:
veni ad liberandum nos, iam noli tardare.
O Germoglio di lesse, che ti innalzi come segno per i popoli,
tacciono davanti a te i re della terra, e le nazioni t’invocano:
vieni a liberarci, non tardare.
Dopo aver passato in rassegna le prime due Antifone Maggiori, che facevano rispettivamente riferimento all’opera della Creazione e all’esodo del popolo d’Israele, con questa terza antifona l’attenzione si concentra sull’annuncio profetico, in particolare del Profeta Isaia (Is 11,10): In quel giorno avverrà che la radice di Iesse sarà un vessillo per i popoli. Le nazioni la cercheranno con ansia. La sua dimora sarà gloriosa.
Troviamo anche un altro passo dello stesso Profeta Isaia, più precisamente al cap. 52, cui si fa riferimento nell’Antifona O Radix. Si tratta dell’esaltazione del servo sofferente dopo l’umiliazione, che prefigura la morte e risurrezione di Cristo (Is 52,15): così si meraviglieranno di lui molte nazioni; i re davanti a lui si chiuderanno la bocca, poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato e comprenderanno ciò che mai avevano udito.
L’invocazione finale si riferisce ad una profezia del Libro di Abacuc in cui il profeta invita ad attendere, anche se indugerà, la venuta del Signore. La stessa Profezia è richiamata in un delle 9 profezie che si cantano all’inizio della Novena: Si moram fecerit expecta eum quia veniet et non tarbit.
Mercoledì 18 dicembre 2024
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 1,18-24
Gesù nascerà da Maria, sposa di Giuseppe, figlio di Davide.
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché
era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il
bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
«Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio:
a lui sarà dato il nome di Emmanuele»,
che significa «Dio con noi».
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.
Parola del Signore.
Per noi credenti l'espressione: «incinta per opera dello Spirito Santo» suona suadente e comprensiva perché la fede ci sostiene, ma come poteva Giuseppe, il promesso sposo di Maria, capire appieno quel grande mistero che si stava compiendo in lei? Le voci umane non sono assolutamente sufficienti a spiegare i misteri di Dio e gli occhi degli uomini si fermano talvolta, inesorabilmente, alle apparenze, da cui pensano di trarre l'evidenza dei fatti. Così gli uomini spesso si giudicano e si distruggono. Occorre perciò che a soccorso dei dubbi di Giuseppe intervenga ancora la voce di un Angelo del Signore a ripetere e scandire le verità riguardanti la prodigiosa maternità della vergine Maria. Ci sorprende nella vicenda il suo silenzio; viene da pensare che talvolta il Signore, prima ci coinvolge nei suoi misteriosi piani, mettendoci poi nei guai nei confronti degli uomini. Ancora una volta ci appare come i due protagonisti di un grande progetto di salvezza, siano coinvolti nella sofferenza del dubbio e nel rischio di un ripudio. Che sia un anticipo della passione del Cristo? Un invito a comprendere che per essere con lui sia necessario diventare realmente partecipi della sua storia? O forse ci si vuol dire che essere privilegiati da Dio non significa avere di conseguenza una garanzia di immunità dal dolore e dalla sofferenza? Certo è che la prediletta del Signore sarà la prima a condividere profondamente il martirio del figlio suo e la ritroviamo, dopo una serie di dolorose vicende, ai piedi della croce a offrire con gesto sacerdotale la vittima a Dio.
L’Antifona del 18 dicembre nella Novena di Natale
O Adonai, dux domus Israel,
qui Moysi in igne flammae rubi apparisti, et in Sina legem dedisti:
veni ad redimendum nos in brachio extento.
In italiano:
O Signore, guida della casa d’Israele,
che sei apparso a Mosè nel fuoco di fiamma del roveto e sul monte Sinai gli hai dato la legge:
vieni a liberarci con braccio potente.
Se il titolo di Sapienza annunciato nel primo giorno della Novena rimandava alla Sapienza creatrice di Dio e dunque alla storia delle origini, il titolo messianico dell’antifona odierna, Adonai
(Signore) è ripreso dal Libro dell’Esodo: in esso per la prima volta Dio si rivelò con tale appellativo a Mosè(Es 6,2).
L’espressione “in inge flammae rubi” indica l’apparizione di Dio a Mosé nel rovento ardente ma tale costruzione è presa dalla citazione del medesimo episodio nel discorso di Santo Stefano
in At 7,30.
L’invocazione finale “vieni a redimerci con braccio potente” potrebbe rimandare al canto di Mosé dopo la traversata del Mar Rosso in Esodo: tale affermazione acquista ulteriore senso dal momento
che il Signore è definito all’inizio dell’antifona “guida della casa d’Israele” (Es 15,12-13 “Guidasti con il tuo favore il popolo che hai riscattato”).
Martedì 17 dicembre 2024, inizio delle Ferie maggiori del Tempo di Avvento
Ferie maggiori – Le antifone “O”
Il mistero dell’incarnazione del Signore, che i cristiani hanno contemplato lungo il corso dei secoli colmi di stupore, ci chiama ogni anno a sostare nella contemplazione dell'abbassamento
di Dio nella carne del Figlio. Il Natale del Signore è perciò quell’adorabile mistero che la Chiesa celebra nella liturgia lasciandosi stupire per il dono di una Presenza.
I testi liturgici dell’Avvento ci preparano ad accogliere il Signore nel suo natale, soprattutto in questo ultimo tempo che manca al felice giorno, cioè nei sette giorni precedenti la
festa chiamati “Ferie maggiori” (dal 17 al 23 dicembre). Qui in modo particolare l’Ufficio ordinario dell’Avvento assume maggiore solennità attraverso una scelta di Antifone ai Salmi
proprie del tempo che parlano direttamente della grande Venuta. Inoltre in questi giorni, ai Vespri, si canta una grande Antifona che è un grido verso il Messia, un’invocazione accorata
della sua venuta nella quale la Chiesa si rivolge a Gesù ogni giorno con qualcuno dei titoli che gli sono attribuiti nella Scrittura. Queste antifone maggiori dell’Avvento delineano
gradualmente un percorso che ci porta dritto al cuore dell’imminente celebrazione del Natale, facendo crescere l’attesa e colmandola della Sua presenza.
Queste Antifone sono dette comunemente “antifone O” dell’Avvento, perché cominciano tutte con questa esclamazione “O…”. Chi di “O…” sta contemplando con il cuore colmo di stupore.
Infatti questi testi esprimono lo stupore commosso della Chiesa nella sua secolare, instancabile contemplazione del Mistero. La liturgia della Chiesa romana conosce sette antifone O,
una per ciascuna delle sette Ferie maggiori, e tutte sono rivolte a Gesù Cristo.
Sono una serie di invocazioni messianiche che implorano Colui che è promesso nell’AT perché venga a salvare il suo popolo.
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 1,1-17
Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide.
Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo.
Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb
generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide.
Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asaf, Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozìa,
Ozìa generò Ioatàm, Ioatàm generò Àcaz, Àcaz generò Ezechìa, Ezechìa generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosìa, Giosìa generò Ieconìa e i suoi fratelli, al tempo della deportazione
in Babilonia.
Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconìa generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò
Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici.
Parola del Signore.
L’evangelista Matteo per preparaci alla prossima venuta di Cristo, inizia il suo racconto con una lunga e, apparentemente, monotona genealogia; un elenco di nomi, di cui solo di alcuni ne conosciamo le storie e, tra l’altro, non tutte edificanti. Si parla di generazioni passate, appare però evidente come tutte siano orientate e convergano come un punto fermo ed ultimo della storia. Gesù Cristo, alfa e omega, principio e fine. L’insegnamento che possiamo ricavarne è di primaria importanza: sembra talvolta che gli eventi umani abbiano un corso segnato quasi esclusivamente da noi, per cui stentiamo a vederne gli sbocchi finali. Per noi è difficile saper rispondere alla domanda «dove va la storia?» Tale difficoltà dipende da una parte dai nostri limiti, non sappiamo leggere «i segni dei tempi», dall’altra, istintivamente, se non illuminati dalla fede, ci limitiamo e accontentiamo a registrare la cronaca quotidiana dei fatti. Il Vangelo ci sollecita fortemente a legare la storia a Dio e Dio alla storia. Questo è il motivo per cui gli eventi raccolti e narrati nella bibbia diventano storia sacra, proprio perché letti alla luce di Dio. La buona gente è solita dire, a mo’ di proverbio: «l’uomo propone e Dio dispone», oppure «non si muove foglia che Dio non voglia»; ciò è verissimo se sappiamo leggere la vita nostra personale e quella del mondo alla luce della salvezza e della redenzione. Noi, credenti in Cristo non possiamo neanche minimamente pensare che il mondo rimanga esclusivamente in balia degli uomini o che Dio ne perda il controllo. Solo Lui è in grado di coniugare, con l’infinita sua sapienza, la libertà degli uomini, anche di quelli che si rendono responsabili delle peggiori malvagità, è il suo progetto universale di salvezza. La venuta del Figlio suo Gesù Cristo, ormai prossima, serva a ripeterci questa indispensabile garanzia che la storia, anche quella dei nostri giorni, è nelle mani di Dio. Buona giornata
Lunedì 16 dicembre 2024, inizio della Novena di Natale
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 21,23-27
Il battesimo di Giovanni da dove veniva?
In quel tempo, Gesù entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa
autorità?».
Gesù rispose loro: «Anch’io vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, anch’io vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli
uomini?».
Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, ci risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Se diciamo: “Dagli uomini”, abbiamo paura della folla, perché tutti considerano
Giovanni un profeta».
Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». Allora anch’egli disse loro: «Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose».
Parola del Signore.
La gente umile, dal cuore semplice, si accorge
immediatamente che il parlare di Cristo è diverso da quello degli scribi e dei farisei: «Rimanevano colpiti dice l’evangelista – dal suo insegnamento, perché parlava con autorità e non come i
loro scribi». Non era perciò necessario interrogare Cristo come fanno i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo, sarebbe stato sufficiente aprire mente e cuore per comprendere l’autenticità e la
novità del suo messaggio. L’evangelista Marco ci riferisce ad ulteriore conferma che «il Signore operava insieme con loro (con gli apostoli) e confermava la parola con i prodigi che
l’accompagnavano». Tutta la vita di Cristo è una splendida ed inequivocabile conferma della divina autorità che egli esercita per illuminare i cuori e redimere l’uomo dal peccato. È una autorità
umano divina, che menava dalla sua persona, dalle sue parole e dalle sue opere. Un saggio proverbio popolare afferma però che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Ci si turano le
orecchie quando in chi parla vediamo un avversario o una persona che apertamente svela i nostri cattivi comportamenti e ci mette in crisi. Si turano orecchie, cuore e mente a chi vede insidiata
la propria egemonia o compromesso il proprio potere; anche a chi, pur ammettendo la verità, non ha il coraggio di conformare la propria vita agli insegnamenti che gli vengono proposti si turano i
sensi dell’anima. Ciò accade anche ai nostri giorni: esistono ancora i contestatori di mestiere, esistono ancora i sordi cronici ed inguaribili, che hanno sempre una verità diversa da proporre
purché sia contraria a quella che viene proclamata. Se ciò è grave nei confronti degli uomini diventa peccaminoso nei confronti di Cristo. Egli incarna la verità, è la Verità. È la luce del mondo
che illumina ogni uomo. Non dovrebbe più accadere che gli uomini, noi, preferiamo le tenebre alla Luce. Potremmo far trascorrere invano un altro Natale! Buona giornata
Domenica ("Gaudete") 15 dicembre 2024, III° di Avvento
Dal Vangelo secondo Luca Lc 3,10-18
E noi che cosa dobbiamo fare?
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui
che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento
nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
Parola del Signore.
L’insegnamento di Cristo, la nostra libera adesione alla sua dottrina, assunta con il battesimo e ribadita con la Cresima, implicano la nostra continua conversione. Un salmo definisce la Parola di Dio «lampada ai miei passi, luce sul mio cammino». Ciò vuol dire che tutta la nostra vita deve orientarsi a Dio e questo accade realmente soltanto quanto alla fede seguono le opere. La prima virtù da praticare è però la carità, che è amore, gratitudine e lode a Dio e rispetto del nostro prossimo, che amiamo con lo stesso amore. Ecco allora il senso dell’insegnamento di Giovanni Battista: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Per aprirsi al Signore bisogna uscire dalla morsa dell’egoismo. Soltanto dando amore agli altri siamo irrorati a nostra volta dalla grazia divina. La stessa efficacia dei sacramenti è in parte condizionata dalle nostre interiori disposizioni. Lo stesso Natale influirà salutarmene su di noi se disponiamo il nostro animo all’accoglienza del Signore che viene. Il battesimo in Spirito Santo e fuoco sarà la nostra energia, la nostra luce, la fonte del nostro bene, se con umiltà accettiamo l’umiltà e l’immensità del presepio. Solo lì le grandezze frivole del mondo e tutte le umane presunzioni vengono infrante. Il Battista afferma questa verità dicendo che la pula sarà separata da grano e arsa nel fuoco inestinguibile. Nella fredda grotta del Presepio già arde il fuoco che è e sarà per noi irrorazione dello Spirito e fuoco sacro per ardere di amore divino. Buona Domenica
Sabato 14 dicembre 2024, Memoria di San Giovanni della Croce, Presbitero e Dottore della Chiesa
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 17,10-13
Elìa è già venuto, e non l'hanno riconosciuto.
Mentre scendevano dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?».
Ed egli rispose: «Sì, verrà Elìa e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l'hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio
dell'uomo dovrà soffrire per opera loro».
Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista.
Parola del Signore.
L’israelita fedele, quando sente ormai prossima la sua fine nel tempo, ripete per tre volte: “E’ venuto, è venuto, è venuto”. L’allusione evidentemente è rivolta al Messia e vuole essere un atto di fede finale nel dubbio che l’atteso delle genti sia nato e non sia stato visto, accolto e riconosciuto. Il monito del Vangelo di oggi è rivolto a noi distratti e disattenti ai passaggi del Signore e dei suoi profeti. Anche noi potremmo meritare il rimprovero di Gesù: sono venuto e non mi avete riconosciuto. “Ho paura del Signore che passa”, affermava Sant’Agostino; il timore dovrebbe essere maggiore in noi, ancora più facilmente vittime di imperdonabili distrazioni. Dio parla e ci parla in molti modi. Media la sua parola con gli eventi della storia e con le voci dei suoi profeti, ma è la sua voce, il suo messaggio che è per noi e attende risposte di gratitudine e di libera adesione a Lui. Ci parlerà ancora con il Suo natale. A noi la risposta generosa e riconoscente. Buona giornata
Venerdì 13 dicembre 2024, Memoria di Santa Lucia, Vergine e Martire
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 11,16-19
Non ascoltano né Giovanni né il Figlio dell'uomo.
In quel tempo, Gesù disse alle folle:
«A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano:
"Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!".
È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: "È indemoniato". È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: "Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di
peccatori".
Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».
Parola del Signore.
C’è per noi il rischio, a causa delle nostre distrazioni, di non accorgerci degli inviti e delle celesti sollecitazioni che il buon Dio ci offre ripetutamente. Non danziamo nella gioia, non siamo partecipi del lutto. È l’apatia del cristiano, dell’uomo in genere che non è più capace di meravigliarsi di Dio, non è più partecipe del suo pianto. Gli apatici sembra siano in numero crescente su questo nostro pianeta, l’indifferenza è un grave peccato quando è rivolta a Dio, che mai cessa di trasfonderci la vita e la grazia. Perfino di fronte al Natale, all’evento più meraviglioso e coinvolgente della storia si può rimanere indifferenti, distratti, apatici. In questo è racchiusa la più grande infelicità del mondo, privi di gioia e di esaltanti emozioni, si piomba nel baratro del nulla, del fatuo, dell’evanescente. Ecco perché sin dalle prime battute dell’Avvento siamo stati sollecitati a svegliarci dal sonno con la promessa di una liberazione vera e totale! Buona giornata
Giovedì 12 dicembre 2024, Memoria della Beata Vergine Maria di Guadalupe
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 11,11-15
Non ci fu uomo più grande di Giovanni Battista.
In quel tempo, Gesù disse alle folle:
«In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.
Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono.
Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell'Elìa che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti!».
Parola del Signore.
“Non è sorto uno più grande di Giovanni Battista”: è l’elogio che Gesù tesse per colui che grida la sua presenza e l’addita al mondo come l'”Agnello” che toglie il peccato dal mondo. È l’elogio della fede autentica e del testimone coraggioso, da annoverare tra coloro che s’impadroniscono del Regno di Dio. Possiamo dire che Giovanni giunge anzitempo alla grotta e s’impegna personalmente a spianare la via al Signore, pronto poi a scomparire quando egli si manifesterà al mondo. Giovanni impersona la figura di Elia, del grande profeta rapito su un carro di fuoco e che deve tornare alla fine dei tempi. Profezia e realtà s’intrecciano misteriosamente nell’evento del natale di Cristo! Ancora una volta Egli viene, ci sollecita ad un incontro nelle fede per renderci suoi testimoni dinanzi al mondo. Buona giornata
Mercoledì 11 dicembre 2024
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 11,28-30
Venite a me, voi tutti che siete stanchi.
In quel tempo, Gesù disse:
«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra
vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Parola del Signore.
C’è un bell’invito oggi per tutti noi che stiamo, giorno dopo giorno, entrando nel clima natalizio, carichi dei nostri fardelli e spesso affaticati e oppressi dalle alterne vicende della nostra vita: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero». La nostra vita è un libro sempre aperto per il Signore: egli sa delle nostre vicende personali, legge ad ogni istante la storia del mondo ed è costante la sua cura paterna per tutti e per ognuno di noi. Cristo viene a redimere la nostra storia e ci sollecita ad andare con fiducia da lui per liberarci dalle nostre stanchezze e dalle nostre oppressioni. Egli sa che non siamo capaci a portare da soli certi pesi, né siamo capaci di liberarci dalle nostre stanchezze e dalle nostre infelicità e oppressioni. Abbiamo bisogno di un rifugio e di un ristoro sicuri, di una consolazione vera e di una gioia autentica e duratura. Il giogo che egli ci affida, la fatica del nostro ritorno a lui e l’impegno necessario per seguire i suoi precetti è “dolce” e “leggero”, perché quel peso e quella fatica se la uniamo alla grande fatica che egli ha sostenuto per noi, portando con la croce, i pesi più grandi, i nostri peccati, concorre ancora ad essere motivo di salvezza e di redenzione. Gesù si definisce “mite ed umile di cuore”, proponendosi come nostro modello e indicandoci la via per andare da lui: occorrono mitezza ed umiltà, le virtù che frenano le nostre inquietudini e ci predispongono ad una vera comunione con Cristo e con i nostri fratelli. Buona giornata
Martedì 10 dicembre 2024
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 18,12-14
Dio non vuole che i piccoli si perdano.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita?
In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite.
Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda».
Parola del Signore.
Percepiamo spesso quel particolare tipo di smarrimento che deriva proprio dal primo peccato e da quelli attuali che ci affliggono. L’esperienza del peccato è la forma peggiore di angoscioso disorientamento che possiamo sperimentare: lontani da Dio, nudi e spauriti, perdiamo la percezione della nostra vera identità e della nostra dignità, perdiamo il rapporto di comunione con Dio, con i nostri fratelli e perfino con noi stessi. È consolante sapere da tutta la storia, che lo stesso Signore si è posto fin dal principio alla nostra ricerca e ha intessuto un piano di salvezza e di recupero dell’umanità, che ha avuto il suo culmine con la morte del pastore buono che s’immola sulla croce per le sue pecorelle. Cristo, anche per una sola delle sue pecore, avrebbe dato la vita pur di riaverla sana e salva nell’ovile. Lo afferma esplicitamente lo stesso Signore: “il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli”. La volontà di Dio è chiara: egli vuole che tutti siano salvi e i dispersi siano cercati e ritrovati, anche a costo della vita del Figlio suo. Ciò perché non manchi mai il motivo della gioia e della festa. “Se gli riesce di trovarla, – dice ancora Gesù – in verità vi dico, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite”. È la gioia umana e divina, è il noto banchetto organizzato per il figlio che ritorna dopo l’abbraccio e il perdono paterno; è un anticipo e un “segno” della festa pasquale, della risurrezione finale, a cui tutti tendiamo. È anche la misura vera del nostro valore agli occhi di Dio! La stima e l’amore che egli nutre per ciascuno di noi! Buona giornata
Lunedì 9 dicembre 2024
Dal Vangelo secondo Luca Lc 5,17-26
Oggi abbiamo visto cose prodigiose.
Un giorno Gesù stava insegnando. Sedevano là anche dei farisei e maestri della Legge, venuti da ogni villaggio della Galilea e della Giudea, e da Gerusalemme. E la potenza del Signore gli faceva
operare guarigioni.
Ed ecco, alcuni uomini, portando su un letto un uomo che era paralizzato, cercavano di farlo entrare e di metterlo davanti a lui. Non trovando da quale parte farlo entrare a causa della folla,
salirono sul tetto e, attraverso le tegole, lo calarono con il lettuccio davanti a Gesù nel mezzo della stanza.
Vedendo la loro fede, disse: «Uomo, ti sono perdonati i tuoi peccati». Gli scribi e i farisei cominciarono a discutere, dicendo: «Chi è costui che dice bestemmie? Chi può perdonare i peccati, se
non Dio soltanto?».
Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti, rispose: «Perché pensate così nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire "Ti sono perdonati i tuoi peccati", oppure dire "Alzati e cammina"? Ora,
perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati, dico a te - disse al paralitico -: alzati, prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua». Subito egli si
alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e andò a casa sua, glorificando Dio.
Tutti furono colti da stupore e davano gloria a Dio; pieni di timore dicevano: «Oggi abbiamo visto cose prodigiose».
Parola del Signore.
Un paralitico, nel suo stato di immobilità fisica, muove a compassione alcuni amici, che faticosamente lo conducono da Gesù, calandolo dal tetto, nel mezzo della stanza dove il Signore stava insegnando. Gesù resta ammirato della loro fede e pronuncia una frase che più che di guarigione parla di assoluzione (più che della guarigione fisica parla della guarigione spirituale): «Uomo, ti sono perdonati i tuoi peccati». L’immobilità più penosa non è quindi quella del corpo, ma piuttosto quella causata dal peccato. Mentre siamo in cammino verso la grotta di Betlemme, è urgente per noi recuperare l’interiore libertà dello spirito con una completa purificazione che solo la misericordia divina può garantirci. Chiediamo la sua misericordia. Quanti sacerdoti attendono in confessionale per ripeterci la frase detta da Gesù: «Uomo, ti sono perdonati i tuoi peccati», Buona giornata
8 dicembre 2024, II° Domenica di Avvento Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria
Dal Vangelo secondo Luca Lc 1,26-38
Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te.
In quel tempo, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine,
promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un
figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra.
Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era
detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei.
Parola del Signore.
Oggi contempliamo la bellezza di Maria Immacolata. Il Vangelo, che narra l'episodio
dell'Annunciazione, ci aiuta a capire quello che festeggiamo, soprattutto attraverso il saluto dell'angelo. Egli si rivolge a Maria con queste parole: «Rallegrati, piena di grazia: il
Signore è con te». Prima di chiamarla Maria, l'arcangelo Gabriele la chiama «piena di grazia», e così rivela il nome nuovo che Dio le ha dato e che le si addice più del nome datole dai
suoi genitori. Anche noi la chiamiamo così, ad ogni Ave Maria.
Che cosa vuol dire piena di grazia? Che Maria è piena della presenza di Dio. E se è interamente abitata da Dio, non c'è posto in lei per il peccato. È una cosa
straordinaria, perché tutto nel mondo, purtroppo, è contaminato dal male. Ciascuno di noi, guardandosi dentro, vede dei lati oscuri. Anche i più grandi santi erano peccatori e tutte le realtà,
persino le più belle, sono intaccate dal male: tutte, tranne Maria. Lei è l'unica "oasi sempre verde" dell'umanità, la sola incontaminata, creata immacolata per accogliere pienamente, con
il suo "sì", Dio che veniva nel mondo e iniziare così una storia nuova.
Ogni volta che la riconosciamo piena di grazia, le facciamo il complimento più grande, lo stesso che le fece Dio. Un bel complimento da fare a una signora è
dirle, con garbo, che dimostra una giovane età. Quando diciamo a Maria piena di grazia, in un certo senso le diciamo anche questo, al livello più alto. Infatti la riconosciamo sempre giovane,
perché mai invecchiata dal peccato. C'è una sola cosa che fa davvero invecchiare, invecchiare interiormente: non l'età, ma il peccato. Il peccato rende vecchi, perché sclerotizza il cuore. Lo
chiude, lo rende inerte, lo fa sfiorire. Ma la piena di grazia è vuota di peccato. Allora è sempre giovane, è «più giovane del peccato», è «la più giovane del genere umano» (cf G.
Bernanos, Diario di un curato di campagna, II, 1988, p. 175).
La Chiesa oggi si complimenta con Maria chiamandola tutta bella, tota pulchra. Come la sua giovinezza non sta nell'età, così la sua bellezza non
consiste nell'esteriorità. Maria, come mostra il Vangelo odierno, non eccelle in apparenza: di semplice famiglia, viveva umilmente a Nazareth, un paesino quasi sconosciuto. E non era famosa:
anche quando l'angelo la visitò nessuno lo seppe, quel giorno non c'era lì alcun reporter. La Madonna non ebbe nemmeno una vita agiata. La sua fu una vita di preoccupazioni e timori: fu «molto
turbata», scrive l'evangelista Luca, e quando l'angelo «si allontanò da lei», i problemi aumentarono. Non dimentichiamoci che Giuseppe voleva ripudiarla in segreto: «Giuseppe suo
sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e
gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo
chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati"» (cf. Mt 1,19-21).
Tuttavia, la piena di grazia ha vissuto una vita bella. Qual era il suo segreto? Possiamo coglierlo guardando ancora alla scena dell'Annunciazione. In molti
dipinti Maria è raffigurata seduta davanti all'angelo con un piccolo libro in mano. Questo libro è la Scrittura. Così Maria era solita ascoltare Dio e intrattenersi con Lui. La Parola di Dio era
il suo segreto: e questa Parola vicina al suo cuore, prese poi carne nel suo grembo. Rimanendo con Dio, dialogando con Lui in ogni circostanza, Maria ha reso bella la sua vita. Non l'apparenza,
non ciò che passa, ma il cuore puntato verso Dio fa bella la vita. Guardiamo oggi con gioia alla piena di grazia. Chiediamole di aiutarci a rimanere giovani, dicendo "no" al peccato, e a
vivere una vita bella, dicendo "sì" a Dio facendo ogni giorno la sua santa volontà. Amen! Buona Domenica dell’Immacolata
Sabato 7 dicembre 2024, Memoria di Sant'Ambrogio, Vescovo
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 9,35-38-10,1.6-8
Vedendo le folle, ne sentì compassione.
In quel tempo, Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità.
Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate
dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».
Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.
E li inviò ordinando loro: «Rivolgetevi alle pecore perdute della casa d'Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti,
purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».
Parola del Signore.
È commovente questo sguardo di Gesù sulle folle. Egli sente compassione di noi, condivide il nostro travaglio, le nostre pene, ci vede stanchi e sfiniti. Mancano i pastori e il gregge è disperso, vaga senza mèta, senza trovare pascolo. “La messe è molta, ma gli operai sono pochi” eppure molti se ne stanno oziosi sulla piazza, ancora non hanno sentito il richiamo di andare a lavorare nella vigna del Signore. O forse sono come gli invitati alle nozze che accampano scuse di ogni genere per dissertare l’invito. Gesù così ci sollecita: “Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe”. È il Signore che chiama, solo la sua voce divina può convincere i convocati a lasciare tutto per seguirlo. Gesù chiama ancora a sé i pochi che hanno risposto generosamente al suo invito per affidare loro il suo mandato e inviarli nelle strade del mondo, come pastori delle pecore disperse. “Strada facendo” debbono dare a tutti una buona e grande notizia: “Predicate che il regno dei cieli è vicino”. L’annuncio deve essere confermato con segni e prodigi, gli stessi che Gesù va operando per i villaggi e le città della Palestina: “Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni”. L’annuncio e l’avvento del regno si manifestano con una novità di vita, come guarigione dai mali dell’anima e del corpo e come una risurrezione. I doni di Dio non hanno prezzo, non possono e non debbono essere mercanteggiati, perciò Gesù avverte i suoi: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. Anche la gratuità fa parte dei segni che debbono accompagnare l’avvento del Regno, è una dimostrazione visibile della magnanimità di Dio e dell’autenticità dell’annuncio. Buona giornata
Venerdì 6 dicembre 2024, Memoria di San Nicola, Vescovo
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 9,27-31
Gesù guarisce due ciechi che credono in lui.
In quel tempo, mentre Gesù si allontanava, due ciechi lo seguirono gridando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!».
Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: «Credete che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!».
Allora toccò loro gli occhi e disse: «Avvenga per voi secondo la vostra fede». E si aprirono loro gli occhi.
Quindi Gesù li ammonì dicendo: «Badate che nessuno lo sappia!». Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione.
Parola del Signore.
Ci penetrano nel profondo le urla dei due ciechi del vangelo di oggi: il buio degli occhi e, ancor più quello dell’anima, creano lo strazio interiore, quello che induce appunto a urlare, a chiedere pietà. Gesù aveva già dichiarato che lo scopo della sua venuta, come aveva profetato Isaia, è quello di ridare la vista ai ciechi. Fa sì che i due si accostino a lui…, è il primo passo da fare per riaprirsi alla luce…, e cerca di far scaturire dal loro buio il chiarore della fede e li interroga: «Credete voi che io possa fare questo?» Il loro “sì” fiducioso fa sgorgare dal Cristo il dono della vista e la pienezza della fede: “«Sia fatto a voi secondo la vostra fede». E si aprirono loro gli occhi”. Coloro che sono gratuitamente beneficiati dal Cristo, coloro che hanno il dono della fede non possono e non debbono tacere. Così hanno fatto i due illuminati da Cristo, così affermavano i primi apostoli, così anche «noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato». Per chi crede deve essere necessario, urgente rendere testimonianza di quanto ha ricevuto. Buona giornata
Giovedì 5 dicembre 2024
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 7,21.24-27
Chi fa la volontà del Padre mio, entrerà nel regno dei cieli.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i
venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia.
Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e
si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».
Parola del Signore.
La Liturgia della parola di oggi ci presente due fatti differenti: da una parte l’incredulità dell’uomo e dall’altra il suo fondamento, la necessità di fondamento sulla roccia. Il primo ci ricorda l’evento catastrofico di Babilonia nel quale l’uomo fondò la sua radice nella sicurezza su se stesso, sugli idoli e quindi ha rotto la sua alleanza con il Signore, subendone anche le conseguenze. Il profeta Isaia, per volontà del Signore, annunzia e proclama la grande rivelazione che la sicurezza dell’uomo viene da Dio e dalla fedeltà a lui, la vera garanzia di vita. Aggiunge poi il salmista che “è meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nell’uomo”. Tutto questo per Matteo, è il punto di partenza sull’ascolto docile della parola del Signore e il presupposto per metterla in pratica. L’uomo fidandosi di Dio realizza pienamente la sua alleanza perenne, la sua adesione intima, fonda cioè la sua vita sulla roccia, che è Cristo, Figlio Unico, pietra angolare su cui il Padre costruisce la sua forte dimora e città del suo popolo. Buona giornata
Mercoledì 4 dicembre 2024
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 15,29-37
Gesù guarisce molti malati e moltiplica i pani.
In quel tempo, Gesù giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, lì si fermò. Attorno a lui si radunò
molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì, tanto che la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi guariti, gli
zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E lodava il Dio d’Israele.
Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano
meno lungo il cammino». E i discepoli gli dissero: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?».
Gesù domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette, e pochi pesciolini». Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava
ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene.
Parola del Signore.
La scena che oggi ci presenta il vangelo è fonte di grande speranza per noi credenti in Cristo, ma anche per tutta l’umanità: molta gente, una grande folla, si raduna intorno a Gesù “recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì”. Il redentore, che si era autodefinito “medico”, adempie così la sua missione: guarisce i corpi malati, suscita la fede nei presenti, ridona la vista ai ciechi… Quest’opera divina non è mai cessata: è ancora Lui che sana corpi e anime, è ancora lui a sentire compassione di tutte le nostre miserie e di tutte le nostre infermità. Ha compassione anche della nostra fame e, come allora, è ancora lui che è miracolosamente provvido per soccorrere tutte le nostre necessità fisiche e spirituali. Dinanzi alla folla di allora, dinanzi agli affamati di oggi, egli ripete ancora: «Sento compassione di questa folla… non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non svengano lungo la strada». Se però molti svengono e muoiono lungo le strade del mondo, ciò è dovuto ai nostri egoismi, alla mancanza di amore a Dio e al nostro prossimo. Troppo spesso e per troppo tempo lasciamo gemere nell’attesa i poveri del mondo. Dobbiamo ancora accrescere e dilatare la catena della solidarietà e godere nel costatare come anche oggi i miracoli della carità cristiana, diventino motivo di fede nell’unico vero Dio. Gesù così ha pregato per noi: “risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” Buona giornata
Martedì 3 dicembre 2024, Memoria di San Francesco Saverio, Presbitero
Dal Vangelo secondo Luca Lc 10,21-24
Gesù esultò nello Spirito Santo.
In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai
rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il
Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e
ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».
Parola di Dio.
L’evangelista Luca nel brano odierno illustra la rivelazione di Gesù in chiave di dono, di grazia perfetta a coloro che sanno accogliere e ascoltare la sua parola. Questa accoglienza si rivela soltanto ai piccoli, agli umili e ai semplici di cuore, come gli apostoli e la Santa Vergine, che hanno riconosciuto la loro inadeguatezza dinanzi a Dio e si sono aperti alla Sua parola. Con tutto questo l’evangelista ci vuole significare un rapporto intimo di conoscenza amorosa che passa tra il Padre e il Figlio e viene partecipato anche ai piccoli e ai poveri. Oggi questo brano del vangelo non è riservato soltanto a loro, ma si rivolge anche a noi, cioè a tutti i cristiani al fine di porre una attenzione particolare all’ascolto della parola del Signore ed essere umili nei confronti di Dio e del prossimo. Buona giornata
Lunedì 2 dicembre 2024
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 8,5-11
Molti dall’oriente e dall’occidente verranno nel regno dei cieli.
In quel tempo, entrato Gesù in Cafarnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse:
«Verrò e lo guarirò».
Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati
sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fà questo!”, ed egli lo fa».
Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno
dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli».
Parola del Signore.
Il tempo di avvento, il tempo di attesa è un tempo di conversione, di riflessione, che si apre con la predicazione gioiosa del vangelo di Matteo, cioè una salvezza che viene offerta all’umanità intera, non soltanto agli Ebrei. Perciò il profeta Isaia invita tutto il popolo alla conversione totale, alla purificazione, alla riconciliazione per accogliere il dono di Dio che è un gesto d’amore infinito e di affetto. Con questo atto di libertà, l’evangelista Matteo ci mostra la grande misericordia di Cristo che è senza limite e senza barriere, cioè il Cristo non guarda la razza, la nazione, la lingua. Egli vede soltanto il cuore dell’uomo, la sua fede. Questo per dire che la sua visione di messia va al di là delle divisioni umane, politiche e religiose. Il Signore accoglie nel suo regno chiunque riconosce di aver bisogno di lui, e si affida totalmente alla sua parola. Preghiamo oggi per tutti coloro che sono in ricerca, non necessariamente battezzati come noi: possano anche loro, come il centurione romano del vangelo di oggi, riscoprire la bellezza della fede in Gesù che accoglie tutti e salva tutti. Buona giornata
Domenica 1 dicembre 2024, I° di Avvento
Dal Vangelo secondo Luca Lc 21,25-28.34-36
La vostra liberazione è vicina.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di
ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.
Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.
State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all'improvviso; come un laccio
infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e
di comparire davanti al Figlio dell'uomo».
Parola del Signore.
Le letture cosiddette apocalittiche, ci inducono quasi sempre a pensieri catastrofici di ordine naturale, quelli che in una certa misura sempre ci accompagnano. Il messaggio essenziale è però di natura spirituale: riguarda quell’ordine meraviglioso che lo stesso Signore aveva predisposto sin dal principio con la creazione e che è stato ed è ancora sconvolto da peccato del mondo e dalle nostre assurde ribellioni. I cuori appesantiti, le ubriachezze e gli affanni della vita ci piombano addosso improvvisamente se non siamo attenti e vigilanti. Quando escludiamo Dio dalla nostra vita e dalla nostra storia le catastrofi peggiori incombono su di noi. Quando presumiamo di portare da soli i nostri pesi richiamo di restarne schiacciati e sepolti. Dobbiamo imparare a leggere in modo sapiente la nostra storia. Non ci è più lecito trovare spiegazioni dei peggiori disastri soltanto negli intrighi e nelle malvagità degli uomini. Dobbiamo leggerli soprattutto come salutari avvertimenti e trarne motivi di definitive conversioni. Non possiamo più fermarci a superficiali visioni escludendo categoricamente l’intervento divino. Gesù ci ammonisce in proposito dicendoci che in concomitanza degli sconvolgimenti si appressa anche la nostra liberazione. È accaduto già quando il Figlio di Dio è stato appeso ad una croce e calato in un sepolcro: in quella circostanza davvero le potenze dei cieli sono state sconvolte dall’umana ferocia, ma per quella via assurda è giunta a noi la piena e totale liberazione. Pare che oggi si voglia ripetere quella crocifissione, si voglia ancora chiudere Dio in un sepolcro e decretarne la fine. Dobbiamo invece alla luce della storia, di quell’evento e del nostro avvento, sperare e credere che il tempo di Dio è vicino a noi più di quanto osiamo sperare. Così noi cristiani iniziamo questo periodo che ci conduce ad una nascita e ad una rinascita alla luce di un umile presepio, lì dove la vita ha ripreso a pulsare in tutta la sua intensità. Buona Domenica
Sabato 30 novembre 2024, Festa di Sant'Andrea, Apostolo
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 4,18-22
Essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.
In quel tempo, mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse
loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedèo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito
lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
Parola del Signore.
È difficile per noi immaginare come una voce, un invito, un richiamo possa essere decisivo per la vita di una persona. Solo pensando al fascino che Gesù esercitava con tutta la sua persona, e con la sua divina autorità, riusciamo a comprendere come semplici e rozzi pescatori, abbiano potuto, senza esitazione, lasciate le reti, e con esse tutte le loro umane sicurezze, mettersi alla sua sequela. È evidente che l’eco di quanto il Maestro di Nazareth andava facendo e dicendo, fosse arrivato anche sulle spiagge del lago di Tiberiade, anche agli orecchi e al cuore dei due fratelli pescatori Pietro e Andrea. Resta comunque vero che per giungere alla determinazione di “lasciare tutto”, cambiare completamente vita, occorre una grandissima fiducia in colui che chiama. A maggior ragione se si pensa che Gesù non fa promesse, non dà sicurezze, non offre compensi, anzi ad uno scriba che esprime il desiderio di volerlo seguire dice: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». A Pietro e ad Andrea ha da scandire solo una proposta, non di immediata comprensione: “Vi farò pescatori di uomini”. “Ed essi subito, lasciate le reti lo seguirono”. Gesù non si ferma! “Andando oltre vide altri due fratelli”. Davvero è andata oltre quella voce suadente: quanti e quante hanno sentito lo stesso invito di Andrea e con la stessa sollecitudine, hanno lasciato tutto per seguirlo. Questo ricordo degli apostoli ci sprona a rendere grazie per la chiamata e per tutte le chiamate. Ringraziamo perché sul fondamento degli apostoli poggia la nostra fede. Ringraziamo tutti coloro che in modi e momenti diversi offrono la stessa loro preziosa testimonianza. Ringraziamo il buon Dio se ciascuno di noi si sente concretamente impegnato a vivere ed annunciare la stessa fede trasmessa da Andrea a da tutti gli apostoli. Buona giornata
Venerdì 29 novembre 2024
Dal Vangelo secondo Luca Lc 21,29-33
Quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Osservate la pianta di fico e tutti gli alberi: quando già germogliano, capite voi stessi, guardandoli, che ormai l'estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate
che il regno di Dio è vicino.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno».
Parola del Signore.
Abbiamo imparato senza sforzi a comprendere l’avvicendarsi delle stagioni attraverso i segni che la natura stessa spontaneamente ci fornisce. Quando il fico comincia a mettere fuori i propri fiori che saranno il frutto gradevole che conosciamo, diciamo che l’estate è vicina. I fatti che accadono intorno a noi e dentro di noi hanno pure un loro linguaggio. L’avvento del Regno ha le sue concrete manifestazioni nella storia, anche se percepirne i segni, non può essere frutto di un intuito umano. È come un granellino di senapa gettato nel campo, quasi invisibile ad occhio nudo; occorrerà quindi del tempo prima che cresca e diventi un arbusto. Occorre quindi la luce dello Spirito e la divina sapienza per avvertirne la presenza e la crescita. L’arrivo e lo schieramento dell’esercito romano preannuncerà la prossima distruzione di Gerusalemme. L’espandersi del messaggio di Cristo tra le genti, anche se tra inevitabili persecuzioni e lotte, sarà il segno che Dio sta recuperando spazio nella storia del mondo e nei cuori degli uomini. I cambiamenti saranno radicali, le novità importanti e fondamentali esigono che le cose vecchie scompaiano per far posto al nuovo. La Verità esalta e distrugge allo stesso tempo, ma l’unico risultato è appunto l’avvento del Regno, la conferma della storia alle verità perenni di Cristo. Il mondo subirà le sue trasformazioni cosmiche nel corso dei secoli, i cieli e la terra passeranno, ma, Gesù ci dice: “Le mie parole non passeranno”. Siamo quindi confortati da verità perenni ed inconfutabili. Una di queste ci ripete, in questi giorni conclusivi dell’anno in cui spesso ascoltiamo profezie di eventi catastrofiche: “Non temete, Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Buona giornata
Giovedì 28 novembre 2024
Dal Vangelo secondo Luca Lc 21,20-28
Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la
città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. In quei giorni guai
alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le
nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti.
Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di
ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad
accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».
Parola del Signore.
La liturgia della Parola odierna ci offre uno spettacolo raccapricciante di rovina e di distruzione. Giovanni nell’Apocalisse ci descrive la distruzione di Babilonia, volendo indicare con questo nome la potenza di Roma che tanto sangue di martiri ha fatto scorrere nei primi tre secoli della Chiesa. La descrizione ha una forza espressiva impressionante: una grossa pietra viene gettata in mare indicando che con la stessa violenza precipiterà nella rovina la grande città, forse Roma pagana. Da ora in poi in essa regnerà sovrano il silenzio e la morte e diventerà covo di demoni e di animali immondi. Chi conosce la storia di Roma dopo la caduta dell’Impero troverà in questa previsione la conferma nei dati dei fatti. I redenti dal Signore invece intoneranno un inno di lode e di ringraziamento a Dio. Anche in Luca si parla di distruzione, però quella di Gerusalemme che avverrà con estrema violenza e sofferenza. Un avviso per i credenti di allora. Non recatevi a Gerusalemme, allontanatevene se vi trovate entro le sue mura. I suoi abitanti saranno passati a fil di spada e i superstiti, recati prigionieri in tutti i paesi. La storia ci informa che questa immane distruzione avvenne per opera di Tito negli anni 70 dopo la nascita di Gesù. Molti prigionieri furono portati a Roma a costruire il grande Colosseo. La storia degli uomini nei suoi ricorsi ci fa rivivere queste immani tragedie: imperi e uomini che sembravano eterni sono spazzati via dalla faccia della terra, esecrati per la loro tirannia totalitaria. Se ce ne fosse bisogno, anche questa ineluttabile scomparsa di super potenze e super uomini ci confermano nella fiducia di essere tra gli invitati al banchetto dell’Agnello” o anche vedere prossima la nostra liberazione quando vedremo accadere segni particolari, premonitori della prossima fine di questo mondo: “Alzatevi e levate il capo perché la vostra liberazione è vicina. Per chi si fida di Dio, ogni avvenimento viene letto come un suo atto di amore. Anche la mia fine, nella volontà del Signore. Buona giornata
Mercoledì 27 novembre 2024
Dal Vangelo secondo Luca Lc 21,12-19
Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare
testimonianza.
Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà
perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».
Parola del Signore.
La visione che ci presenta l’odierna Liturgia della Parola, mentre ci porta a contemplare le meravigliose opere di Dio, rapendoci al di sopra della volta celeste, annuncia anche le dure prove riservate a chi vuol servire il Signore. È meravigliosamente bello poter unire la nostra voce con quella dello stuolo innumerevole di fedeli che hanno vinto la santa battaglia della vita, che non si sono lasciati ingannare dalle attrattive del male e quindi rendono grazie a Dio per la sua protezione. Grandi e meravigliosi le opere di Dio! Non solo le opere della creazione, ancor più quelle della redenzione dell’uomo. Tutte le genti alla fine dovranno riconoscere che solo il nostro Dio ha giusti giudizi e quindi dinanzi a Lui si prostreranno perché lui solo è santo e degno di adorazione. Ma quale la via che viene indicata per raggiungere questa beata assemblea? Ce lo dice San Luca: persecuzioni, prigioni, giudizi dinanzi a sinagoghe e governatori… Non basta! Anche qualche cosa di più grave e di inaudita sofferenza: tradimenti da parte di genitori, fratelli, parenti e amici: pena di morte per alcuni, per tutti odio a causa del nome di Gesù. In questi tragici eventi agli amici di Dio verrà data l’opportunità di rendere testimonianza alla verità, senza che si diano pensiero di preparare difesa alcuna. Parlerà lo Spirito di Gesù che non permetterà che non cada nemmeno un capello dal capo dei suoi amici. Dinanzi a questa previsione di Gesù, non si deve fare molto sforzo per vedere anche nei giorni nostri la verifica di quanto viene annunciato: persecuzioni contro la Chiesa e il Papa nel nostro mondo occidentale, tanto da voler distruggere con accanimento l’opera del Signore, prendendo pretesto da debolezze umane; persecuzione e martirio nelle regioni musulmane dove i seguaci di Gesù sono discriminati, impediti nella preghiera, perseguitati, messi a morte, costretti alla fuga o a una vita di terrore con chiese date alle fiamme, villaggi distrutti, privati dei diritti umani, derubati dei loro beni, tutto con la indifferenza di governi e di autorità civili. Ma la fiducia nella Parola del Signore dà sempre certezze di vittoria. La morte offre la corona del martirio, la spogliazione di beni, eterna gloria nei cieli, la persecuzione rende simili a Cristo, incompreso dal suo stesso popolo, rifiutato, crocifisso ma fatto risuscitare dal Padre e seduto sul trono per l’eternità. Buona giornata
Martedì 26 novembre 2024
Dal Vangelo secondo Luca Lc 21,5-11
Non sarà lasciata pietra su pietra.
In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su
pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel
mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è
subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi
dal cielo.
Parola del Signore.
Siamo ormai abituati a notizie catastrofiche. Basta aprire il giornale, radio oppure telegiornale per restare sconvolti. Le notizie, anche più macabre rimbalzano, si rincorrono, si accavallano, lasciando nell’animo un senso di disgusto, dal quale siamo subito distolti da notizie di ben altro genere: scandali, tragedie familiari, storie di amore, fame nel mondo, visione di innocenti affamati con la pancia gonfia, magari assaliti da una nuvola di mosche, anch’esse affamate… Si avvicina il giudizio di Dio. Il Figlio dell’uomo ha una corona d’ora e in mano una falce ben affilata. Gli esecutori della sua giustizia sono quattro angeli con altrettante falci, ognuno con compiti particolari ben precisi di distruzione. Non dovremmo ascoltare con la stessa leggerezza l’annunzio di un giudizio che si prospetta così severo. I giudicati sono io, siamo tutti noi. Si parla di spada affilata che viene a purificare il mondo, di rumori di guerre, di distruzioni e di sofferenze, perfino di falsi profeti che nella confusione aggiungono ancora angoli di oscurità. Suonerebbe quasi ironica la frase di Gesù: Non lasciatevi incantare da questi falsi profeti. State tranquilli. È invece un avvertimento saggio, e rassicurante, fondato non tanto sulla nostra bravura o sul nostro coraggio quanto sulla sua parola di verità, che può salvare anche in mezzo alle più catastrofiche distruzioni. Da noi si attende fiducia e rettitudine nella vita civile e in quella di fede. La scrittura ci dà un avvertimento: se non vogliamo essere giudicati da Dio, giudichiamoci da noi stessi con umiltà e sincerità. Egli accoglierà il nostro pentimento. Buona giornata
Lunedì 25 novembre 2024
Dal Vangelo secondo Luca Lc 21,1-4
Vide una vedova povera, che gettava due monetine.
In quel tempo, Gesù alzati gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio.
Vide anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, e disse: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta
parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere».
Parola del Signore.
Il vangelo di oggi suscita nell’ascoltatore un sentimento di benevolenza verso la povera vedova che, confusa tra ricchi che fanno risuonare le loro monete, getta quasi furtivamente i suoi due spiccioli nel tesoro del tempio. Eppure quel “tic” fatto dalla sua offerta suona più forte degli altri. Non solo, attira l’attenzione del Signore Gesù, che richiama quella dei suoi discepoli notando come lei abbia donato più di tutti i ricchi perché ha dato tutto quello che aveva, privandosi anche del necessario alla vita. Fa notare agli apostoli, ancora lontani dalle massime del discorso della montagna e così ammagliati dall’apparenza, il valore del dono fatto a Dio con retta coscienza e piena disposizione a privarsi di quanto ci è caro o necessario. Anche per noi del terzo millennio il fatto suona come una lezione quanto mai urgente. Siamo così pronti ad ammirare e magari invidiare chi riesce ad aprirsi la strada nel mondo dello spettacolo, della politica, del successo, del benessere… da dimenticare tanti atti di eroismo compiuti nel segreto, a volte nelle famiglie dove la presenza di malati, di disabili, di anziani richiede ogni giorno una disponibilità eroica. Vi ricordate la storia di Samuele? Dio richiama a questa realtà anche la sua storia, quando è in casa di Jesse per ungere il futuro re d’Israele al posto di Saul: Gli uomini guardano l’apparenza, io invece guardo il cuore, gli disse. Sarei contento se questo brano del vangelo desse coraggio e voce a chi appunto nel segreto compie il suo dovere con amore e piena dedizione. Annoverati nel numero dei salvati, seguiranno l’Agnello nell’esultanza indicibile. Vissuti nell’umiltà e nel servizio dei fratelli, sulla loro bocca non si è trovata menzogna ma solo sincerità e benevolenza. Buona giornata